“Imprese e diritti umani”. Meccanismi di due diligence e dimensione di genere
M
di Fabiana Brigante
Le violazioni dei diritti umani da parte delle imprese si inseriscono in un clima di generale impunità dovuto a diversi fattori. Tra questi spiccano, da un lato, le difficoltà incontrate dalla società internazionale nel concordare uno strumento legalmente vincolante che regoli le attività di questi soggetti giuridici e che imponga loro il rispetto delle norme internazionali dei diritti umani, e dall’altro la difficoltà per le vittime degli abusi di avere accesso ai rimedi, giurisdizionali e non, al fine di ottenere giustizia. Data la difficoltà a livello internazionale nel concordare ed adottare uno strumento legalmente vincolante per le imprese, l’attenzione è stata rivolta alla predisposizione di linee guida e raccomandazioni non vincolanti, il cui rispetto ed implementazione sono lasciati alla volontà delle imprese. Il più recente di questi strumenti è rappresentato dai Principi Guida ONU in materia di diritti umani e imprese multinazionali, adottate nel 2011. I Principi Guida hanno fornito per la prima volta un quadro riconosciuto e autorevole a livello globale e sono diventati un punto di riferimento comune per tutte le parti interessate. Tra le altre cose, essi chiariscono che le imprese hanno una responsabilità indipendente da quella degli stati nel rispettare i diritti umani e che per farlo sono tenute a esercitare la due diligence sui diritti umani.
La locuzione due diligence, così come utilizzata all’interno dei Principi Guida, è mutuata dal diritto societario. Lo scopo di Ruggie, in un’ottica di coinvolgimento delle imprese, era proprio quello di utilizzare un termine che fosse “familiare” per i soggetti operanti in questo settore.
Il concetto di due diligence, per così dire, ordinario, implica per le imprese il monitoraggio delle proprie politiche ed operazioni, su base continuativa o in occasione di transazioni specifiche, al fine di identificare e gestire i rischi finanziari che possano incidere sulla redditività della stessa e di conseguenza sugli interessi dei suoi azionisti.
I Principi Guida ONU, d’altro canto, introducono la “human rights due diligence”. In tale contesto, questo strumento é volto ad offrire alle imprese un modello attraverso il quale sviluppare la capacità di identificare, prevenire, e porre rimedio agli eventuali impatti negativi che le proprie attività possono avere sui diritti umani.
La human rights due diligence nella struttura dei Principi Guida si compone di più fasi.
Una prima fase consiste nella valutazione degli impatti – effettivi o anche solo potenziali – sui diritti umani che possano derivare dall’attività di impresa; in tale fase le imprese dovrebbero confrontarsi con i soggetti a rischio, assicurandosi di includere in questo dialogo anche i soggetti appartenenti alle categorie più vulnerabili, quali ad esempio donne e bambini.
I risultati di tale valutazione devono poi essere integrati nelle politiche aziendali. A tal proposito il commentario al Principio 19 parla di “integrazione orizzontale”, a voler sottolineare che l’impegno dell’impresa di rispettare i diritti umani deve essere interiorizzato in tutte le attività da questa svolte.
Peraltro, questi requisiti si applicano non solo alle attività proprie dell’impresa ma anche alle relazioni commerciali da questa intraprese con altri soggetti presenti nella catena di valore, quali ad esempio i fornitori di materie prime. All’interno del quadro disegnato da Ruggie, infatti, l’impresa è chiamata a controllare anche l’impatto negativo sui diritti umani che può essere causato da un altro ente collegato alle proprie attività imprenditoriali.
Il controllo della filiera produttiva rappresenta uno dei maggiori problemi relativi alla struttura dell’impresa multinazionale e alla responsabilità di queste ultime. In tali casi infatti le imprese si difendono dalle accuse di violazione – o complicità – invocando il principio di separazione della personalità giuridica tra i vari soggetti.
Le imprese dovrebbero inoltre monitorare periodicamente l’efficacia delle misure adottate. Nel caso in cui tale condotta non sia bastata ad evitare gli impatti negativi, le imprese devono prevedere misure di rimedio. Tali possono essere meccanismi di reclamo interni alle imprese ed utilizzabili dagli individui danneggiati, o che potrebbero potenzialmente subire un danno dalle attività svolte dall’impresa in questione.
I vantaggi che potrebbero derivare in tema di rispetto dei diritti umani da una implementazione adeguata dei meccanismi di due diligence prospettati dai Principi Guida sono numerosi; se utilizzati opportunamente, possono essere un potente mezzo per garantire la protezione dei diritti umani degli individui: la loro adozione, infatti, non richiede tempi lunghi quanto quelli richiesti per la produzione legislativa. Inoltre, l’integrazione immediata dei risultati delle valutazioni iniziali di impatto sui diritti fondamentali nelle politiche aziendali consente una risposta immediata alle problematiche che di volta in volta si presentano.
