Educare alla legalità, con l’esempio
di Alessandra Montesanto
Associazione Per i Diritti umani ha intervistato Antonino De Masi, imprenditore che – con la sua famiglia e con i suoi collaboratori – si è ribellato alla ‘ndrangheta in Calabria.
Ringraziamo molto Antonino De Masi per le sue parole.
Quando e come è cominciata la sua vicenda?
La mia famiglia, mio padre da quando ha iniziato a fare attività industriale nella piana di Gioia Tauro è stato vittima d siamo stati la prima azienda in Italia che ha chiuso per aggressioni mafiose per poi riaprire sotto pressione delle istituzioni nel gennaio del ’91 e ci hanno messo sotto scorta per la prima volta. Da lì è stato sempre un continuo di attentati, bombe, minacce, lettere anonime fino ad oggi.
Che tipo di supporto avete avuto dalle istituzioni?
Lo Stato ha messo l’esercito a presidiare lo stabilimento, mi ha dato la scorta e mi ha costretto ad allontanare la famiglia dalla mia Terra, ma in questa lotta tra Bene e Male devo fare i conti con le realtà che ci sono e avere come unico punto di riferimento le istituzioni con tutti i limiti che si possono avere.
E’ possibile dare un senso di quotidianità e di normalità alle vostre esistenze?
Assolutamente no. Non c’è nulla di normale e di razionale. C’è solo la speranza che tutto ciò possa servire a qualcosa. Ho tre figli e chi è padre ha la responsabilità di fare scelte che possano condizionare, nel bene o nel male, il futuro dei propri figli: io non posso consentire che – da figlio che ha assistito alla sofferenza di mio padre quando era stato aggredito dalla criminalità – che ci siano tra dieci o vent’anni le stesse condizioni, la stessa minaccia per i miei figli. E’ opportuno che io faccia tutto quello che debbo fare per cercare di far sì che loro vivano una vita diversa da quella che ho vissuto io.
Cosa significa per lei il concetto di “responsabilità”?
Tante volte a noi fa comodo dimenticare i nostri valori, quelli che sono gli elementi fondanti della nostra società civile, quelli che sono i pilastri del nostro vivere come esseri umani. Il nostro girarci dall’altra parte, il far finta di non vedere ci ha portato a consegnare alle future generazioni una civiltà barbara, animalesca.
Lei si sente un’ “eroe”?
Questa è una follia perchè se lei, tutti i giorni, quando si alza alla mattina e fa quello che deve fare, compie un atto normale, figlio dei nostri valori positivi e dei doveri. Io sto solo facendo la mia parte, sto facendo quello che è giusto fare; di fronte a qualcuno che viene ad aggredire la mia vita, io rispondo con la fermezza della legalità. Io non sono un eroe, sono una persona normale. Avere l’alibi che qualcuno è un “eroe” significa che quella persona è un eroe, ma io non lo sono e, quindi, non posso fare le sue stesse cose. Invece ognuno deve avere il coraggio di fare ciò che è giusto.
In che modo lo Stato potrebbe essere più efficace nella lotta alle mafie?
Mettendo all’ordine del giorno della sua attività la lotta alle mafie. Se oggi siamo un Paese a questo livello, in cui le organizzazioni criminali condizionano la vita quotidiana di ognuno di noi, dalle Alpi alla Sicilia (e nel mondo) è perchè chi doveva controllare non lo ha fatto.
Lei sente completamente l’assenza dello Stato, quindi?
No, io sento che debbo fare la mia parte. Non mi interessano le polemiche con lo Stato; ho i Carabinieri, la Polizia, l’Esercito, la Guardia di Finanza e se questo è lo Stato, allora è presente.