Promozione teatrale per i nostri lettori. UTOYA
Associazione Per i Diritti umani è lieta di offrirvi una promo teatrale per lo spettacolo UTOYA. 15 euro per ogni nostro lettore interessato. Perchè a noi interessa riflettere sui diritti con ogni forma culturale.
“Caro Anders Behring Breivik, sappi che hai perso. Tu credi forse di avere vinto, uccidendo i miei amici e i miei compagni. Tu forse credi di aver distrutto il partito laburista e coloro che in tutto il mondo credono a una società multiculturale. Tu descrivi te stesso come un eroe, un cavaliere. Tu non sei un eroe. Ma una cosa è sicura, tu di eroi ne hai creati. A Utoya, in quella giornata di luglio, tu hai creato alcuni tra i più grandi eroi che il mondo abbia mai prodotto, hai radunato l’umanità intera. Tu meriti di sapere cosa ha prodotto il tuo piano. Molti sono arrabbiati con te, tu sei l’uomo più odiato della Norvegia. Io non sono arrabbiato. Io non ho paura di te. Non ci puoi colpire, noi siamo più grandi di te. Noi non risponderemo al male con il male, come vorresti tu. Noi combattiamo il male con il bene. E noi vinceremo.”
(Ivar Benjamin Ostebo, 16 anni, sopravvissuto alla strage di Utoya, lettera aperta a Breivik sulla sua pagina Facebook. Oslo, 1 Agosto 2011)
Tutto è cominciato con un libro, “Il silenzio sugli innocenti”. L’autore è Luca Mariani, un giornalista che sa fare bene il suo mestiere, uno che non si ferma alle prime risposte, che chiede, insiste, cerca, non si arrende.
È il 22 luglio 2011, siamo in Norvegia. Anders Behring Breivik, “il mostro”, scatena l’inferno. Otto morti con un’autobomba a Oslo, un diversivo e poi il vero obbiettivo: 69 ragazzi laburisti uccisi uno a uno nell’isola di Utøya, il ‘paradiso nordico’, sede storica dei campeggi estivi dei giovani socialisti di tutto il mondo.
Avevo rimosso quei fatti. Perché? Leggevo il libro di Mariani e mi chiedevo come fosse stato possibile che avessi dimenticato una strage tanto grave avvenuta nel cuore di un’Europa in teoria in pace, in teoria unita. Avevo l’impressione che tutto fosse avvenuto molti anni fa e invece era il 2011, l’altro ieri, insomma. Perché avevo dimenticato? La risposta non ha tardato ad arrivare.
La narrazione che i media mi avevano restituito era stata distorta quando non faziosa e arbitraria: una delle tante tragedie che “pazzi” armati possono causare, come quelle che succedono spesso in America. Insomma quel genere di fatti per cui scuoti la testa e poi passi oltre fino appunto a dimenticartene.
Niente di più sbagliato. Scoprivo che se di follia si era trattato, si trattava di tutto un altro tipo di follia. Che la strage era stata pianificata per anni con lucidità e coscienziosità al limite del maniacale e che non era contro un obbiettivo a caso ma contro il cuore delle giovani “promesse” del socialismo europeo. Era una strage politica.
Questa storia arriva al cuore di alcune delle ferite più profonde che dilaniano il mondo oggi e le nostre vite.
Quando ho finito il libro, ho sentito forte in me il desiderio che probabilmente ha animato l’autore stesso: bisogna parlare di queste cose, bisogna rifletterci, bisogna farle risuonare nei nostri cuori e nelle nostre vite che non scrivono la Storia ma la vivono, nolente o volente, tutti i santi giorni.
Utoya è il tentativo di fare memoria e denuncia senza fare “teatro civile”.
Utoya è a pieno titolo una tragedia contemporanea.
Guardare ad essa è come guardare a Medea, a Edipo, a Baccanti, con la sola differenza che quanto qui vi viene narrato è accaduto davvero e proprio davanti ai nostri occhi, in una calda giornata di Luglio di pochi, pochissimi anni fa.
E a pensarci bene, forse, potrebbe ancora accadere se non facciamo attenzione a chi siamo, a quale società stiamo contribuendo a costruire…se non facciamo attenzione, molta attenzione, al mondo che vogliamo lasciare in mano ai nostri figli.
Serena Sinigaglia