“Imprese e diritti umani”. Nazioni Unite, considerazioni sulla nuova bozza del trattato su diritti umani e imprese
N
di Fabiana Brigante
Un ulteriore passo in avanti si è registrato nel percorso verso la conclusione di un trattato in materia di diritti umani e imprese. Il gruppo di lavoro intergovernativo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha infatti approvato una nuova bozza che verrà discussa durante il Business and Human Rights Forum che si terrà a Ginevra dal 14 al 18 ottobre.
Sono passati cinque anni da quando nel luglio 2014 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha votato per la prima volta l’inizio delle negoziazioni allo scopo di creare uno strumento giuridicamente vincolante che regoli le attività commerciali al fine di assicurare che esse si svolgano nel pieno rispetto dei diritti fondamentali.
Nella presente rubrica già si era discusso della pubblicazione, nel luglio 2018, della prima bozza ufficiale del trattato. Il Draft Zero è stato oggetto di animati dibattiti tra società civile, accademici, governi ed imprese. Tale bozza, rivisitata a seguito delle numerose consultazioni e trattative tra i diversi attori in gioco durante le precedenti sessioni sul tema in seno alle Nazioni Unite, servirà da canovaccio per gli ulteriori negoziati che si terranno a Ginevra nei prossimi giorni.
Scopo dichiarato del trattato, così come enunciato nell’articolo 2, è quello di “rafforzare il rispetto, la promozione e la protezione dei diritti umani nel contesto delle attività commerciali”, nonché di promuovere e rafforzare la cooperazione internazionale per prevenire tali violazioni, garantendo in caso contrario un accesso effettivo alla giustizia per le vittime.
Il revised draft ha accolto alcune tra le proposte di modifica avanzate da membri accademici ed esponenti di organizzazioni non governative al concludersi della quarta sessione del gruppo di lavoro che si era tenuta lo scorso anno. Si è deciso, in primo luogo, di inserire nel preambolo un richiamo ai Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani (UNGPs) che mancava nella precedente bozza, sottolineando la complementarità del processo del trattato con gli UNGPs. I due strumenti, infatti, possono e devono rafforzarsi a vicenda.
Una modifica importante riguarda l’ambito di applicazione del trattato, riferito adesso a “tutte le attività commerciali, comprese ma non limitate a quelle di carattere transnazionale” (articolo 3). La iniziale esenzione, nella prima bozza del trattato, delle attività di piccole e medie imprese aveva fatto molto discutere la comunità internazionale; ciò avrebbe ridotto sensibilmente la portata del trattato in quanto alcuni casi eclatanti di violazioni dei diritti umani coinvolgono proprio le piccole imprese. Basti pensare, ad esempio, al caso di avvelenamento da mercurio dei lavoratori sudafricani che ha visto coinvolta Thor Chemicals, o alle violente repressioni ai danni degli attivisti ambientali in Perù ad opera della compagnia mineraria Rio Blanco Copper.
Ulteriore scopo del trattato è quello di garantire alle vittime di abusi un accesso effettivo alla giustizia. La definizione di vittime fornita dal trattato è quella di “qualsiasi persona o gruppo di persone che individualmente o collettivamente hanno sofferto o hanno affermato di aver subito violazioni dei diritti umani” (articolo 1).
L’articolo 4 inoltre ribadisce il diritto delle vittime di essere trattate con umanità e nel rispetto della loro dignità e dei diritti fondamentali: sono menzionati espressamente il diritto alla vita, integrità personale, libertà di opinione e di espressione, riunione e associazione pacifiche e libera circolazione.
Tuttavia, alcuni esperti hanno sostenuto che una lacuna nell’attuale versione del trattato sia quella di non menzionare espressamente le minoranze quali soggetti che richiedono una particolare tutela; i sostenitori di questa tesi hanno evidenziato che tale omissione sia incompatibile tanto con il diritto internazionale dei diritti umani quanto con l’approccio scelto dagli UNGPs.
