“Art(e)Attualità”: Touroperator: gli scafi del cimitero dei barconi di Lampedusa diventano Arte e Memoria
Inaugurata al Museo di Stato l’esposizione “Touroperator”, organizzata dagli Istituti Culturali, con il Patrocinio delle Segreterie Affari Esteri, Affari Interni e Cultura. La mostra è composta da opere d’arte contemporanea dell’artista forlivese Massimo Sansavini, costruite utilizzando gli scafi recuperati nel cimitero delle barche di Lampedusa, ognuna delle quali si riferisce ad un naufragio. Infatti, nel settembre 2015 il per la prima volta il Tribunale di Agrigento ha autorizzato Sansavini al prelievo di fasciame degli scafi dei migranti sottoposti a confisca e custoditi a Lampedusa. La mostra rimarrà allestita fino al 4 agosto.
RACCONTO DI VIAGGIO
Massimo Sansavini
E’ un racconto di viaggio anomalo quello che vi voglio presentare con questa mostra. Una sorta di viaggio all’incontrario verso l’isola di Lampedusa. Tutto ebbe inizio alla fine del 2013, era il mese di ottobre quando giornali e televisioni riportavano la notizia di una naufragio al largo di Lampedusa che causò la morte di oltre 360 persone. Una tragedia che rimbalzava nei vari mezzi di comunicazione con evidente commozione da parte di tanti.
Fino a quella data i tragici eventi che succedevano nel canale di Sicilia erano arrivati certo, ma passavano in modo silenzioso, distratto, come tanti fatti che accadono ma che non ci toccano da vicino. Da quel momento la mia attenzione si è concentrata su questo argomento, naufragi, sbarchi superstiti, persone che dalle coste dell’Africa cercavano approdo in Europa.
Quel 3 ottobre è diventato la giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, ma da quella data ai giorni nostri le vittime continuano a salire in maniera impressionante. Per questo motivo come artista ho deciso di impegnarmi a dare voce a questa realtà per fare in modo che anche l’arte contemporanea possa portare un suo contributo ad una maggiore presa di coscienza su questo fenomeno che ormai ci appartiene.
Con due collaboratori mi sono recato a Lampedusa per il compimento di questo progetto, con materiali e attrezzature idonei a prelevare parte degli scafi custoditi presso la ex base USA Loran e a realizzare una documentazione video e fotografica.
Il recupero di questo materiale sezionato, documentato e catalogato è stato utilizzato per creare opere d’arte che simboleggiano fondali marini, gli stessi fondali dove sono avvenuti i naufragi, ogni opera ha un numerodi elementi pari al numero delle vittime del naufragio ed il titolo dell’opera è la data del naufragio.
Il titolo della mostra “Touroperator” è un riferimento ai mercanti di uomini e di donne da parte degli scafisti.
Il logo trae spunto dalla frase “Arbeit Macht Frei” presente all’ingresso di Auschwitz, Perchè purtroppo anche in questo caso si tratta di un olocausto.
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L’ARTE COME LUOGO DELLA MEMORIA
di Daniela Brignone
Le vicende storiche dell’immigrazione narrano di instabilità, di caos, di esperienza vissuta, di gioia e di miseria, in una serie di corsi e ricorsi. Raccontano anche di strutture mentali scardinate, sia nel popolo migrante che nella società che li accoglie, e di sconfitti che sono ancora disposti a lottare, nonché di viandanti e navigatori improvvisati, senza esperienza di vita, che non si sono ancora arresi e continuano a sperare.
Tra i racconti anche quelli che descrivono i mezzi per raggiungere la libertà, i relitti e gli oggetti che tornano a terra, le vele rattoppate, gli abiti logori, strappati e frammentati come la vita di coloro i quali si sono salvati, ma anche di quelli che non ce l’hanno fatta.
Perdite irreparabili, angoscianti assenze che Massimo Sansavini rielabora e infonde in opere polimorfiche e polimateriche, accogliendo l’energia e lo spirito che promana il materiale abbandonato. Opera così una trasmutazione di senso, volta a raccontare una nuova identità e a trasmettere un’esperienza umana fatta di gioie e di miserie e la sensibilità di coloro i quali negli anni hanno cercato il dialogo con gli immigrati e con il loro vissuto. Alla ricerca di un senso dietro tutto ciò, l’artista propone una nuova prospettiva storica in cui l’uomo ha un ruolo sia come essere vivente che come individuo collocato in una data storicità.
Il “cimitero delle barche” a Lampedusa, come viene definito il sito dove sono a poste a secco le imbarcazioni delle nuova ondata migratoria del XXI secolo e da cui l’artista ha prelevato la materia prima per la realizzazione delle opere, costituisce un richiamo alla transitorietà vita-morte, al materiale che si trasforma, ma anche al periodo storico, preludio di un cambiamento sociale ed economico profondo in cui la società, suo malgrado, dovrà trovare spazio per la diversità. Un cambiamento che scuote le false certezze dell’occidente ed erode i confini della cosiddetta normalità.
Sansavini conferisce una nuova vitalità al materiale che emerge liberato dall’invisibilità, creando così nuove corrispondenze semantiche. Riesce così ad assemblare elementi magmatici creando forme insospettate da un apparente caos, da mutevoli iconografie che rimandano alla pluralità di esperienze e tradizioni dei popoli immigrati. Barche di pescatori, portatrici di cibo e quindi di vita, diventano i mezzi di una fuga, simboli di una nuova vita, ma anche di morte e, una volta esaurita la funzione, la struttura rinasce in opera d’arte, in un ciclo continuo di vita-morte-rinascita. Viene così svuotato dal senso originario e smaterializzato per diventare altro, un’immagine elementare, più vicina allo spirito ludico e infantile, la cui purezza, fragilità e gioiosità evocano visioni proiettate verso un divenire. Una materia pervasa di un’energia che opera una trasmutazione in qualcosa di positivo e che parla di speranza, pur mantenendo una mistica sacralità verso ciò che simboleggia la vita scomparsa.
L’oggetto-barca, realizzato dalle mani artigiane, si rigenera attraverso una manipolazione dei materiali, sollecitato da un impulso intimo a creare con assoluta libertà. Ne conserva le caratteristiche cromatiche, per ridefinire il messaggio destinato a chi ha voglia di guardare veramente. Ne mette a nudo la struttura formale per rivelarne la consistenza e dare forma alla sua immaginazione, nobilitandone i materiali poveri e trasformando in simboli la quotidianità.
Ogni singolo frammento ha impresso la storia di un volto e di esperienze, ma anche di adattamento e di fatiche, di coraggio e di determinazione, diventando emblemi di un’apertura verso nuovi significati e verso una nuova vita. Ogni opera riprende una manualità e una tradizione artistica semplice e comunicativa in cui confluiscono i linguaggi dei popoli migranti, in parte africani, inventivi e vitali, fortemente colorati e scarnificati, intrisi di una sacralità mistica, realizzati mediante l’assemblaggio di materiali di riciclo: un mondo poetico che manifesta un bisogno di pace e di armonia e che desidera affermare la dignità di tutti i popoli.
L’opera d’arte diventa così luogo della memoria, perché consente di cogliere e comunicare il significato profondo degli eventi, stimolando una riflessione comune, enunciando il dramma di tante esistenze ma anche il presagio del potere salvifico della coscienza.