Suggestioni d’autore. A partire dal libro, dal film e dalla storia vera di Yaguine e Fodè
Un altro lavoro realizzato da alunne e alunni di una scuola statale di Milano: abbiamo analizzato il film “Il sole dentro” di Paolo Bianchini e i ragazzi hanno letto il libro dal titolo “Yaguine e Fodè. Una storia di speranza” di Marco Sonseri con le illustrazioni di Rosario Riginella. Hanno, poi, avuto l’occasione di dialogare con gli autori ed ecco il bellissimo risultato!
Associazione Per i Diritti umani è davvero felice di poter realizzare questi progetti; Alessandra Montesanto, la responsabile ne è fiera. E tutti ringraziamo le/ gli insegnanti che vorranno continuare su questo cammino insieme a noi…
Anno Scolastico 2020-2021
Suggestioni d’autore
Classe 2^I – Scuola Secondaria Primo Grado “Carlo Porta”
Cambia il finale del libro “Yaguine e Fodé”: cosa sarebbe potuto succedere ai due protagonisti? Scrivilo tu.
Yaguine e Fodé sono decisi a portare a termine il loro piano.
Dopo essere sgattaiolati via dalle loro case, si ritrovano all’aeroporto alle cinque del mattino.
Intorno a loro c’è poca gente: qualche inserviente che spazza il pavimento, pochissimi passeggeri con i loro pesanti bagagli seduti sulle panchine a sonnecchiare in attesa del volo. I ragazzi si siedono in disparte, in attesa di infilarsi di nascosto nel carrello dell’aereo.
Non molto lontano da loro, una giovane donna che indossa una maglietta azzurra con un disegno bianco, li osserva incuriosita. Yaguine riconosce il logo dell’Unicef, lo ha già visto su alcune scatole arrivate a scuola contenenti quaderni e matite.
Fodé la guarda di sottecchi, teme che possa scoprire le loro intenzioni, ma lei sorride tranquilla.
I ragazzi si avvicinano un po’ timidamente, la ragazza li saluta e chiede loro se stanno aspettando qualcuno. Dopo quel caldo sorriso, i due non hanno più nessuna paura di raccontare della loro lettera.
La donna si chiama Susan Adams, ambasciatrice dell’Unicef, diretta a Bruxelles per una conferenza al Parlamento Europeo.
Yaguine, dopo aver rivelato alla donna le loro intenzioni senza dire come avrebbero viaggiato, le legge la loro lettera.
La giovane è stupita, guarda i due ragazzi con un velo di lacrime agli occhi, capisce la situazione e dice loro che avrebbe portato a termine la loro missione.
Sono le cinque e mezza, la donna commossa deve salutarli e promette loro di far arrivare il loro scritto nelle mani giuste.
Contenti, i due tornano a casa facendo finta di non essersi mai svegliati.
Dopo venti giorni, a Conakry arriva una delegazione Unicef per incontrare Yaguine e Fodé. Queste persone, accompagnate da Susan, consegnano una lettera di ringraziamento ai ragazzi per il loro coraggio e per il loro altruismo; inoltre, hanno un documento che assicura la costruzione immediata di una nuova scuola con tutto il necessario per funzionare, come è diritto di ogni ragazzo, con una montagna di libri!
Attorno a loro il caldo è soffocante e la luce acceca, ma Yaguine e Fodé si sentono leggeri e freschi come se fossero su una nuvola.
Lara
Ormai da ore Yaguine e Fodé sono nell’aereo. Appena partiti, faceva un caldo assurdo in quel posticino vicino le ruote, ma, dopo qualche ora, il caldo si è trasformato in freddo: forse si sono presi un bel raffreddore. Per fortuna, si sono portati dietro un paio di maglioni, ma non bastano: fa ancora troppo freddo. A un certo punto, i due trovano un modo per riscaldarsi: strisciarsi l’uno contro l’altro. Lo hanno visto sul libro di storia, lo facevano sempre i cavernicoli quando avevano freddo, ma non basta.
Yaguine accende la torcia e vede un piccolo spiraglio che porta al posto in cui ci sono le valigie. Per fortuna ci passano, ma non devono fare baccano: così, strisciando lentamente, Fodè, il più coraggioso dei due, prende la torcia e va.
Alcune valigie hanno un lucchetto, altre no; Fodè apre quelle senza e trova un paio di coperte e alcuni giubbotti. Fodè continua a ripetersi: “Un giorno li restituiremo, forse”.
