“Imprese e diritti umani”. Il “Green Deal” europeo
I
di Fabiana Brigante
Nel luglio dello scorso anno Ursula von del Leyen veniva eletta presidentessa della Commissione Europea. Nelle ventiquattro ambiziose pagine della sua “agenda per l’Europa”, scritta per ottenere i voi dei membri del Parlamento Europeo, la allora candidata aveva parlato di “una Europa che guidi le principali sfide del nostro tempo”. In cima al suo programma si stagliava la proposta di un Green Deal europeo, raccogliendo la sfida e l’opportunità di una Europa a impatto climatico zero, sulla scia di quanto stabilito dall’Accordo di Parigi e dai traguardi fissati per il 2030.
Lo scorso dicembre il Green Deal è stato dunque presentato dalla Commissione Europea1; è stato definito un percorso da seguire al fine di “rendere sostenibile l’economia dell’Unione Europea trasformando le sfide climatiche e ambientali in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione giusta e inclusiva per tutti”.
Il Green Deal fornisce una tabella di marcia con azioni volte a potenziare un utilizzo efficiente delle risorse, con un passaggio ad una economia pulita e circolare, ambendo ad arrestare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, e ovviamente a ridurre l’inquinamento.
Tutti i settori dell’economia sono inclusi in questo processo di cambiamento, in particolare i trasporti, l’energia, l’agricoltura, il settore edilizio e quello industriale.2 Un ruolo decisivo nel sostenere la transizione verde lo giocano anche le tecnologie digitali. La digitalizzazione offre, tra le altre cose, nuove opportunità per il monitoraggio a distanza dell’inquinamento atmosferico e idrico o per il monitoraggio e l’ottimizzazione dell’utilizzo dell’energia e delle risorse naturali. Allo stesso tempo, la Commissione valuterà la necessità di maggiore trasparenza sull’impatto ambientale dei servizi di comunicazione elettronica.
Per quanto riguarda i trasporti, si sostiene che tutti i settori dovranno contribuire pienamente alla de-carbonizzazione, in linea con l’obiettivo di conseguire un’economia ‘climaticamente neutra’, tentando di applicare il principio de “chi inquina paga”. La proposta, tra le altre, è quella dunque di investire sulla connettività delle reti ferroviarie dell’UE, al fine di consentire pari accesso su tutto il territorio al trasporto ferroviario pubblico.
Ulteriore obiettivo del Green Deal è di realizzare una politica alimentare più sostenibile, “che riunisca gli sforzi per […]preservare e ripristinare la biodiversità con l’ambizione di garantire che i cittadini europei ricevano alimenti accessibili, di alta qualità e sostenibili, garantendo al contempo un tenore di vita dignitoso per gli agricoltori e i pescatori e la competitività del settore agricolo”. La strategia che si vuole attuare viene denominata “dal produttore al consumatore”.
In concreto, la Commissione si propone di “rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera agroalimentare, premiando i produttori che forniscono alimenti di elevata qualità quali norme tutelando il benessere degli animali”. È ribadito inoltre che “la riduzione del utilizzo dei pesticidi è uno degli obiettivi prioritari per una agricoltura sostenibile”.
Riguardo la preoccupazione per la perdita di biodiversità terrestre e marina causate da agricoltura, pesca e produzione alimentare, oltre che per i rischi connessi alla estinzione delle api, la Commissione sollecita gli Stati membri a potenziare le azioni volte a ridurre gli sprechi e combattere le frodi alimentari.
Non manca nel documento l’attenzione alla protezione delle foreste, indispensabili per il nostro pianeta eppure martoriate negli ultimi anni dai numerosi incendi in tutto il mondo. Sul punto, il Green Deal accoglie con favore l’intenzione di contrastare la deforestazione mondiale e le chiede di intensificare le sue azioni in tal senso.
Il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo richiederà ovviamente investimenti significativi. Il compimento di quelli posti per il 2030 in materia di clima ed energia richiede circa 260 miliardi di euro di investimenti annuali aggiuntivi, pari a circa l’1,5% del PIL del 2018. Questo investimento necessiterà della mobilitazione dei settori sia pubblico che privato. È stato sostenuto che almeno il 25% del bilancio a lungo termine dell’UE dovrebbe essere dedicato all’azione per il clima, richiedendo ulteriore sostegno alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI).
Sebbene la lotta al cambiamento climatico e al degrado ambientale sia uno sforzo comune, è necessario considerare che non tutti gli Stati membri partono dallo stesso punto. Si auspica dunque un meccanismo di transizione equo che sia in grado di supportare quegli stati la cui economia sia in gran parte retta da attività ad alta intensità di carbonio. Sarà inoltre importante supportare i cittadini più vulnerabili alla transizione, fornendo accesso ad opportunità di lavoro in nuovi settori economici. Dovrà essere dedicata la dovuta considerazione alla riqualificazione e allo sviluppo delle competenze dei lavoratori nei nuovi settori economici che emergeranno.
Nel mese di marzo la Commissione si propone di lanciare un “Patto climatico” per dare voce e ruolo ai cittadini nella progettazione di nuove azioni, condivisione di informazioni, avvio di attività di base e soluzioni di presentazione che altri possano seguire.
Le sfide globali del cambiamento climatico e del degrado ambientale richiedono una risposta globale. L’Unione Europea si è ripromessa di promuovere gli obiettivi già posti nelle convenzioni delle Nazioni Unite sulla biodiversità e il clima. Il G7, il G20 e le relazioni bilaterali costituiranno un’arena dove si concentreranno gli sforzi per spronare gli altri paesi ad intensificare i loro sforzi in tal senso.
Il testo ufficiale del Green Deal è consultabile al sito: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1576150542719&uri=COM%3A2019%3A640%3AFIN
“Cos’è il Green Deal Europeo?”, disponibile al seguente link: file:///C:/Users/Fabiana%20Brigante/Downloads/What_is_the_European_Green_Deal_en.pdf%20(1).pdf