Per citare alcuni esempi, il Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici (ICCPR) e il Patto Internazionale relativo ai Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR) prevedono il rispetto dei diritti delle persone senza discriminazioni fondate su, tra gli altri, razza, colore, lingua, religione e origine nazionale (articoli 2.1 e 2.2, rispettivamente).
Allo stesso modo, i Principi Guida elencano le “minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche” come una categoria di individui che richiede un’attenzione speciale.
Invero, le violazioni dei diritti delle minoranze si verificano in tutte le regioni del mondo ma non hanno ancora ricevuto considerazione adeguata nel campo di imprese e diritti umani. Basti pensare alle violazioni del cd. diritto alla terra delle popolazioni indigene, le quali sono state in numerose occasioni private delle proprie terre da parte dei governi che le hanno successivamente date in concessione ad imprese private per permettere a queste ultime lo sfruttamento delle risorse naturali.
Dunque, poiché il progetto di trattato non solo riflette ma influenza anche gli sviluppi nel settore delle imprese e dei diritti umani, l’inclusione delle minoranze nello stesso darebbe un segnale importante non solo agli Stati, che dovrebbero includere esplicitamente le minoranze nei loro Piani d’Azione Nazionali, ma anche alle imprese.
Per quel che concerne le garanzie di accesso effettivo alla giustizia e ai rimedi per le vittime di violazioni dei diritti umani e abusi nel contesto delle attività commerciali, l’articolo 6 del nuovo progetto di trattato stabilisce l’obbligo per gli stati parti di “assicurare che la loro legislazione nazionale preveda un sistema completo e adeguato di responsabilità legale”.
È stato da più parti riconosciuto che l’adozione su base volontaria di misure di protezione, sebbene importante, non sia sufficiente a garantire il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese. Il fallimento di tale tipo di approccio ha alimentato il crescente movimento che spinge verso l’imposizione di un obbligo di due diligence in materia di diritti umani a livello nazionale e regionale.
In ambito europeo è stata la Francia a guidare il cambiamento in tal senso con la sua loi relative au devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre del 2017, con la quale imponeva alle imprese multinazionali con sede legale in Francia l’obbligo di vigilanza sulle attività svolte dalle società controllate.
L’articolo 6 pone inoltre uno standard di responsabilità legale di una società in relazione al danno causato da un’altra società, il quale viene raggiunto tutte le volte in cui una società controlli o supervisioni le attività svolte dal soggetto autore materiale della condotta dannosa, indipendentemente dal luogo in cui quest’ultimo si trovi. Tuttavia, la portata di questa disposizione è ridotta dal riferimento al “rapporto contrattuale” tra le due società; tale precisazione non tiene conto dei modi potenzialmente vasti in cui si esplicano i rapporti tra soggetti che svolgono attività commerciali.
Circa la responsabilità legale ed il diritto al risarcimento per le vittime si ritiene che, tra tutte, siano le disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 7 a distinguersi per portata ed impatto potenziali. Quest’ultimo dispone che gli stati parti devono impegnarsi ad assicurare che la loro legislazione nazionale preveda la responsabilità penale, civile o amministrativa delle persone giuridiche per i seguenti reati:
“crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio; tortura; trattamenti crudeli, inumani o degradanti; sparizione forzata; esecuzione stragiudiziale; lavoro forzato; sfratto forzato; schiavitù; sgombero coatto di persone; tratta di esseri umani, compreso lo sfruttamento sessuale; violenza sessuale e di genere”.
Tale articolo fornisce, per la prima volta, un elenco definito di reati che normalmente innescano sanzioni penali conformemente ai principi del diritto internazionale. Per quanto riguarda le imprese, tale responsabilità potrebbe essere civile, amministrativa o penale; la scelta del tipo di responsabilità è rimessa agli stati, date le pratiche divergenti tra i diversi sistemi giuridici. Sarà onere di ciascuno stato adottare misure che risultino appropriate al fine di stabilire la responsabilità delle imprese per i reati enunciati nell’articolo 6.
