La Giurisdizione Universale
di Nicole Fraccaroli
Kosiah, ex comandante del Movimento di Liberazione Unito della Liberia per la Democrazia (ULIMO), è accusato di crimini di guerra commessi durante la prima guerra civile liberiana (1989-1996), inclusi atti di violenza sessuale, omicidi, cannibalismo, reclutamento di bambini-soldato e per aver costretto i civili a lavorare in condizioni crudeli. È stato arrestato in Svizzera nel novembre 2014 e da allora è in detenzione preventiva, poiché le autorità svizzere hanno condotto indagini.
Il caso è stato proposto da una ONG svizzera, Civitas Maxima, per conto delle vittime liberiane, secondo un principio noto come Giurisdizione Universale. Paesi come la Svizzera che hanno adottato questo principio nel diritto nazionale possono usarlo per processare cittadini stranieri per gravi crimini internazionali come genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in qualsiasi parte del mondo.
A norma di disposizioni di legge, i tribunali statali possono avviare un procedimento se il reato o la sua vittima hanno una sorta di legame con lo Stato. Tradizionalmente, gli Stati portano i presunti responsabili di crimini internazionali sotto processo dinanzi ai loro tribunali sulla base di uno dei tre principi: territorialità; nazionalità passiva o nazionalità attiva. Recentemente è emerso il principio di universalità, in base al quale ogni Stato è autorizzato a consegnare alla giustizia presunti autori di crimini internazionali, indipendentemente dal luogo di commissione del crimine o dalla nazionalità dell’autore o della vittima. Il principio fu proclamato per la prima volta nel diritto internazionale consuetudinario nel diciassettesimo secolo per quanto riguarda la pirateria, e la giurisdizione universale si basava quindi su una preoccupazione comune di tutti gli Stati.
Successivamente, lo stesso terreno giurisdizionale fu incluso nelle Convenzioni di Ginevra del 1949 sulle vittime di guerra, nella Convenzione del 1984 sulla tortura e in una serie di trattati internazionali sul terrorismo. La logica della giurisdizione universale in questi casi è quella di perseguire e punire, a nome di tutta la comunità internazionale, le persone responsabili di una speciale classe di crimini di guerra o terrorismo al fine di salvaguardare i valori universali. La nozione ristretta di giurisdizione universale (giurisdizione universale condizionale) consente solo allo Stato in cui l’imputato è detenuto di perseguirlo, e questo è stato confermato per quanto riguarda le gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949 e del Primo Protocollo Addizionale del 1977, inclusi tortura e terrorismo. L’ampia nozione di universalità (giurisdizione universale assoluta) afferma che uno Stato può perseguire le persone accusate di crimini internazionali indipendentemente dalla loro nazionalità, dal luogo di commissione del crimine, dalla nazionalità della vittima e persino dal fatto che l’accusato sia o meno in custodia o comunque presente nello Stato in questione. Inoltre, tale esercizio della giurisdizione si basa sull’incapacità dello Stato territoriale e nazionale di avviare un procedimento.
Una serie di leggi nazionali degli Stati prevede una qualche forma di giurisdizione universale. Tale legislazione nazionale autorizza i tribunali nazionali a indagare e perseguire le persone sospettate di reati potenzialmente equivalenti a violazioni del diritto internazionale. Amnesty International riferisce che, in totale, 163 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite “possono esercitare la giurisdizione universale su uno o più reati ai sensi del diritto internazionale, come tali crimini o come crimini ordinari ai sensi del diritto nazionale”. Non meno di 166 Stati hanno definito almeno uno dei quattro crimini sui quali può essere esercitata la giurisdizione universale (crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e tortura) come crimini nella loro legge nazionale.
Ad esempio, l’International Crimes and International Criminal Court Act 2000 della Nuova Zelanda definisce crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio in conformità con le Convenzioni di Ginevra e lo Statuto di Roma, e la sua sezione 8(1)(c) prevede che le persone possano essere perseguite in Nuova Zelanda per questi crimini indipendentemente da (i) la nazionalità o la cittadinanza della persona accusata; o (ii) se si è verificato o meno un atto facente parte del reato in Nuova Zelanda; o (iii) se la persona accusata era o no in Nuova Zelanda nel momento in cui si è verificato l’atto costitutivo del reato o nel momento in cui è stata presa la decisione di accusare la persona di un reato.
