La protesta dei contadini indiani
(da Sikhi Sewa Society che ringraziamo)
In India è in corso la più grande protesta pacifica della storia. Da mesi i contadini indiani portano avanti
enormi proteste contro l’approvazione di tre leggi sulla liberalizzazione del commercio agricolo:
nonostante i tentativi di mediazione con il governo, non si è ancora raggiunto un accordo.
Con queste leggi i contadini verrebbero svincolati dall’obbligo di vendere i loro prodotti solo nei mercati
regolamentati dal governo (i cosiddetti “mandi”) e potrebbero venderli a chiunque, quindi anche a
privati, senza vincoli di prezzo. Sembrerebbe una buona cosa, se non fosse che queste leggi potrebbero
finire per danneggiarli poiché, trattandosi di piccoli coltivatori che possiedono meno di 2 ettari di
terreno ciascuno, non sarebbero in grado di contrattare per prezzi convenienti con grandi società
private senza finire per diventarne schiavi, a quanto lamentano.
La sospensione dell’entrata in vigore delle leggi il 12 gennaio non ha placato le proteste, in quanto i
contadini pretendono che vengano revocate del tutto.
È stata così organizzata una nuova marcia sulla capitale Nuova Delhi il 26 gennaio, giorno in cui si
svolgeva anche la parata annuale per la Festa della Repubblica, che ha portato a violenti scontri con la
polizia e disordini cittadini. Vi sono stati altri scontri violenti tra i contadini e le forze della polizia in
diverse altre zone dell’India, tanto che è stata imposta una sospensione di Internet in molti distretti che
si trovano nei pressi della capitale.
La questione ha suscitato un’attenzione globale attenuata e la risposta dei media mondiali, dei politici e
delle principali organizzazioni per i diritti umani e stata pressochè inesistente. Ad oggi, oltre un
centinaio di persone hanno perso la vita, tra cui ci sono anche stati alcuni suicidi. L’abuso di forza da
parte della polizia contro anziani e innocenti manifestanti non ha alcuna giustificazione.
Giornalisti indipendenti sono stati arrestati. Dozzine di agricoltori sono scomparsi sospettosamente
senza lasciare traccia.
Giusto oggi l’Osservatorio dei Diritti Umani ha parlato della situazione e criticato il governo indiano: “per perseguire la propria agenda nazionalista indù, il governo del primo ministro indiano Narendra
Modi presiede a una pericolosa regressione dei diritti alla libertà di parola”.
Vorremmo come comunità chiedere l’intervento delle S.S.V.V. a condannare queste violazioni di diritti
umani che non solo ledono i principi di una sana democrazia ma anche quelli di qualsiasi essere umano.