Tutelare le donne, per tutelare la Vita. Intervista a Matilde D’Errico
Associazione Per i Diritti umani ha intervistato Matilde D’Errico che lavora come autrice televisiva e regista. Insieme a Maurizio Iannelli ha ideato la trasmissione Amore criminale, ormai giunta alla quindicesima stagione. È tra i fondatori della Bastoggi Docu&Fiction. Nel 2014, per Einaudi, ha pubblicato il libro L’amore criminale.
Ringraziamo molto Matilde D’Errico.
di Alessandra Montesanto
Da dove parte il suo interesse e l’impegno per l’universo femminile?
Parte dalla lettura di un articolo che commentava, nel 2006, i dati di una ricerca statistica dell’Eures. La ricerca era relativa agli omicidi che avvengono in famiglia. Il numero degli omicidi avvenuti in famiglia era molto alto e all’epoca mi aveva colpito soprattutto il dato che la maggior parte delle vittime fossero donne. E’ iniziato tutto da lì. Mi sono documentata, ho verificato con la Polizia di Stato quei dati e ho pensato che fosse mio dovere fare qualcosa attraverso il mio lavoro.
Perché lo storytelling può essere importante per le donne vittime di abusi?
E’ importante perché si attiva un meccanismo di riconoscimento. Ci si identifica con la storia narrata e si inizia a riflettere, si colgono alcuni segnali che fino a quel momento si sottovalutavano o si ignoravano.
Le storie narrate hanno un valore di archetipo, sono storie universali nelle quali una donna vittima di violenza – fisica o psicologica – può rivedersi e prendere coscienza della sua situazione.
A chi possono rivolgersi le donne vittime di violenza? E qual è la sua opinione sulla legge “Codice rosso?
Le donne che vivono una situazione di violenza nel rapporto di coppia o in famiglia possono rivolgersi innanzitutto alle Forze dell’Ordine, polizia o carabinieri che ormai sono sempre più preparati e formati sul tema della violenza sulle donne. Poi possono rivolgersi ai Centri Antiviolenza, diffusi un po’ in tutta Italia. Il lavoro dei Centri Antiviolenza è molto prezioso. Possono rivolgersi anche ai Servizi Sociali della propria città e infine possono telefonare al 1522, il numero nazionale antiviolenza, gestito da Telefono Rosa e attivo 24 ore su 24.
Per quel che riguarda il Codice Rosso credo sia necessario migliorarlo; ha bisogno – come strumento operativo – di essere rivisto e migliorato.
Chi si prende cura dei figli delle donne che decidono di denunciare mariti e compagni? E in che modo si possono aiutare e tutelare?
Spesso se ne prendono cura le madri stesse che denunciano, oppure i nonni materni. Un aiuto prezioso arriva sempre dai Centri Antiviolenza che nelle case-rifugio accolgono sia la donna che denuncia che i suoi bambini. Sicuramente andrebbero tutelati meglio, come vanno tutelate meglio le donne. Pensiamo anche ai tanti orfani di femminicidio, bambini che vivono il doppio trauma della morte della mamma, ammazzata dal padre che poi va in carcere. Finalmente pare che il Governo stia trovando i soldi per rendere operativa la legge sugli orfani di femminicidio. Mi auguro sia così.
E’ possibile, a suo parere, fare un percorso di consapevolezza anche insieme agli uomini?
Si, è possibile. Non bisogna parlare solo alle donne. Gli uomini sono parte in causa. Occorre lavorare insieme per cambiare la mentalità, la cultura. La violenza di genere è un problema soprattutto culturale. Occorre però iniziare presto, da bambini. I genitori devono insegnare ai propri figli ad amare in modo sano. Va fatta una vera e propria educazione sentimentale. E anche la scuola può avere un grandissimo ruolo.