Una disposizione di questo tipo è stata accolta favorevolmente da alcuni membri della comunità internazionale, in quanto rispettosa del potere degli stati di scegliere che tipo di responsabilità far derivare da una specifica condotta. Molti stati, infatti, non ammettono nei propri sistemi giuridici la responsabilità penale delle persone giuridiche.
È probabile che l’articolo 6 genererà discussioni e contrasti in relazione all’elenco dei reati inclusi e alle loro definizioni; tuttavia, la sua inclusione nel progetto di trattato è un passo avanti che supera il linguaggio utilizzato nel draft zero. Quest’ultimo si riferiva genericamente a “crimini riconosciuti dal diritto internazionale”, in violazione del principio di legalità, il quale richiede definizioni chiare dei reati per motivi di certezza del diritto.
La nuova bozza apporta anche alcuni cambiamenti circa il rapporto tra il trattato con altri accordi internazionali, in particolare quelli relativi al commercio e agli investimenti internazionali. La bozza zero prendeva in esame tale relazione nel suo articolo 13, disponendo che gli eventuali futuri accordi commerciali e di investimento, negoziati sia tra gli stati parti che tra essi e terze parti, non dovessero contenere alcuna disposizione in conflitto con il trattato. Si prevedeva inoltre che tali eventuali futuri accordi dovessero essere interpretati in modo tale da non inficiare la capacità degli stati di rispettare i propri obblighi derivanti dal trattato.
Come è facile intuire, questa disposizione ha subito numerose critiche da parte degli stati durante la quarta sessione del gruppo di lavoro; in molti si sono opposti alla affermazione di superiorità degli obblighi derivanti dal trattato rispetto agli obblighi previsti dagli accordi commerciali e di investimento.
Per far fronte a tali preoccupazioni, il revised draft ha sostituito i paragrafi controversi con un singolo paragrafo (inserito nell’articolo 12) di portata più limitata, ma che mira a garantire che l’interpretazione e l’applicazione del trattato e degli accordi commerciali e di investimento risultino tra loro compatibili.
L’attuale formulazione recita:
“Gli Stati Parti convengono che qualsiasi accordo bilaterale o multilaterale, inclusi accordi regionali o sub-regionali, su questioni rilevanti ai fini del presente (strumento giuridicamente vincolante) e dei suoi protocolli, deve essere compatibile e deve essere interpretato in conformità con i loro obblighi ai sensi del presente (strumento giuridicamente vincolante) e dei suoi protocolli”.
Questo approccio, sebbene sia meno ambizioso rispetto a quanto previsto dalla precedente formulazione, renderebbe il nuovo progetto di trattato più facilmente accettabile dagli stati, dunque impedendo il rischio che vi siano numerose defezioni nella ratifica.
Ciò non esclude che le future sessioni possano tentare di salvare alcuni degli elementi dal progetto zero o aggiungerne degli altri per rendere tale strumento più efficace. Alcuni autori, ad esempio, hanno proposto di imporre agli Stati l’obbligo, tra gli altri, di subordinare la conclusione di nuovi accordi commerciali e di investimento successivi all’entrata in vigore del trattato a specifiche procedure di verifica ed approvazione.
Da quanto esposto emerge che il trattato offre una grande opportunità per accelerare e rafforzare il movimento che mira a garantire il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese. Se da un lato tale progetto rappresenta senz’altro un passo significativo nella giusta direzione, ulteriori chiarimenti sono necessari circa il rapporto tra prevenzione e riparazione delle violazioni dei diritti umani.
Alcune preoccupazioni devono ancora essere affrontate e verranno affrontate nella prossima, vicinissima sessione. Nonostante ciò, la società civile sembra essere concorde nel considerare nuova bozza più forte del draft zero, sia dal punto di vista politico che sostanziale.