Così Fodè torna indietro da Yaguine, lo vede tutto infreddolito, con la pelle d’oca, gli passa subito un giubbotto di pelle e una coperta.
Yaguine e Fodè sentono da sopra di loro “Attenzione: fra trenta minuti ci sarà lo scalo a Madrid, tenere stretta la cintura di sicurezza quando il segnale apposito si accenderà, grazie per aver volato con Air Maroc”.
Yaguine e Fodè si sentono sollevati: a quel punto, non manca molto, secondo loro. Dopo essere ripartiti da Madrid, sarebbero mancate solo circa due o tre ore. Sono così rincuorati da quella notizia che dimenticano di avere freddo. Quando inizia la discesa, a poco a poco Yaguine e Fodè iniziano a sentire ancora più caldo: così si tolgono la coperta e poi il giubbotto.
Subito dopo essersi scoperti, le enormi ruote escono dall’aereo: è iniziato l’atterraggio. Scendono quatti quatti dall’aereo e si ricordano il nome della compagnia, AIR…AIR…AIR MAROC ora se lo ricordano e vedono davanti a loro un aereo della stessa compagnia già acceso, pronto a partire. Così i ragazzi prendo quello che hanno portato e si infilano come hanno fatto con il precedente aereo.
Il viaggio fila liscio e arrivano a Bruxelles senza problemi.
Arrivati, cercano di uscire dopo tutti i passeggeri per non dare nell’occhio, ma trovano un addetto ai controlli, che li prende e dice loro “Vi aiuterò a uscire da qui”. I ragazzi confusi si guardano e dicono “Ok, grazie, ma perché tutto questo?”. L’addetto risponde che si chiama Adrien e fa parte di un’organizzazione che aiuta i bambini africani. Così Adrien, senza farsi vedere, va vicino ai cancelli dell’aeroporto dicendo loro di aspettare un attimo, si allontana e fa una telefonata. La sua auto è parcheggiata là vicino e, senza se e senza ma, Adrien dice a Yaguine e Fodè di entrare in macchina dato che li avrebbe portati in un posto più sicuro.
Dopo una mezz’oretta di viaggio, i due si trovano davanti a un grosso edificio e, seguendo Adrien, entrano in una stanza di attesa.
Dopo dieci minuti, Adrien dice ai ragazzi che sarebbero andati a vivere con lui, ma i ragazzi rispondono “Non siamo venuti per vivere qua, ma per far vivere l’Africa; vorremmo dare questa lettera al Parlamento, per salvare l’Africa. Chi afferma che l’Africa non ha bisogno di aiuto mente solo a se stesso: ci sono troppe ingiustizie”.
Adrien si commuove e, dato che ricopre una posizione importante, prende la lettera che arriva quasi subito a destinazione. Lì affrontano più approfonditamente la questione della situazione dell’Africa.
Intanto, la lettera viene pubblicata su ogni giornale ed è di ispirazione a tutti e, dopo la pubblicazione, nascono molte nuove organizzazioni umanitarie di pubblica assistenza.
I ragazzi divengono una bandiera per tutti nel mondo e la loro storia viene raccontata e pubblicata da Adrien.
Yaguine e Fodè tornano a Conakry grazie a un volo speciale commissionato dal Parlamento Europeo.
Dopo due anni, finalmente l’Ue offre il suo aiuto, per quanto sia nelle sue possibilità, all’Africa.
Yaguine e Fodè divengono così gli eroi dell’Africa e vivono felici e contenti con le rispettive famiglie.
Lapo
Finalmente Yaguine e Fodé sono arrivati, il loro aereo è atterrato: sono tutti e due sani e salvi, ma il loro viaggio non finisce qui.
I due ragazzi pensano che non ci sia nessun pericolo, ma, proprio nel momento in cui stanno scendendo dall’aereo, vengono scoperti da un controllore che lo ispeziona.
I due ragazzi presi dal panico iniziano a scappare per tutto l’aeroporto fin quando vengono bloccati da due guardie.
Essi vengono accompagnati in una stanza dove possono spiegare cosa facevano in un aeroporto da soli. Nel momento in cui i due ragazzi hanno perso tutte le speranze di riuscire a portare la lettera a Bruxelles, il controllore entra e dice:
– Lasciateli, questi sono i miei figli –
I due ragazzi molto confusi dicono:
– Ciao papà, ci sei mancato –
Allora le guardie chiedono scusa per il malinteso al controllore e gli consegnano Yaguine e Fodé.
Il controllore di aerei, dopo aver finito il suo turno di lavoro, porta i due ragazzi a casa sua e offre loro da mangiare e da bere.
