“Stay human. Africa. Riciclare per vivere”
di Veronica Tedeschi
Gli esseri umani sono condizionati, periodicamente, da problemi differenti che influiscono sulle abitudini e sulle paure di ognuno.
Fino a pochi mesi fa era il terrorismo ad imperversare nei nostri incubi, tanto che le persone iniziarono quasi ad avere paura di girare sui mezzi pubblici; oggi questa problematica sembra passata in secondo piano ma, inutile dirlo, il rischio di attacchi terroristici è ancora presente. Prima ancora la mucca pazza, poi il terremoto e oggi il rischio ambientale.
Un tema sulle bocche di associazioni ambientaliste e di qualche governo (pochi, a dir la verità) già da diversi anni ma che noi, sottovalutando il problema, non abbiamo mai voluto affrontare.
Eccoci, siamo nell’era del rischio ambientale, dello scioglimento dei ghiacciai e del “non esistono più le mezze stagioni”. In televisione viene ribadito a più voci che è necessario un impegno comune per fronteggiare questi cambiamenti climatici. Qualche Stato si sta muovendo in questo senso e sta adottando misure di sensibilizzazione ai cittadini per evitare sprechi e inquinamento.
In Africa che succede? Nessun paradosso, molti Stati africani stanno lavorando per difendere l’ambiente, a partire dal Kenya dove la plastica riciclata ha costruito il primo dhow, una piccola imbarcazione tradizionale a vela araba triangolare, fatta interamente di plastica riciclata. Unitamente alla plastica, la struttura del dhow è costituita da 30 mila infradito raccolte lungo le strade di Nairobi e Malindi. Assemblate con tavole colorate gialle, rosse e blu questo piccolo veliero vanta una bellissima struttura colorata e l’importanza di rappresentare una speranza, la prima vera volontà di impegnarsi nel riciclo.
Spostandoci un po’ più a nord finiamo in Burkina Faso dove ad Ougadougou, trenta donne trasformano la plastica in oggetti nuovi da vendere e riutilizzare, provando così a contrastare due grandi problemi: la tutela dell’ambiente e la povertà, potendo rappresentare questa iniziativa anche una fonte di reddito.
Infine, dirigendoci verso l’Etiopia, troviamo un quantitativo di plastica molto alto che è riuscito addirittura a ricoprire un grande lago vulcanico che rappresentava la casa di ippopotami e pesci, ad oggi costretti a nuotare tra le bottiglie. Per provare a contrastare questo problema qualche associazione sta muovendo le prime proposte, come Cifa Onlus che ha proposto il progetto “Cento per cento platica”.
Un progetto importante, nato ad Hawassa, una città a sud della capitale, che ha come obiettivo avviare la raccolta differenziata della plastica. In questo modo le famiglie del luogo sono diventate dei veri e propri collezionisti di bottiglie usate. Tale progetto è stato appoggiato da scuole e Università che, anche attraverso laboratori didattici, hanno sensibilizzato sul tema, mettendo in scena spettacoli sulla plastica e coinvolgendo circa 4000 bambini.
“Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo” – Plinio il Vecchio