Il Canada è un altro esempio di uno Stato che prevede l’esercizio interno della giurisdizione universale, nel suo Crimes Against Humanity and War Crimes Act del 2000. Per il genocidio, i crimini contro l’umanità o i crimini di guerra, la sezione 9(1) prevede che un procedimento può iniziare in qualsiasi divisione territoriale in Canada per quei reati “presumibilmente commessi al di fuori del Canada per i quali una persona può essere perseguita ai sensi della presente legge […], indipendentemente dal fatto che si trovi o meno in Canada”.
Anche se l’invocazione del principio di universalità, in nome di gravi crimini internazionali, non è una situazione quotidiana, i casi emersi sono importanti. In particolare, l’autrice di tale articolo vorrebbe attirare l’attenzione sull’accusa spagnola nei confronti dei funzionari guatemaltechi nel caso del genocidio guatemalteco. Il generale Efraín Ríos Montt salì al potere in Guatemala con un colpo di Stato nel marzo 1982 e sotto la sua dittatura l’esercito e le sue unità paramilitari distrussero sistematicamente oltre 600 villaggi. Nel 1999 i primi sforzi per rendere responsabili gli autori del genocidio hanno avuto luogo in Spagna. La Fondazione Rigoberta Menchú ha presentato un ricorso penale dinanzi al tribunale nazionale spagnolo contro Ríos Montt e altri alti funzionari. Il procedimento giudiziario spagnolo in seguito ha contribuito a formare un caso in Guatemala. Nel 2012, un tribunale guatemalteco ha accusato Ríos Montt di tortura, genocidio, sparizioni forzate, terrorismo di Stato e crimini contro l’umanità. Il processo ha portato alla condanna di Ríos Montt ed è stato condannato a 80 anni di prigione. Questa rappresenta la prima volta che un ex capo di Stato è stato condannato per genocidio da un tribunale nazionale. La sentenza fu anche il primo riconoscimento ufficiale da parte dello Stato che si era verificato il genocidio.
Avvocati per i diritti umani e ONG come TRIAL (ONG Svizzera) sono stati in prima linea nel promuovere casi di giurisdizione universale per ottenere la responsabilità per reati gravi, soprattutto laddove tale responsabilità non esiste nel Paese in cui sono stati commessi i reati. La Liberia, ad esempio, ha finora ritenuto che nessuno potesse rendere conto di gravi crimini internazionali commessi durante le sue guerre civili, anche se ci sono alcuni casi in altri paesi europei legati al principio della giurisdizione universale. L’uso della giurisdizione universale nei paesi di tutto il mondo è cresciuto in modo esponenziale con un numero senza precedenti di casi, secondo il rapporto di TRIAL. Sulla base del 2019, 16 paesi hanno procedimenti giudiziari in corso, 11 accusati sono attualmente sotto processo e presto potrebbero esserlo anche oltre 200 sospetti. Il numero di sospettati nominati nei casi di giurisdizione universale in tutto il mondo (207) è aumentato del 40% rispetto al 2018. Il rapporto TRIAL esprime inoltre preoccupazione per ciò che afferma essere una tendenza crescente per i pubblici ministeri di tutto il mondo accusare gli indagati di terrorismo, che è più facile da dimostrare, piuttosto che i crimini internazionali. Ciò è preoccupante perché non esiste una definizione internazionale di terrorismo e le vittime sono messe da parte, dal momento che il terrorismo è in molti casi crimine contro lo Stato. Questa è “una dura verità da accettare per molti sopravvissuti”, afferma TRIAL.
Il rapporto cita il caso dei jihadisti francesi Mounir Diawara e Rodrigue Quenum, che sono stati condannati da un tribunale francese nel dicembre 2019 a 10 anni di carcere per terrorismo. L’imputato era apparso in foto in combattimenti in Siria, con i Kalashnikov in mano. Uno di loro brandiva una testa mozzata. TRIAL afferma che i sospettati “avrebbero potuto essere accusati, oltre alle accuse di terrorismo, di oltraggio alla dignità personale, un crimine di guerra chiaramente definito dalle Convenzioni di Ginevra”.
Di conseguenza, la giurisdizione universale può costituire un’alternativa alla mancanza di giurisdizione nazionale, e in alcuni casi anche di quella della Corte Penale Internazionale, per perseguire i crimini internazionali. Ovvero un modo per combattere le impunità gravi. Dall’altro lato, sono state evidenziate alcune obiezioni al principio di universalità in relazione all’interferenza negli affari interni di un altro Stato e nelle relazioni diplomatiche internazionali. Queste dichiarazioni riflettono la volontà degli Stati di salvaguardare la sovranità nazionale anche di fronte a gravi violazioni che minacciano valori e diritti universali, e rischiano di rendere gli Stati passivi e inerti davanti a violazioni disumane.