La mattina seguente Giuseppe (il controllore), dopo essersi fatto raccontare il motivo per cui sono saliti su un aereo di nascosto e la loro vita, va in aeroporto e compra due biglietti di sola andata per Bruxelles per i due ragazzi.
Yaguine e Fodè cominciano a essere felici e pensano che presto tutto il loro duro lavoro per salvare l’Africa servirà a qualcosa.
Dunque, partono il pomeriggio stesso. Il viaggio dura otto ore e, una volta arrivati, sono distrutti e stanchissimi, ma non si fermano e chiedono subito informazioni per raggiungere il Parlamento europeo.
Trovato l’edificio, non riescono a entrare poiché non sono autorizzati. I due ragazzi aspettano tutto il giorno e, quando ogni speranza sta ormai per svanire, un signore esce dal Parlamento e li vede per terra. Il signore si avvicina e i due ragazzini lo riconoscono subito e dicono:
– Buongiorno, signor Draghi, abbiamo sentito parlare molto bene di lei. –
– Molte grazie, ragazzi, ma cosa ci fate per terra? –
– Dobbiamo consegnare una lettera al Parlamento per mostrare le condizioni dell’Africa e per poterla salvare, ma non ci vogliono far entrare e non abbiamo un posto dove stare.
Draghi, dopo aver sentito quelle parole, dice – Ragazzi, per stanotte potete stare da me e domani andiamo in Parlamento e vediamo cosa possiamo fare riguardo alla lettera. –
Allora i ragazzi si mettono in cammino verso la casa di Draghi dove mangiano e subito dopo fanno leggere la lettera a Draghi che è convinto che bisogna per forza far qualcosa per salvare l’Africa. La mattina seguente, i ragazzi si svegliano molto presto poiché non vedono l’ora di leggere il loro testo davanti a tutto il Parlamento. Una volta lì, Draghi riesce a far leggere loro la lettera alla Camera dei deputati per poi decidere cosa fare. Durante la lettura, i ragazzi vengono filmati e messi su Internet così che tutto il mondo possa sapere come sono le condizioni dell’Africa. Il video, dopo sole ventiquattro ore, diventa virale e fa il giro di tutto il mondo: viene trasmesso ai telegiornali, in Internet, nelle radio e su tutte le piattaforme digitali. Dopo una settimana, si riunisce un consiglio mondiale dove si decide che bisogna fare subito qualcosa per tutelare e per proteggere l’Africa. Dopo molti conflitti e discussioni, si decide di mandare delle persone e di dar vita ad associazioni umanitarie per l’Africa e per tutte le zone povere del mondo. È così che, dopo qualche anno di continuo lavoro, l’Africa diventa un paese bellissimo dove la povertà sembra essere sparita.
Yaguine e Fodé tornano dai propri genitori in Africa dove vengono accolti con molti applausi. Oggi ricordiamo Yaguine e Fodè come due ragazzi coraggiosi e senza paura che sono riusciti a salvare un intero continente.
Matteo
Yaguine e Fodè si imbarcano per raggiungere l’Europa. L’unica cosa che possiedono sono un foglio e una penna, ma a loro basta e avanza. Entrambi i ragazzi sono incerti sul viaggio che stanno per compiere: partire dall’aeroporto di Conakry fino ad arrivare a Bruxelles, città sede del Parlamento Europeo, per poter raccontare la propria storia e la sofferenza dei bambini africani causata dalla mancanza dei diritti, in particolare del diritto allo studio. Essi vogliono salvare il loro paese a tutti i costi. E così partono. Il viaggio dura nove ore, passate con barzellette, domande, riflessioni e paure per il futuro e per il presente. Sì, infatti, essi temono che l’Europa non li aiuterà, anzi li ignorerà. Ma i due ragazzi si fanno forza e scrivono una lettera: ”Signori, membri e responsabili dell’Europa, abbiamo l’onorevole piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi dello scopo del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell’Africa. Signori, membri e responsabili dell’Europa, è alla vostra solidarietà e gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente e i bambini non hanno diritti. Dunque, in questo caso, noi africani e, soprattutto, noi bambini e giovani vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l’Africa perché progredisca”. Terminata la scrittura della lettera, la piegano e Fodè la mette all’interno della sua tasca, per proteggerla perché il loro futuro e il destino dell’Africa dipendono da questo pezzo di carta. I due ragazzi sono esausti e si addormentano, ma, poco tempo dopo, vengono svegliati da quello che può sembrare un atterraggio. Ed è proprio così. Yaguine e Fodè ce l’hanno fatta a realizzare i propri sogni. Infine, la loro storia viene conosciuta da tutto il mondo. L’Europa crede nelle gesta di questi due ragazzi e li ascolta, aprendo una comunità per ragazzi chiamata Yaguine e Fodè, Storia di una speranza che ancora oggi opera per poter aiutare i ragazzi africani a credere e a sperare in un futuro stupendo.