Infine, i meccanismi di reclamo di cui devono dotarsi le imprese per permettere alle vittime – anche solo potenziali – di porre fine agli abusi subìti, oltre ad essere strumenti di più pronta risoluzione rispetto ai meccanismi giudiziari, presentano l’ulteriore vantaggio di non imporre costi eccessivi alle vittime.
Al fine di garantire che tali strumenti siano effettivi, essi devono essere sensibili alle categorie di soggetti che corrono maggiori rischi di violazioni dei diritti umani nel contesto delle attività commerciali, come donne, minori, persone con disabilità, popolazioni indigene, migranti.
Con particolare riferimento alla disparità di genere, si rileva che gli sforzi del diritto internazionale di affrontare lo squilibrio di potere tra i paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo non hanno tenuto in debito conto quest’altra disparità ben radicata.
Sebbene sia generalmente riconosciuto che le donne siano colpite in modo sproporzionato dagli impatti negativi sui diritti umani derivanti dalle attività d’impresa, si sostiene che sia stata data poca attenzione alle questioni di genere in molte iniziative, incluse quelle relative all’implementazione dei Principi Guida dell’ONU.
A tale proposito, numerosi sono gli strumenti di diritto internazionale che esortano la comunità a rimuovere le disuguaglianze di genere. La Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, richiede agli Stati parti di adottare tutte le misure appropriate per eliminare la discriminazione nei confronti delle donne da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa (Articolo 2 (e)). Il Comitato per l’eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne, organo deputato a vigilare sull’attuazione della Convenzione, ha suggerito nella sua Raccomandazione Generale n. 13 adottata nel 1989 sulla parità di retribuzione per lavori di pari valore, diversi modi per superare la segregazione di genere nel mercato del lavoro, che rimane un problema in alcuni settori dominati dagli uomini, come i settori estrattivi , nonché, ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, dove la maggior parte dei lavoratori sono donne.
Nonostante le disposizioni che vietano le discriminazioni di genere nelle costituzioni e nelle leggi di molti paesi, in pratica le donne continuano a sperimentare varie forme di discriminazione ed abusi in tutti gli ambiti della vita di relazione a causa di norme sociali penalizzanti, strutture di potere patriarcale e stereotipi di genere. Ad esempio, la Banca Mondiale ha recentemente riferito nel suo report “Women, Business and the Law” del 2019 che solo il 24,3% dei membri del parlamento nazionale in tutto il mondo sono donne. Nel 2018, solo il 4,8% degli amministratori delegati delle società inserite nella lista “Fortune 500” erano donne; ancora, le donne rappresentavano nel 2018 solo l’8% dei direttori dei 250 film campioni di incassi di Hollywood. In tutto il mondo, solo il 65% delle donne è intestataria di conti bancari, e meno del 20% delle terre del mondo sono possedute da donne.
Peraltro, il contributo delle donne all’economia non è riconosciuto – come nel caso del lavoro domestico – o è sottovalutato. Eppure, le donne svolgono la maggior parte del lavoro di cura di bambini, anziani, malati e persone con disabilità nelle famiglie. Le donne sono sovra-rappresentate nel lavoro occasionale e part-time in tutto il mondo, così come nelle catene di approvvigionamento di numerosi settori, dove sono più vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi. Inoltre, le donne affrontano la gravidanza e le discriminazioni legate alla maternità, sono sottorappresentate in ambito manageriale e, in media, sono pagate circa il 20% in meno rispetto agli uomini in tutto il mondo.
Il problema della disuguaglianza di genere risulta, dunque, quanto mai attuale: le molestie sessuali e la violenza di genere sono diffuse in tutti i settori: a casa, nelle istituzioni educative, al lavoro, nello sport, nei mercati, nelle riunioni sociali, nel cyberspazio e nella comunità in generale.
Nonostante gli abusi perpetrati quotidianamente, gli ordinamenti di molti paesi non prevedono leggi sulla violenza domestica o norme che proteggano le donne dalle molestie sessuali sul lavoro.
Anche quando vi sia stata una produzione normativa sul tema, si registra che le donne incontrano molteplici barriere anche nell’accesso alla giustizia, ambito nel quale si aggiungono i timori di stigmatizzazione sociale, perdita di lavoro e ulteriore vittimizzazione, fattori che scoraggiano le donne dal denunciare numerose violazioni.
In questo scenario, risulta chiaro che politiche commerciali e di investimento neutrali dal punto di vista del genere hanno come risultato l’aggravamento della situazione di squilibrio esistente tra donne e uomini.
Al contrario, meccanismi maggiormente inclusivi delle problematiche di genere indicherebbero un passo in avanti verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dall’Agenda 2030 approvata dalle Nazioni Unite. Tra questi, infatti, l’obiettivo n. 5 si propone di raggiungere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile.