“Stay human. Africa”. Bambini soldato: il fenomeno e le conseguenze
di Veronica Tedeschi
Agosto 2018, percorrevo in auto la strada che da Freetown porta a Kabala, il campo base del mio viaggio. La strada, cementata da poco e orgoglio dei sierra leonesi, è completamente immersa nella foresta; nei lunghi viaggi in auto di quei giorni sovente perdevo gli occhi e i pensieri nella giungla, quando, un giorno, nella libidine dei paesaggi africani il mio sguardo fu rubato da due bambini che mi salutarono da bordo strada con in mano un machete.
Quell’anno conobbi V., un padre saveriano che agli inizi degli anni 2000 assistette in prima persona alla sanguinosa guerra civile del paese e che, a difesa dei bambini sfruttati nelle guerre, fu anche perseguitato dai ribelli. Quella in Sierra Leone fu una guerra ignobile che vide in prima linea bambini di otto, nove, dieci anni impugnare le armi e tagliare braccia e gambe dei nemici con macheti spesso più pesanti di loro. La guerra vide più di cinquemila bambini (su ottocentomila) obbligati a impugnare le armi. Rapiti dai ribelli del Fronte rivoluzionario unito (Ruf) per rafforzare l’esercito e per riuscire a prendere il potere e conservarlo, furono i protagonisti della guerra più sanguinosa del paese.
Padre V. fu uno dei tanti che si oppose a questa strumentalizzazione del bambino e che da subito si proclamò dalla parte dei più piccoli, vittime di questa sporca guerra.
Il male è male. Però questi sono solo bambini, bambini che hanno bisogno di essere accolti e abbracciati. Perché la salvezza è possibile per tutti. Questi bambini sono essi stessi delle vittime. Le prime vittime della guerra nella Sierra Leone.
Come la Sierra Leone anche il Sud Sudan e tanti altri stati fuori dal territorio africano sono alla prese con questa piaga che sta minacciando psicologicamente intere future generazioni.
Molti di questi bambini vengono ingaggiati come soldati senza averne la consapevolezza; in alcune rare situazioni, si pensa che alcuni di questi aderiscano come volontari per motivi legati alla sopravvivenza, alla fame o al bisogno di protezione. I bambini diventano i soldati migliori per diversi motivi: non concepiscono il livello di gravità della situazione, hanno dimensioni piccole, sono veloci e sono in grado di infilarsi in tombini, fori e quant’altro. Infine, non si schiereranno mai per la fazione concorrente, se gli prometti, o minacci, qualcosa faranno quello che gli dici a prescindere. Le bambine, sebbene impiegate in misura minore, spesso sono usate per scopi sessuali, ma anche per cucinare o piazzare esplosivi, non devono essere pagate e non si ribellano.
Il rapimento e lo sfruttamento di bambini nell’atto di conflitti è considerato una violazione del diritto umanitario internazionale, che è quella parte di diritto che definisce le norme da rispettare in tempo di conflitto armato e le regole che proteggono le persone che non prendono, o non prendono più, parte alle ostilità e pongono limiti all’impiego di armamenti, mezzi e metodi di guerra.
Non solo, anche lo Statuto della Corte Penale internazionale (il tribunale per i crimini internazionali), include, fra i crimini di guerra nei conflitti armati, l’arruolamento di ragazzi minori di 18 anni o il fatto di farli partecipare attivamente alle ostilità.
Le regole di diritto internazionale, sia umanitario che penale, come si è visto, puniscono duramente questi comportamenti ma, nonostante questo, tali pratiche continueranno fino a quando non saranno duramente imposte sanzioni contro gli Stati sostenitori di queste pratiche, come, per esempio, il Sud Sudan e la Sierra Leone.
Padre V. dice di non avere paura, è circondato da persone che lo rispettano e che gli vogliono bene. La sua missione continua ed è proprio grazie alla voce grossa di persone come lui che molti dei crimini umanitari come questo viene portato alla luce.