Federico C.
La stiva è stata riempita con i bagagli dei passeggeri del Boeing 747.
Fino a quel momento, chi li ha caricati non si è accorto dei due ragazzi sdraiati sotto la coperta. Poi, d’un tratto, Yaguine starnutisce. Il ragazzo dei bagagli torna indietro, incuriosito da quel rumore che non ha mai sentito nelle stive di un aereo, in tutti gli anni in cui ha svolto quel lavoro.
Quell’inconveniente è miracoloso perché non solo salva la vita ai due ragazzi ma li aiuta nella loro missione.
Infatti, il ragazzo della stiva, una volta che li trova, chiama immediatamente il comandante dell’aereo. Il destino vuole che il comandante Axel sia originario di Conakry anche lui e che da giovane anche lui abbia sognato di poter fare qualcosa per aiutare il suo paese.
Yaguine e Fodè gli raccontano il loro piano e lui decide di aiutarli. Li ospita di nascosto nella cabina di pilotaggio e li fa arrivare a Bruxelles. La sera Axel li ospita nella sua casa e durante la cena si fa raccontare per filo e per segno tutta la storia, legge la lettera che i ragazzi hanno portato con loro e parla con sua moglie.
La moglie Caroline è una donna belga, molto bella e molto dolce. Dice ai ragazzi che li aiuterà. Una sua amica lavora proprio al Parlamento Europeo e, insieme, troveranno un modo per farli entrare e farli parlare con qualcuno.
Quella notte Yaguine e Fodè dormono di sasso, felici di essere a un passo dal realizzare il proprio sogno. Si sentono grandi, forti e importanti per la loro Africa.
Qualche giorno dopo, vengono accolti da un piccolo gruppo di politici in una sala grande e tutta affrescata del Parlamento Europeo. Yaguine e Fodè leggono la lettera che hanno scritto insieme e questi politici pongono loro tante domande: per fortuna il francese è una lingua comune e tutti possono farsi capire facilmente.
Queste persone ascoltano la disperazione nelle parole dei due ragazzi, vedono le loro lacrime, capiscono cosa devono fare per aiutarli.
Prendono delle decisioni importanti: promulgano delle leggi per eliminare lo sfruttamento dell’Africa, mandano soldi e risorse per aiutare le popolazioni a non soffrire la fame, la sete, per dare a tutti i bambini la possibilità di andare a scuola e ai grandi quella di avere un lavoro.
Negli anni la situazione in Africa non è cambiata tanto: chissà quanto tempo ancora ci vorrà e quanti aiuti da parte delle popolazioni ricche e benestanti.
Ma questa storia insegna che anche una goccia nel mare può fare la differenza, proprio come l’avventura di Yaguine e Fodè serve a risvegliare in tante persone la voglia di aiutare le persone meno fortunate.
A Conakry, ancora oggi, al centro della piazza principale, puoi trovare la statua di Yaguine e Fodè, i due ragazzi che hanno creduto che basta crederci per riuscirci.
Allegra
Yaguine e Fodè sono molto assetati, stanchi e affamati, ma la loro voglia di portare la lettera a Bruxelles è implacabile.
Prendono l’aereo. Per loro fortuna, al check in, vengono scambiati con altri due passeggeri dal nome simile e vengono destinati alla prima classe dove possono bere, mangiare e riposarsi. Il viaggio dura circa nove ore.
Arrivati a Bruxelles sani e salvi, con la lettera si recano di persona al palazzo del Parlamento Europeo, da dove vengono cacciati da una guardia che strappa loro la lettera di mano, costringendoli a uscire dalla sede e a imbarcarsi su un volo che li riporterà a Conakry.
Due anni dopo i ragazzi vengono sorpresi da un funzionario del Parlamento Europeo che comunica loro la buona notizia: la lettera è arrivata ai politici che hanno preso provvedimenti. Presto l’Africa diventerà davvero un posto migliore.
Federico D.
