“Imprese e diritti umani”. Due diligence: introduzione al D.LGS. 231/2001
di Cecilia Grillo
Come già analizzato in precedenza, il D.Lgs. 231/2001, prevedendo un processo di due diligence relativo sia a specifiche violazioni di diritti umani sia a impatti ambientali di ingente entità, può essere considerato un esempio pionieristico di legislazione obbligatoria in materia di due diligence sui diritti umani.
Vediamo ora e tentiamo di analizzare, a grandi linee, tale disciplina: l’8 giugno 2001 è stato emanato il Decreto Legislativo 231 recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica” (il “Decreto” o “Decreto Legislativo 231/2001”), che ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità in sede penale degli Enti (persone giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica), che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito.
Tale responsabilità ha preso il nome di “amministrativa” solo in ragione degli ostacoli derivanti dal disposto dell’art. 27 della Costituzione – “la responsabilità penale è personale” – che escluderebbe una responsabilità penale della persona giuridica. In realtà, su impulso dell’Unione Europea e dell’OCSE, è stata introdotta una vera e propria responsabilità penale della persona giuridica, definita “amministrativa” per una sorta di compromesso “lessicale”
Il Decreto è stato emanato in risposta alle disposizioni dell’art. 11 della legge 29 settembre 2001, n. 300 (“Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica”) ed è entrato in vigore il 4 luglio 2001.
Il Decreto ha inteso adeguare la legislazione italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche ai diversi accordi internazionali sottoscritti dall’Italia: la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, la Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea e la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali.
Il D.Lgs. 231/01 ha introdotto nell’ordinamento italiano il concetto di responsabilità amministrativa degli enti per una serie di reati o illeciti amministrativi commessi dai seguenti soggetti, nel loro interesse o vantaggio:
(i) persone fisiche che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione degli enti stessi o di una loro unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero persone fisiche responsabili (anche di fatto) della gestione e del controllo degli enti stessi (“soggetti apicali”);
(ii) soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati (“soggetti subordinati”).
Se il reato o l’illecito amministrativo è commesso da un soggetto apicale, si presume la responsabilità della società, al contrario, non vi è presunzione di colpevolezza dell’ente se il reato o l’illecito amministrativo è stato commesso da un soggetto sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al punto (i); in tali casi l’ente risponde del reato solo se si accerta che la commissione è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e/o vigilanza (presunzione di innocenza).
L’ente è ritenuto responsabile in aggiunta e non in sostituzione della persona fisica che materialmente compie il reato e, in ogni caso, tale responsabilità deve essere verificata nel medesimo procedimento dinanzi al giudice penale. L’ente è ritenuto responsabile anche se la persona fisica che ha commesso il reato non è stata identificata o non è punibile.
La responsabilità ai sensi del D.Lgs. 231/01 sussiste solo se il fatto illecito è stato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Pertanto, la responsabilità ai sensi del Decreto non sussiste solo se il reato ha determinato un vantaggio (economico o meno) per l’ente, ma anche se – nonostante l’assenza di tale risultato tangibile – si può dimostrare che il reato sia stato commesso nell’interesse della società. L’ente non risponde, tuttavia, quando la persona fisica che ha commesso il reato o l’illecito amministrativo ha agito nell’esclusivo interesse proprio o di un terzo.
L’obiettivo del D.Lgs. 231/2001 è quello di costruire un modello di responsabilità sociale in linea con i principi di tutela penale, ma avente funzione preventiva: prevedendo la responsabilità diretta dell’ente in caso di commissione di reato, il Decreto intende incoraggiare le imprese ad organizzare le proprie strutture e attività in modo tale da assicurare condizioni idonee a salvaguardare gli interessi tutelati dal diritto penale.
Il Decreto si applica sia nel caso di reati commessi in Italia sia nel caso di reati commessi all’estero a condizione che (i) l’ente abbia la sede principale in Italia (ossia la sede effettiva dove si svolgono le funzioni amministrative e gestionali) o dove esercita un’attività continuativa, ovvero (ii) se lo Stato in cui il reato è stato commesso non abbia già provveduto direttamente.
I destinatari del Decreto non si limitano alle “persone giuridiche, società e associazioni con o senza personalità giuridica”, e con l’eccezione dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli altri enti pubblici non economici nonché degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, ma anche società private che esercitano un servizio pubblico e le filiali delle pubbliche amministrazioni.
In caso di accertamento di responsabilità ai sensi del D.Lgs. 231/01, l’ente è soggetto a diverse sanzioni di tipo pecuniario o interdittivo.
Fra le sanzioni interdittive rientrano la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni necessarie ai fini della commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (salvo che per l’ottenimento di un pubblico servizio); l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Le sanzioni pecuniarie sono applicate ogni qualvolta l’ente commette uno dei reati o degli illeciti amministrativi previsti dal Decreto. Al contrario, le sanzioni interdittive possono essere applicate in relazione ai reati per i quali sono specificamente previste dal Decreto solo se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: (i) l’ente ha conseguito un profitto rilevante e il reato è stato commesso da soggetti apicali, o da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di un altro soggetto, se il reato è stato commesso o se la sua commissione è stata agevolata da gravi carenze organizzative; (ii) in caso di recidiva.
Misure interdittive possono essere applicate anche su richiesta del pubblico ministero in via cautelare durante il processo investigativo, se vi sono seri indizi di responsabilità che facciano ritenere che possano essere commessi reati della stessa natura.
La pena può comprendere anche la confisca all’ente del prezzo o del profitto del reato, ad eccezione della parte che può essere restituita al danneggiato. Se non è possibile confiscare i beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato, possono essere confiscate somme di denaro, o altri beni di valore equivalente allo stesso.
In alcuni casi in cui si applicano sanzioni interdittive, il Giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza, che può avere un grave impatto sull’immagine dell’ente.
Il Decreto stabilisce che gli enti sono responsabili se non hanno adottato le misure necessarie a prevenire la tipologia dei reati o degli illeciti amministrativi commessi, tuttavia, l’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 prevede una forma specifica di “esenzione” dalla responsabilità amministrativa degli enti se la società può dimostrare che:
a) l’organo di gestione dell’ente ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di Organizzazione Gestione e Controllo idoneo ad individuare e prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Modello e di curare il suo aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’Ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo (cd. “Organismo di Vigilanza”);
c) il reato è stato commesso con elusione fraudolenta del Modello da parte degli autori del reato;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.
Questa “esenzione” dalla responsabilità dipende dal giudizio di idoneità del sistema interno di organizzazione, gestione e controllo che il giudice effettuerà durante il procedimento penale contro il soggetto che ha materialmente commesso il reato (soggetto apicale o subordinato).
In particolare, se il reato è commesso da soggetti in posizione apicale, l’ente è responsabile, salvo che possa provare: (i) di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un adeguato Modello di Organizzazione, Gestione e controllo idoneo a prevenire la tipologia dei reati/illeciti amministrativi commessi; (ii) di aver istituito un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa, vigilanza e controllo, che abbia efficacemente monitorato sull’osservanza del modello; (iii) che il reato è stato commesso mediante elusione fraudolenta del modello da parte di un soggetto apicale.
Quando, invece, il reato è commesso da soggetti subordinati, deve essere dimostrato che la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza, che è esclusa se la società, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi, che preveda, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione societaria nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.