“Stay human. Africa” Addio terrorismo
di Veronica Tedeschi
Il giornalismo ha il potere di far credere ai lettori che molte vicende siano terminate, che il problema del quale si è tanto scritto non esista più. Nella situazione in cui ci troviamo oggi, stremati e incerti a causa del Coronavirus, alcune notizie sono scomparse dalla maggior parte delle testate, nazionali e non. Vista la gravità del momento questo è legittimo, quasi naturale, ma solo in parte perché la realtà è che non è tutto scomparso: il problema migratorio, lo sfruttamento sul posto di lavoro, la discriminazione tra uomini e donne sono tematiche non risolte. Notizia grande mangia notizia piccola, è la gara dei giornalisti. Quello che si preclude il nostro periodico, tra le altre cose, è dare un’informazione libera a 360 gradi cercando di non dimenticare nessuna notizia, anche in periodi come questo.
Questa introduzione un po’ fuori tema per arrivare al problema del terrorismo che fino a pochi mesi fa spaventava tutti noi e che ci ha resi persino insicuri di recarci sul posto di lavoro. Vero è che nel continente europeo gli attacchi di matrice terroristica si sono momentaneamente fermati (attenzione, non è scomparso il problema) ma nel continente africano non è così. Mali e Nigeria sono tra gli stati più colpiti da questo fenomeno e, vista la mancanza delle istituzioni statali, clan ed etnie si stanno organizzando da sé creando milizie private che operano al di fuori di ogni mandato.
La presenza di terroristi in queste zone è continua e la mancanza dello Stato e delle altre istituzioni sta trasformando alcuni paesi africani in crogioli di varie forze di autodifesa armata. In molte regioni dell’Africa è ormai difficile distinguere se le uccisioni e le violenze avvengano per mano di jihadisti o per odi intercomunitari che tradizionalmente avvelenano le relazioni tra popolazioni diverse. O, ancora, è difficile capire se l’uccisione sia il risultato di una resa dei conti tra etnie: vi è ufficialmente caos nell’identificare i mandanti.
Secondo quanto riportato da Mario Giro di Africa Rivista “Nel caso maliano nessuno capisce più nulla. I massacri più recenti si svolgono nella regione a cavallo con il Burkina Faso, e molti sostengono che i miliziani possano essere venuti da lì. I jihadisti si avvantaggiano della situazione: il Fronte per la Liberazione del Macina, la cellula islamista guidata da Koufa (unico capo Peul jiadhista), fa reclutamento tra i suoi aiutato dalla paura che ormai tutti hanno dei Peul.”
In Mali si sta creando confusione tra etnie e terrorismo, tanto che tutte le altre etnie presenti sul territorio si sono ormai persuase che tutti i Peul siano terroristi. Cosa non vera.
Quello maliano è solo une esempio, potremmo citare anche la Nigeria dove tutte le popolazioni locali sono ormai armate o, ancora, la Repubblica Centrafricana dove i gruppi degli ex ribelli si sono trasformati in milizie locali.
La mancanza di difesa da parte dello Stato africano sta portando ad una degenerazione di questi fenomeni e ad una privatizzazione dello strumento militare. La Storia ci insegna che questa non è un’ottima notizia, i disagi e gli scontri tra etnie aumenteranno a vista d’occhio e senza una difesa forte si potranno ripresentare genocidi come quello di Zanzibar nel 1964 o, ancora, più grave in Rwanda nel 1994.