Durante il viaggio, Yaguine e Fodé vengono scoperti dal tecnico dell’aereo e, quindi, vengono accuditi e sfamati fino all’arrivo. A Bruxelles, si recano alla sede del Parlamento Europeo dove, inizialmente, i membri non prendono molto sul serio i due ragazzini in ciabatte e in vestaglia. Però, dopo aver letto la loro lettera, si rendono conto che, nonostante tutto, l’Africa ha un fascino immenso che non può non colpire chi ci vive o chi la visita anche per un breve periodo.
Conclusa l’assemblea, i membri prendono in considerazione la proposta dei ragazzini e inviano numerose truppe composte da trecento volontari l’una che si distribuiranno uniformemente sul territorio africano per aiutare la popolazione circostante. Inoltre, i membri del Parlamento, dopo lunghe assemblee e riflessioni, decidono anche di allearsi provvisoriamente con associazioni umanitarie indipendenti, come Emergency e Unicef, in modo tale che questa missione di salvataggio sia basata sul gioco di squadra e sulla fratellanza.
Alla morte di Yaguine e Fodé, per ricordare la loro forza di volontà e il loro coraggio, è stata costruita una statua in Guinea e sono stati resi santi dal Papa.
Alberto
Quando l’aereo sta per atterrare e i due ragazzi sono ancora al buio e al freddo, Yaguine si ricorda di avere una torcia nella tasca della sua felpa, la prende e comincia a guardarsi un po’ intorno per vedere se c’è qualcosa. Fodè, stanco di stare seduto, si vuole sdraiare; proprio quando appoggia la testa a terra, sente qualcosa di duro senza capire cosa possa essere. Quindi, chiede a Yaguine di prestargli la torcia e inizia a guardare ma continua a non capire; così chiama Yaguine per vedere se lui capisce. A un certo punto, esclama con felicità dicendo che è uno sportello da dove poter passare per uscire dal retro dell’aereo. Quando l’aereo atterra, Fodè apre lo sportello dicendo a Yaguine di seguirlo: una scala li porta a terra ed è così che i due ragazzi si accorgono di non essere a Bruxelles.
Yaguine capisce subito dove sono atterrati perché ha vissuto qualche anno lì: si trovano in una parte dell’Africa che non tutti conoscono.
Quindi, tornano sull’aereo e chiedono conferma del luogo in cui si trovano al pilota, che risponde loro che sono nel sud dell’Africa. Allora i due ragazzi vanno nella stazione di polizia più vicina e, quando arrivano, chiedono a un poliziotto se c’è qualcuno che può dare loro un passaggio per ritornare nell’Africa del nord.
Il poliziotto, incuriosito dalla situazione dei due ragazzi, rivolge loro un po’ di domande, mentre Yaguine e Fodè gli spiegano la situazione: il poliziotto per fortuna capisce al volo e chiama un suo amico chiedendogli se può riportare i due ragazzi a Conakry. Egli risponde di sì.
Dopo qualche ora, arriva un signore che li carica in macchina. I ragazzi nel viaggio dormono perché è da più di due giorni che non sono riusciti a dormire. Quando arrivano a destinazione, il signore sveglia i due ragazzi che con un balzo escono dalla macchina, lo ringraziano e iniziano a correre verso la loro casa.
Arrivati davanti alla porta di casa, entrano senza neanche aspettare, ma dentro non ci sono i loro genitori. Perciò durante l’attesa, si fanno una doccia e, travolti dalla fame, iniziano a mangiare. Dopo qualche ora, arrivano finalmente i genitori: i due ragazzi corrono alla porta e li abbracciano subito raccontando loro quello che è successo. Terminato il racconto, i genitori preparano un bel pranzo abbondante. Poi si coricano tutti perché sono molto stanchi. Così Yaguine e Fodè dimenticano il loro sogno di cambiare l’Africa e cercano di vivere al meglio una vita decorosa con i loro genitori.
