Volontari animatori in Bosnia Erzegovina
a cura di Alessandra Montesanto
Fotografie di @Beppe Deiana
Nel
1993 Don Ermanno D’Onofrio, allora non ancora sacerdote, ha
iniziato ad impegnarsi in numerosissimi viaggi di solidarietà nei
Paesi Balcanici piagati dalla guerra, guidando convogli di aiuti
umanitari che, partendo da Frosinone, giungevano in Bosnia Erzegovina
ed in Croazia per alleviare le sofferenze e portare conforto e calore
umano ad un’intera generazione di uomini, donne e bambini. Sotto la
spinta e l’entusiasmo di Ermanno D’Onofrio nasce, nel 1995,
l’Associazione di volontariato Insieme
per gli Altri per
portare avanti i numerosi progetti di solidarietà intrapresi.
I
bambini sono sempre stati al centro del suo impegno, della sua
attenzione e dei suoi progetti umanitari, anche nel territorio
nazionale. In quegli stessi anni, infatti, la sua attenzione, in
Italia, si è focalizzata particolarmente su progetti di assistenza,
cura e recupero di bambini ed adolescenti vittime di disagio. È
questo il periodo in cui ha ideato e diretto diverse colonie estive
per minori a rischio: “Le Colonie dell’Arcobaleno”. Esperienza
che successivamente ha visto nascere La Casa d’Accoglienza
L’Arcobaleno, dal 2003 al 2011, e che oggi è viva nel Progetto “La
Casa di Daniela”, struttura d’accoglienza per minori ispirata,
spiritualmente ed educativamente, alla figura della Serva di Dio
Daniela Zanetta oltre che in tutti i progetti realizzati a favore
dell’infanzia.
Contemporaneamente,
don Ermanno, ha continuato con costanza ad essere presente in
ex-Jugoslavia, organizzando una catena di solidarietà a favore
dell’Ospedale Pediatrico di Gornja Bistra, nei pressi di Zagabria.
Qui nasce il Giardino delle rose blu, prima come nome del Progetto e
successivamente, il 15 dicembre 2002, come Associazione Nazionale
che, il 28 giugno 2008, si è trasformata in una Fondazione
Internazionale.
Il progetto “Sarajevo, un inverno che non finisce” è un campo di volontariato invernale in Bosnia Erzegovina. Nasce nel 2007, proprio dall’impegno che “Il giardino delle rose blu” ONLUS svolge nei Balcani dagli anni ’90.
Associazione Per i Diritti umani ha avuto il piacere di parlare con alcuni membri della fondazione Il giardino delle rose blu e del loro ultimo campo in Bosnia Erzegovina come animatori per minori e adulti in difficoltà e famiglie bisognose.
Ecco le loro parole, i loro ricordi.
Massimiliano
Lo scorso dicembre è partito un campo invernale di volontariato in Bosnia Erzegovina della Fondazione Il giardino delle rose blu, un nome che si riferisce ad un centro di bambini con disabilità di Zagabria e il fondatore della fondazione aveva trovato un poesia che parlava di una rosa blu e di un bambino speciale, più fragile, ma più prezioso.
Il giardino delle rose blu nasce negli anni ’90 quando Ermanno andava coi ragazzi nei campi profughi in Bosnia per portare aiuti e per animare; nel 1998, per vie abbastanza casuali, Ermanno e i volontari arrivano all’ospedale di Gornja Bistra, vicino a Zagabria, per bambini con malattie genetiche dove è nato il nostro progetto più importante. Siamo poi tornati in Bosnia nel 2007 e da allora, ogni anno in inverno e in estate, organizziamo un campo. Quello estivo viene organizzato solo a Cerksa, un villaggio dell’est della Bosnia (un paese interamente di musulmani, ma localizzato nella Repubblica serba di Bosnia) dove animiamo i bambini. Quello invernale, invece, è itinerante in cui facciamo dieci giorni con tante attività, divisi in gruppi: nella prima parte, nella Bosnia centrale, animiamo (musica, clown, trucchi) le strutture per anziani e per bambini e visitiamo le famiglie, portando doni e materiale scolastico, mercatini di vestiti e altro. Si vive a contatto stretto con le persone del luogo: la maggior parte sono musulmane (ma ci sono anche famiglie croate, serbe) e a loro piace che con noi ci siano volontari di cultura serba perché è un modo per loro di superare le divisioni dovute alla guerra.
Una seconda parte del campo viene vissuta in Erzegovina dove quest’anno abbiamo fatto animazione nell’orfanotrofio di Mostar, presso le famiglie e nella casa di riposo di Domanovići.
