“America latina. Diritti negati”. Il Cile è stato ascoltato
di Tini Codazzi
Il 25 ottobre 2020 sarà ricordato per sempre nella storia del Cile. È stato il giorno in cui la Costituzione redatta durante il regime di Augusto Pinochet ha ricevuto una ferita di morte, ora è in agonia. Addirittura, sappiamo l’anno in cui morirà: 2021. L’anno prossimo, una convenzione costituzionale, ovvero una Assemblea costituente formata da 155 cittadini saranno eletti mediante voto popolare per creare la Nuova Costituzione. Quasi il 79% dei cileni vuole cambiarla, una percentuale impressionante e vuole che lo facciano i cittadini, non i partiti politici o il parlamento. Sarà la prima volta in cui una Costituzione dovrà essere redatta in modo paritario, tra uomini e donne, e anche la prima volta in quasi 50 anni in cui il marco giuridico di questo fantasma chiamato “Regime dittatoriale di Augusto Pinochet” scomparirà.
Il popolo cileno è arrivato a questo esito dopo essere stato protagonista del “estallido social” del 2019. Per l’ennesima volta, le proteste riguardavano gli aumenti delle tariffe del trasporto pubblico di Santiago. Gli studenti si organizzarono per manifestare nelle stazioni della metropolitana e soprattutto per non pagare il biglietto. Sono bastati alcuni giorni e l’aumento della popolazione in protesta che, come sempre capita, tutto degenerò e ci fu il confronto armato tra forze dell’ordine e popolo. L’aumento del biglietto era la ciliegina sulla torta; in verità, nel profondo, c’erano altre ragioni di malcontento per manifestare: il caro vita, pensioni basse, l’alto costo dei medicinali e della salute in generale, una disuguaglianza economica e sociale molto forte, e non meno importante, un rifiuto generalizzato per una Costituzione restrittiva che impediva il progredire e la modernizzazione della società. I politici rappresentavano “quella” Costituzione macchiata di sangue e arrugginita. Non era la prima volta che gli studenti prendevano la parola, era già successo nel 2007, 2008 e soprattutto nel 2011 quando studenti universitari e di secondaria si mobilitarono per rifiutare il sistema di istruzione nazionale che prevedeva un’ampia partecipazione del settore privato rispetto a quello statale. In sostanza, troppe scuole e università private rispetto a quelle pubbliche. Proteste che continuarono un anno dopo. All’epoca, la cantautrice franco cilena Ana Tijoux ascoltò le grida degli studenti e scrisse la canzone “Shock”: “Un’altra canzone che prende la sua profonda ispirazione di fronte ad un movimento studentesco che è stato come uno svegliarsi generale”, diceva la Tijoux in una intervista fatta da Mega Noticias nel 2012.
Tornando ai nostri giorni e dopo 34 morti confermati, più di 3.400 persone ferite e più di 8.800 arresti per gli scontri di un anno fa, questo processo nelle urne è un modo molto democratico per chiudere pacificamente i contrasti di allora con il governo e aprire una nuova porta per un Cile più moderno, che possa vivere più serenamente il futuro senza avere l’ombra della dittatura persino nella Costituzione. È già un popolo ferito nell’anima. Questo successo nel referendum è un cambio molto importante, anche a livello psicologico, nonché sociale e politico.
Chi paragona questa futura Costituente popolare cilena con la Assemblea costituente del 2017 in Venezuela si sbaglia di grosso perché la costituente incaricata di redigere una nuova Costituzione nel Venezuela ha assunto tutte le facoltà plenipotenziari al di sopra di tutti i poteri pubblici dello stato, comportamento dittatoriale, ed è stata promossa solo da Nicolas Maduro attraverso un decreto presidenziale. Non c’è stato un referendum popolare per chiedere se si voleva cambiare la Costituzione. Il 16 giugno del 2017 il regime venezuelano organizzò un simulacro di elezioni per l’Assemblea costituente che fu un fiasco, pochissima partecipazione e molti seggi vuoti mentre l’opposizione lo denunciava come un abuso di potere. Un giorno dopo, Maduro ordinò la cattura di oppositori come Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma per non aver rispettato gli arresti domiciliari. Un fatto grave e arbitrario completamente fuori contesto e isolato dalle elezioni. Qualunque situazione era un motivo per far tacere le minoranze politiche che denunciavano le costanti irregolarità commesse da Maduro. Il 30 luglio si fecero le elezioni sotto l’ombra dell’evidente frode, perché secondo il governo avevano partecipato più di 8 milioni di venezuelani, ma secondo l’opposizione e i rappresentanti di Smartmatic, azienda a carico del sistema elettronico di votazione, c’era una incongruenza di più di 1 milioni di voti. Il regime decise tutto arbitrariamente e mise a tacere tutti quelli che denunciarono il fatto che la convocazione elettorale non seguisse le linee costituzionali e democratiche.
Perciò la situazione è ben diversa dal Cile. C’è solo da credere nella democrazia cilena e augurarsi che tutto questo processo che è appena iniziato sia trasparente, equilibrato e soprattutto ascolti veramente le necessità della gente. Il futuro ce lo dirà. Sicuramente è un paso in avanti per America Latina: macchiata di frodi elettorali, di risposte poco democratiche, di arbitrarietà del “caudillo” di turno. La maggior parte del popolo cileno ha sempre dimostrato di essere da parte del giusto, da parte dei diritti e della libera scelta. Speriamo che anche questa volta sia così.