Eleonora
I due ragazzi arrivano sani e salvi a Bruxelles, ma non sanno minimamente come e dove andare. Yaguine dice: “Possiamo chiedere informazioni”, ma Fodè gli risponde: “No! Prima di tutto dobbiamo arrivare al Parlamento: prima questo, non possiamo andare da nessun’altra parte! Altrimenti potrebbero darci ai servizi sociali! Siamo soli e non abbiamo nessuno che ci possa curare”. Yaguine annuisce. I due ragazzi proseguono il cammino. La strada è ancora lunga: ben presto però i due cominciano a essere stanchi e assetati. Quindi, cercano delle fontanelle sparse per la città e, finalmente, dopo averne trovata una, Yaguine e Fodè proseguono il loro viaggio, riuscendo ad arrivare a destinazione. I due ragazzini, appena vedono l’edificio del Parlamento Europeo, sono stupiti da quanto sia maestoso e imponente. Yaguine si impaurisce, ma vuole andare avanti perché sa che sono ormai alla fine della loro avventura: quindi, provano a entrare e, mentre si guardano attorno, bisbigliano: “Wow! Non avevo mai visto nulla di simile!”. Vengono subito accolti in una stanza dove vengono serviti loro molti cibi deliziosi quando, tutto a un tratto, si presenta un uomo dall’aspetto gentile e sapiente che chiede loro: “Ciao, ragazzi, da dove venite? E come vi chiamate?” Essi rispondono: “Arriviamo dall’Africa, da Conakry, in Guinea, e ci chiamiamo Yaguine e Fodè.” Il signore risponde: “ Benissimo! Io ho 24 anni e mi chiamo Claudio. Perché avete compiuto un viaggio così lungo?” I due ragazzi rispondono: “Abbiamo viaggiato così a lungo perché vogliamo rendere l’Africa un posto migliore”. Il ragazzo approva e dice che vuole rendersi parte di questa iniziativa molto significativa aiutandoli a realizzare il loro sogno. Ora possono davvero far valere la loro opinione davanti a moltissimi e importantissimi paesi. Da quel giorno, la loro vita cambia completamente pagina perché, ebbene sì, ora vivono nel lusso più assoluto! Abitano in un hotel a cinque stelle, con un terrazzo pieno di fiori e di tulipani e con tanto cibo a disposizione. Dopo circa tre anni, Yaguine e Fodè riescono a convincere tutti gli stati che fanno parte dell’UE a far diventare l’Africa un posto migliore per tutti! È così che d’ora in poi i due ragazzi verranno considerati come veri e propri eroi per il loro paese d’origine. Luca M.
I due ragazzi arrivano all’aeroporto di notte. Non si sa come riescono a non farsi notare e arrivano sulla pista. Vedono l’aereo con la grande scritta “AIR BELGIQUE” e capiscono che quello sarà l’aereo che li porterà a Bruxelles.
Riescono a intrufolarsi, arrampicandosi sulle ruote, in uno piccolo spazio tra la stiva e il vano del carrello aereo.
È fatta, devono solo aspettare il momento della partenza.
Il mattino successivo il controllore di pista esegue tutti gli ultimi accertamenti prima del decollo…e li trova.
È sotto shock, ma nello stesso tempo felice perché sa di aver salvato due ragazzini dalla morte certa.
Dopo poco Yaguine e Fodè si trovano in una stanza di fronte al capo della polizia dell’aeroporto.
Devono fornire delle spiegazioni: provano a raccontare il loro piano, il loro sogno, cioè andare direttamente al Parlamento Europeo per consegnare ai capi dell’Europa la loro richiesta di aiuto per l’Africa.
Il capo della polizia non può credere alle proprie orecchie: i due ragazzini hanno rischiato la vita per tentare di salvare addirittura tutti i bambini dell’Africa.
Prima di lasciarli andare a casa, fa una solenne promessa: si occuperà egli stesso di far arrivare la loro lettera in Europa.
Egli ha un caro amico italiano che lavora per una ONG in Guinea. Lo contatta e gli racconta quello che è successo.
Tramite quest’amico, la lettera arriva a un giornalista in Italia che la pubblica su un importante quotidiano: l’articolo viene letto ovunque e la notizia arriva a Bruxelles, al Parlamento Europeo.
Passano sei mesi dalla notte in cui Yaguine e Fodè hanno tentato il loro grande viaggio: in tutto quel tempo hanno aspettato speranzosi una risposta alla loro lettera.
E un giorno quella risposta arriva davvero: ricevono due biglietti aerei per Bruxelles e un invito ufficiale da parte del Parlamento Europeo.
Volano fino in Europa dove possono leggere la loro lettera davanti a tutti i politici europei.
Ricevono una borsa di studio e la possibilità di studiare in Belgio.
Finiscono le scuole superiori in Guinea e poi si laureano in Europa. Decidono poi di tornare a vivere e a lavorare in Africa, dove fondano una ONG per sostenere le scuole e il diritto all’istruzione di tutti i bambini.
Giulio
La mattina si verifica una turbolenza sull’aereo che sveglia di botto Yaguine e Fodè: fa molto freddo, ma non è un problema per loro due.
Si stanno annoiando: quindi, decidono di occupare il tempo con vari giochi inventati da loro. A un certo punto, sentono la voce del comandante che avverte che stanno per atterrare: così, i due ragazzi si tengono attaccati a una sbarra chiudendo gli occhi dalla paura.
