“Imprese e diritti umani”. Italia e piano d’azione nazionale in materia di business and human rights
di Cecilia Grillo
Nel giugno 2011, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato i Principi Guida in materia di imprese e diritti umani (anche UN Guidelines Principles on Business and human rights o UNGPs).
Gli Stati hanno assunto un impegno al fine di affrontare l’impatto negativo dell’attività d’impresa sui diritti umani. Gli UNGPs sono il risultato di un processo consultivo della durata di sei anni tra Stati, imprese e società civile, condotto dall’allora Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, John Ruggie.
I Principi Guida non sono uno strumento vincolante e, secondo quanto evidenziato dal Rappresentante speciale, il loro contributo normativo risiede, in “elaborating the implications of existing standards and practices for States and businesses; integrating them within a single, logically coherent and comprehensive template; and identifying where the current regime falls short and how it should be improved”.
Successivamente all’entrata in vigore degli UNGPs, il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite – UN Working Group – ha iniziato a invitare i governi a impegnarsi in processi per lo sviluppo di piani d’azione nazionali (PAN) come strumenti per mezzo dei quali dare attuazione agli UNGPs.
Lo scopo principale dei PAN, in qualità di strumento per l’implementazione dei Principi Guida dell’ONU in materia di imprese e diritti umani, è quello di assicurare degli standard chiari e vincolanti relativi al rispetto dei diritti umani per tutte le imprese e gli investitori che operano in contesti nazionali ed internazionali.
I PAN sono documenti programmatici di politica statale che delineano l’orientamento strategico e le attività concrete per affrontare una specifica situazione politica. Nell’ambito del settore di business and human rights, il PAN deve essere inteso come una strategia politica in evoluzione sviluppata da uno Stato per proteggere dagli impatti negativi sui diritti umani prodotti dalle imprese in conformità con i Principi Guida delle Nazioni Unite.
Il piano d’azione nazionale – varato dal Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU) il 15 dicembre 2016 – è il risultato di un processo di consultazione e redazione durato dal gennaio del 2015 al luglio del 2016 e che ha portato alla pubblicazione di una prima bozza, aperta alla consultazione pubblica, il 10 settembre 2016.
Il piano d’azione italiano è stato finalizzato grazie allo sforzo comune di due gruppi, di lavoro, uno composto da tutti i Ministeri coinvolti e uno dai rappresentanti del mondo accademico, delle imprese, dei sindacati, delle associazioni imprenditoriali, delle Organizzazioni della Società Civile (OSC) e da esperti legali.
Il piano d’azione persegue l’obiettivo di operare come strumento funzionale ad assicurare “l’impegno del Governo verso l’adozione di misure politiche e legislative a livello nazionale, regionale ed internazionale, con il fine di garantire il rispetto dei diritti umani in tutte le attività di natura economica”.
Tale piano prevede una serie di steps che l’Italia si impegna a realizzare e che sono ricollegati alle disposizioni contenute nei diciassette obiettivi dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 in base ai quali gli Stati hanno concordato di adottare misure effettive per eradicare il lavoro forzato, porre fine alle forme di schiavitù contemporanee, al traffico di esseri umani, etc.
Il PAN ha previsto l’istituzione altresì di un Gruppo di Lavoro al fine di monitorare la sua progressiva attuazione e che provveda al suo aggiornamento e/o revisione periodici.
Il PAN è articolato in cinque sezioni (‘Indirizzi e principi generali’; ‘Premesse’; ‘Aspettative del Governo nei confronti delle imprese’; ‘Risposte del Governo: attività in corso ed impegni futuri’; ‘Aggiornamento, monitoraggio e diffusione del Piano’); segue poi la descrizione delle iniziative già esistenti e un elenco di misure che l’Italia prevede di realizzare nei prossimi anni per ogni Principio in analisi.
Il piano d’azione italiano, in conformità con le richieste dell’UN Working Group, è comprensivo di una sezione che elenca le aspettative riposte da parte del Governo italiano nei confronti del settore privato rispetto alla tutela dei diritti umani.
Alle imprese è richiesto di:
a) definire una propria politica in materia di diritti umani;
b) creare e rendere operativi meccanismi aziendali di due diligence per identificare, misurare e prevenire ogni potenziale rischio di violazione dei diritti umani nello svolgimento delle loro operazioni ed attività, anche da parte di partner o dei fornitori;
c) prevedere i necessari meccanismi di reclamo che consentano di rimediare all’impatto negativo sui diritti umani che esse abbiano cagionato, o che abbiano contribuito a causare, o che sia collegato alle loro operazioni economiche.
Fra le misure che verranno attuate in futuro e che vengono individuate dal PAN, oltre alla necessità di promuovere l’adozione da parte delle imprese di un processo di human rights due diligence, è innovativo il richiamo alla previsione di un processo di due diligence lungo la supply chain per imprese che operano in zone a governance debole.
Il piano include inoltre nuove misure intese a contrastare il caporalato e altre forme di sfruttamento dei lavoratori, soprattutto nel settore agricolo, si tratta tuttavia di misure che pongono una minore attenzione al profilo inerente alla tutela delle vittime.
In relazione ai profili di merito del piano italiano, un aspetto rilevante è la sua capacità di evidenziare come ciò che si renderebbe necessario per lo sviluppo di un sistema efficace relativo all’attività di impresa e diritti umani è in realtà già esistente nel quadro regolamentare italiano e debba essere solo ulteriormente sviluppato e adeguato agli standard internazionali e ai Principi Guida.
Altra funzione dei PAN è quella di contribuire alla formazione di un forte consenso comune necessario per il sostegno di eventuali e future richieste di intervento politiche e legislative.
Con riferimento alla creazione di un quadro regolamentare favorevole alla responsabilizzazione delle imprese in materia di diritti umani in parte già sussistente nell’ordinamento italiano, si può fare riferimento alla disciplina sul c.d. ‘rating di legalità’ che affida all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato il compito di certificare la conformità delle imprese alla legislazione nazionale vigente, a tale attestazione sono ricollegati vantaggi in sede di concessione di finanziamenti pubblici e agevolazioni.
Un altro esempio a tal riguardo è dato dal D.lgs. 231/2001 “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” che ha introdotto nell’ordinamento italiano una forma di responsabilità amministrativa delle imprese dipendente da reato.
Relativamente a possibili profili di criticità del piano d’azione in primo luogo si deve sottolineare l’organizzazione delle materie analizzate al suo interno che può risultare confusionaria o poco chiara, inoltre nello Statement del piano d’azione viene sottolineato come il Governo pur riconoscendo “la profonda relazione che sussiste tra il tema del rispetto dei diritti umani da parte delle imprese e la responsabilità sociale d’impresa” arriva alla conclusione però che “le due materie sono oggetto di due differenti Piani di Azione Nazionali”.
Nonostante le buone premesse tuttavia non sono molte le iniziative ad oggi intraprese per l’attuazione dei presidi richiesti dal PAN e risulta necessario aspettare il 2021 per poter valutare il suo effettivo stato di attuazione, tuttavia dato che i PAN costituiscono linee programmatiche, spesso di contenuto generico, è difficile valutare efficacemente i risultati raggiunti fin’ora.