“America latina. Diritti negati”. Dittatura nell’epoca del Covid19
di Tini Codazzi
Come si può comportare un regime come quello del Venezuela davanti ad una pandemia come il Coronavirus? Aiutando e assistendo il popolo? Emanando dei decreti o creando delle manovre economiche-sociali-sanitarie per proteggere la popolazione?
La Croce Rossa Venezuelana e la Associazione Venezuelana di Pediatria affermano che il 70% degli ospedali in tutto il territorio nazionale non ha acqua potabile, il 63% non ha luce, il 73% non ha gas. Le Associazioni di medici affermano che il 92% non ha sapone di nessun tipo, il 61% non ha mascherine, l’80% non ha guanti monouso. Senza parlare di infrastrutture, forniture sanitarie e medicinali. Il caos nel caos.
In una situazione così complicata, in un paese dittatoriale, il coronavirus, purtroppo, calza a pennello. A marzo, il regime ha decretato la quarantena e il distanziamento sociale immediatamente, in stile dittatoriale ha mandato sulle strade la polizia per controllare la gente, per intimidirla, non è normale avere panico di uscire per comprare il pane o le uova o avere paura di andare in un ospedale perché si sospetta di aver contratto il virus. Se ti becca un poliziotto bolivariano in vena di fare “il suo lavoro” ti fa sparire. La repressione, adesso, è “legale”, la quarantena dev’essere rispettata. L’isolamento si usa per continuare a commettere delle arbitrarietà. Il Coronavirus è diventato un tema di sicurezza nazionale e non un tema sanitario ed è una scusa perfetta.
Rafael Uzcátegui, direttore dell’ ONG Provea (Programa Venezolano de Educación Acción en Derechos Humanos) ha dichiarato in un intervista ne El País: “Il governo non ha voluto dire apertamente che sono sospese le garanzie costituzionali e c’è una lacuna nel capire se è o non è legale che ti fermino per strada… non ce stata nessuna risposta tecnica davanti alla pandemia e piuttosto si è deciso di usare le forze armate e le forze dell’ordine, al punto che c’è gente che non parla dei propri sintomi per paura di essere presi dalle FAES (Forze speciali della polizia su cui ci sono gravi accuse di violazione dei diritti umani). Non esiste un protocollo di attuazione chiaro e succedono molte arbitrarietà, tutto rimane alla discrezione delle autorità locali, mettendo in difficoltà il lavoro umanitario di molte organizzazioni e mettendo a rischio la popolazione che viene seguita da queste ong.” Provea ha ricevuto in questo ultimo mese denunce per l’applicazione di torture fisiche alle persone che non compiono da quarantena.
Alcune cifre ufficiali dichiarate dalla propaganda di Maduro ci sono: 204 contagi e 9 morti. Insolito, improbabile, anzi, impossibile.
Chi ha il coraggio di denunciare numeri diversi, personale medico, giornalista o politico che sia, viene perseguitato, minacciato e perfino sequestrato. Non è un detenuto, è un sequestrato a tutti gli effetti perché la DGCIM (Dirección General de Contrainteligencia Militar) oppure la Polizia Nazionale Bolivariana insieme alle Forze Speciali (FAES), manco fosse un criminale di guerra-terrorista, irrompe improvvisamente a casa sua, senza mandato, controlla la proprietà e porta via senza spiegazione questa persona. Caso vuole che ultimamente sia successo a tre medici e a un infermiere, a due giornalisti, a un fotografo e a cinque membri dello staff del presidente interino Guaidó. Il giornalista Darvinson Rojas è stato sequestrato, insieme ai genitori il 21 marzo e rilasciato dopo 12 giorni. Il Dott. Julio Molino è agli arresti domiciliari e accusato di reato di incitazione all’odio e associazione per delinquere. Mauri Carrero e Demóstenes Quijada sono due membri dello staff di Guaidó sequestrati nel cuore della notte dalle rispettive case. La Carrero è ragioniere e Quijada è consulente. Non si conoscono le ragioni per la loro detenzione illegale e non si conosce il loro luogo di permanenza. Questi sono i nuovi desaparecidos, colpevoli di aver denunciato problemi negli ospedali, cifre diverse di contagi, notizie, colpevoli di aver informato e di fare il loro lavoro. Anche i giornalisti venezuelani all’estero, che hanno lasciato il paese perché perseguitati, vengono comunque perseguitati attraverso parenti e/o amici, di nuovo, grazie a questa nuova situazione.
La risposta alle domande iniziali c’era già. Lo sapevamo appena si è diffuso nel mondo il coronavirus… era solo questione di tempo, sapevamo che poteva dare aria al regime. D’altro canto, sappiamo anche che la pandemia, con i passo inclemente del tempo, potrebbe essere un deterrente per smantellare definitivamente il regime. Speriamo sia la seconda.