L’atterraggio avviene benissimo e i due ragazzi sbarcano tranquillamente a Bruxelles.
Scesi a terra, si precipitano a mettere la lettera nella cassetta delle lettere dell’edificio del Parlamento Europeo. Aspettano giorni sotto un ponte, senza ricevere una risposta. Due signori, vedendoli lì da soli, decidono di soccorrerli. Yaguine e Fodè hanno modo di raccontare la loro storia e i due signori si offrono di accompagnarli in Africa, a casa, offrendo loro una certa quantità di denaro. Yaguine e Fodè, ormai disperati, accettano.
Giunti in Africa, a Conakry, salutano i due signori, ringraziandoli, e si precipitano dai loro genitori che li avevano cercati per giorni interi.
Yaguine e Fodè non riescono nel loro intento, ma almeno si ritrovano con abbastanza soldi per poter mangiare e per poter comprare vestiti nuovi per i componenti di entrambe le famiglie.
Viola
All’atterraggio dell’aereo, Yaguine e Fodè stanno ancora dormendo o, meglio, Yaguine non è ancora sveglio, ma Fodè, invece, appena sente il rumore delle ruote dell’aereo che toccano il suolo, si sveglia di soprassalto. Nemmeno lui crede di essere ancora vivo: gli ci vogliono numerosi pizzicotti per realizzare di aver superato quell’eroica impresa. Subito dopo, si ricorda di non essere solo in quell’impossibile viaggio: quindi, non esita a svegliare Yaguine che, al contrario del suo compagno, riacquista più velocemente lucidità.
Devono placare la loro felicità: se urlassero, come sarebbero capaci in quel momento, li scoprirebbero. Sono passati non più di cinque minuti da quando l’aereo è atterrato a Bruxelles, ma la gente inizia già a scendere con i suoi bagagli: è così che vedono per l’ultima volta quelle centotrenta persone tra cui Linda, Frank Castle e la sua penna e tutti gli altri.
Quando ormai sul Boeing 747 non è più rimasto nessuno e anche il comandante se ne è andato con il suo equipaggio, è il momento che anche Yaguine e Fodè abbandonino il loro posto. Così fanno. Iniziano a correre come non mai: sembra che non abbiano mai fatto altro nella loro vita. Non c’è una vera ragione per cui farlo: non devono salvarsi da niente o da nessuno perchè al tramonto in aeroporto non è rimasto più nessuno, ma, un po’ per la stanchezza e un po’ per la felicità, iniziano a scappare. A fuggire da ciò che su quell’aereo stanno lasciando, la vita in Africa e le sue condizioni, un passato pieno di difficoltà che non dimenticheranno mai, per correre verso un nuovo inizio.
Quella sera si fermano a dormire davanti al Collection Brussels Grand Sablon, un prestigioso hotel di Bruxelles, anche se, considerato il loro trascorso sull’aereo, starebbero comodi anche sul marciapiede. La mattina seguente, all’alba, si mettono a camminare verso la Commissione, verso i poteri forti. Passano da una cioccolateria e penserete che, ovviamente, con un obiettivo così grande non si fermino? Certo che no, si fermano e si siedono anche: del resto anche questo fa parte della lista dei loro sogni che stanno pian piano spuntando. Trovano una ragazza gentilissima che offre loro una tavoletta di cioccolato fondente, scuro come la loro pelle e buono come la loro Africa. Dopo averlo degustato, hanno l’impressione che il loro continente, quello per cui stanno lottando, quel giorno abbia mandato loro una grazia per onorarli per l’impegno profuso. Non a caso, poco dopo, giungono davanti alla Commissione così grande e imponente, ma così piccola e insignificante dinanzi ai nostri due eroi. In quel momento, Yaguine e Fodè non si dimenticano di cosa hanno addosso ed entrano con una strana disinvoltura, varcando senza enormi problemi l’enorme portone. Non riescono a percorrere più di dieci passi che, come si può ben immaginare, vengono invitati a uscire subito in maniera poco elegante. In quell’istante, Yaguine e Fodè compiono un gesto tanto istintivo quanto bizzarro: piegano la loro lettera in un piccolo aeroplanino, simile a quello con cui sono arrivati lì e lo lanciano il più lontano possibile, con la speranza che qualcuno la trovi e la legga. Quando “lanciano” la loro lettera verso i poteri forti, non possono certo immaginare che, poco dopo la loro ascesa al cielo, dovuta alle pessime condizioni del viaggio di ritorno verso Conakry, e di conseguenza anche poco dopo che i loro genitori vengano informati della terribile fine dei loro figli, Yaguine e Fodè, venga letta al Parlamento Europeo e che se ne parli ovunque, anche in questo libro.
