“Stay human. Africa”. L’Africa delle donne
di Veronica Tedeschi
Le donne insieme a me in questa foto sono donne forti, lavoratrici instancabili e portatrici di diritti e uguaglianza per coloro che, ancora, non credono nella parità dei sessi.
In strada. Mia madre usava sempre questo lemma per chiedermi di andare a fare un po’ di spesa. Il centro del paese, l’unica strada asfaltata: l’unico punto del paese in cui si potevano trovare alcuni negozietti con beni di prima necessità, una bottega anni ‘90, un macellaio e una piccola cartoleria.
Anche se ad oggi questa accezione si è un po’ persa – le strade asfaltate sono praticamente tutte – viaggiando, torna il senso delle dolci parole di mia madre.
In Senegal, ma non solo, in strada (quindi, dove inizia l’asfalto) puoi trovare macellerie, botteghe, diversi tailleur e molte, moltissime donne che dietro al loro banchettino di legno vendono verdura, frutta, frittelle dolci e altre delizie fritte. Donne bellissime nei loro vestiti colorati che avvolgono frittelle in fogli di giornale, prendono 100 Cfa e proseguono con il cliente successivo.
Questa scena di tipica vita africana più di una volta ha fatto sorgere in me molteplici domande su cosa realmente si nascondesse dietro quel banchetto. Donne contente di lavorare fuori casa friggendo frittelle per tutta la vita o donne che vorrebbero fare di più ma che si sono abituate a questo stile di vita?
Essere donna in Africa può essere faticoso, può significare lottare giornalmente per ottenere gli stessi diritti di un uomo, può significare ingiustizia e sottomissione. Ma può anche significare amore, famiglia e rispetto.
Spostandosi dal Senegal verso altri Paesi africani, magari tra i più radicali, troviamo donne non incluse nella società, che ancora oggi, nel 2019, risulta prettamente maschilista e ostile al cambiamento.
La condizione femminile in Africa non è riassumibile per grandi settori, non si può affermare, come fanno molti, che in Africa subsahariana le donne siano più rispettate rispetto alle donne dell’Africa centrale. L’approccio al mondo femminile è vario e difforme in tutto il continente.
Come abbiamo visto, in Senegal le donne possono lavorare e guadagnare, seppur in maniera discreta, a differenza di altri Paesi in cui questo è vietato. Nella carta costituzionale ghanese, per esempio, si leggono pari diritti per donne e uomini ma, nella realtà, questi diritti si affievoliscono sempre di più uscendo dalle città e addentrandosi nei villaggi, dove possiamo trovare mamme con circa 5 figli a testa e con un’età media di 20 anni, costrette a rimanere a casa con i figli, senza possibilità di crescere e lavorare.
A dispetto della lentezza del cambiamento di mentalità che si sta avendo in quasi tutta l’Africa, non si deve essere pessimisti rispetto alla possibilità di avere in futuro un vero partenariato fra uomini e donne fondato non solo sull’uguaglianza dei diritti ma su quella nei fatti.
Le prime conquiste sono arrivate già nell’anno passato: a partire dalla stessa Dakar che ha visto il primo sindaco donna nella persona di Soham El Wardini.
Dopo Soham il nome di Sahle-Work Zewde imperversò su tutti i giornali internazionali, come la prima donna presidente dell’Etiopia e unico capo di stato donna in carica in tutto il continente Africano. L’elezione di Sahle arrivò in un momento storico molto importante, una settimana dopo che Abiy Ahmad, primo ministro riformista, nominò un gabinetto in cui metà dei posti furono attribuiti a delle donne.
Le donne africane sono, quindi, spesso costrette in un mondo maschilista e ostile, le donne africane sono mamme dolcissime che stanno a capo di tutta la famiglia.
Le donne africane sono colorate, aperte e fondamentali per il futuro dell’intero continente.