Inoltre, quest’anno, a Sarajevo abbiamo approntato una festa per i bambini e le famiglie migranti (l’ultimo giorno dell’anno) e una festa in piazza a Mostar il 4 gennaio. Qui la signora che ci accompagnava ha detto che Mostar non vedeva da anni una situazione così gioiosa, perché è una città scoraggiata. Il mio ricordo più forte e il più doloroso è l’orfanotrofio perché i bambini sono belli, educati, gentili, ma si legge loro in faccia che hanno bisogno di abbracci.
Anna
Il ricordo che voglio condividere è quello legato alla serata con le famiglie migranti, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Iran. Bambini che ci venivano incontro, affettuosi; abbiamo giocato con loro e poi si sono avvicinati anche i genitori, le donne, che hanno iniziato a fare musica con noi, a suonare i bonghi, a ballare ed è stato come essere tra amici. Abbiamo condiviso la cena e le storie e a me è rimasto in mente un uomo che si è commosso mentre mi riportava il racconto di lui come padre e del suo viaggio dall’Iraq a Sarajevo per arrivare in Germania – dove avrebbe raggiunto il fratello – con una bambina piccola. L’uomo mi ha raccontato questa storia con le lacrime agli occhi mentre in sala ha sempre tenuto un atteggiamento serio e forte. Un contrasto che mi ha molto colpita.
Roberto
Io vorrei parlarti di un ragazzo di Bakovići, un ospedale per persone con difficoltà psichiatriche e altre malattie. Questo ragazzo mi ha scritto su un foglio una poesia sulla madre che conservo a casa. Mi stupisco di come possa essere lì un ragazzo con una mente come la sua così brillante, che parla un italiano quasi perfetto, molto attivo sui social come tanti giovani di oggi…
Rocco
Riporto la testimonianza di Ammar, che conosciamo da molto tempo e che ogni volta che facciamo il campo ci viene a trovare. Ammar ci ringrazia sempre per l’aiuto che portiamo al popolo bosniaco; infatti noi siamo letteralmente innamorati della Bosnia e della sua gente. A me, per amarli, basta osservare gli anziani che hanno vissuto la guerra sulla propria pelle. Sono, inoltre, un clown e sto con i bambini e vedere i loro sorrisi vale già tutto il viaggio.
Alice
C’è un mix di ricordi e quello più nitido (che non riesco a togliermi dalla testa) è quello di un ragazzino nella struttura di Drin, autistico, seduto su una sedia, chiuso nel suo mondo; ad un certo punto, provo a dargli la mano e lui si alza e iniziamo a correre insieme e ridiamo.
Il campo è andato bene soprattutto per le persone che ne hanno fatto parte perchè eravamo uniti, con un unico obiettivo, quello di far star bene le persone intorno a noi e di divertirci e ci siamo riusciti. Abbiamo inventato tante cose, anche con poco, e abbiamo creato situazioni di gioia. Ad esempio nel campo per i migranti, i bambini non volevano più farci andar via; in piazza abbiamo organizzato una festa, durante uno degli ultimi giorni, e lì con quello che ci era rimasto abbiamo avvertito un sacco di calore umano intorno a noi, nonostante il freddo della temperatura. Non vedo l’ora di ripartire e la prossima volta avrò un po’ più di consapevolezza perchè questo per me è stato il primo ed è stato tutta una scoperta.
Beppe
Ricordo il volto di un donna anziana, a Cerska, che ha fatto tre ore di cammino perché abita sulle montagne. E’ arrivata da noi al mattino per prendere i suoi due sacchi di viveri e altro (poi li abbiamo caricati sul pulmino e l’abbiamo accompagnata a casa sua).
Ricordo anche un’altra famiglia che ha resistito alla guerra a Sarajevo; una famiglia composta da marito, moglie e una figlia. Entrambi gli adulti soffrono di sindrome post traumatica da guerra.
Ricordo la casa per famiglie migranti, con quest’uomo curdo che arriva in Europa per cercare una via di uscita e un lavoro per sostenere i familiari in Kurdistan e che, mentre si sposta per l’Europa, gli arriva la notizia del decesso del padre, ucciso dall’Isis; decide di tornare in Kurdistan, per tre anni si batte contro l’Isis e dopo tre anni decide di partire con la moglie e i due figli piccolissimi, attraversando mezza Africa (con la Libia) la Siria, la Turchia, la Grecia, la Croazia, la Serbia per arrivare in Bosnia, con i piedi nei fiumi, nei deserti…Queste sono le mie suggestioni e le emozioni sono ancora vivide.