Paola
Yaguine e Fodè si intrufolano dentro alla stiva dell’aereo che sta per partire, sentono freddo, ma vedono che in fondo ci sono delle coperte e così si addormentano senza soffrire il freddo. Arrivano a Bruxelles dopo qualche ora. Appena giunti a destinazione, scendono dalla stiva dell’aereo però vengono subito scoperti, ma il custode dell’aeroporto li aiuta curandoli e nutrendoli. I due dicono che devono consegnare una lettera ai deputati europei di Bruxelles. Piero, il custode dell’aeroporto, ha 42 anni ed è alto 1,85 m., è biondo di capelli ed è magro, li aiuta per cinque giorni al termine dei quali ha inizio il loro viaggio a piedi verso il palazzo: per raggiungerlo, chiedono indicazioni ai passanti. Uno di loro fa presente che il palazzo è vicino e che ci vorranno solo 10 minuti per arrivarci. Yaguine e Fodè, arrivati finalmente al palazzo, restano scioccati da com’è fatto: rivestito tutto in vetro, grande. Incuriositi si chiedono come sarà l’interno. Vengono colpiti dalle bandiere di tutti gli stati dell’Europa, dai giardinetti ben curati, perché nel loro paese c’è solo deserto.
Vedono l’interno a semicerchio che ricorda tanto il Teatro alla Scala di Milano. Tengono in mano la lettera da consegnare ai Deputati europei in cui chiedono aiuti economici per poter migliorare il loro stato.
Dopo aver spiegato i loro problemi e consegnato la lettera, si mettono in viaggio per ritornare in Africa. Ritornano così dai genitori e vedono l’Africa diversa perché il Parlamento ha promesso di aiutarli, spendendo soldi per procurare vestiti nuovi e cibo, per cercare soluzioni concrete per risolvere il problema dell’acqua, dell’istruzione, della sanità.
Alla fine, Yaguine e Fodè raggiungono il loro sogno di salvare l’Africa, la loro amata Africa, da cui non vogliono più scappare e dove vivranno per sempre felici e contenti.
Gabriele
Yaguine e Fodè arrivano a Bruxelles sani e salvi. Non sanno dove andare, perciò Yaguine dice: – Chiediamo indicazioni a qualcuno. – Fodè gli risponde – No, non possiamo! Prima di essere al Parlamento Europeo non possiamo andare da nessuna parte o possiamo rischiare che ci affidino ai servizi sociali, perché non siamo accompagnati dai genitori qui in Belgio. Yaguine, pensa due volte prima di parlare! – – Scusami tanto, simpaticone!- ribatte Yaguine.
– Basta litigare: scusa. – esclama l’amico.
– Scusami anche tu, Fodè. –
– Andiamo, forza! Non perdiamoci in chiacchiere. –
I due ragazzi proseguono il loro cammino verso il Parlamento, ma cominciano ad avere fame e sete. Dunque, decidono di cercare una fontanella in giro per la città.
Dopo aver bevuto, riprendono a camminare. Finalmente, dopo tanto, tanto tempo, raggiungono il loro traguardo: il Parlamento Europeo.
E’ grande e potente la struttura. Si capisce subito che è un organismo dell’Unione Europea.
I due ragazzi africani non possono credere ai loro occhi.
Fodè esclama: – Ce l’abbiamo fatta! –
Yaguine, invece, è un po’ ansioso e risponde: – Yaguine, ma siamo sicuri? Secondo me, alla fine, non c’è tutto questo bisogno di salvare la nostra terra. –
– Ma ti sei bevuto il cervello? Ma per favore! Non abbatterti ora che siamo arrivati alla fine del nostro cammino: adesso arriva la parte più bella. – esclama l’amico. Yaguine approva. I due ragazzi entrano, ma vengono fermati da ben cinque guardie. Continuano a protestare, ma niente.
Intanto, però, passa di lì un deputato italiano dell’UE.
Egli chiede cosa stia succedendo e le guardie spiegano tutto.
Il deputato, di nome Sergio, chiama i due guineani e si fa dire perché vogliano entrare. Essi dicono che è per un motivo fondamentale, per poter salvare l’Africa intera. Sergio permette loro di entrare.
Finalmente possono far valere la loro opinione davanti ai rappresentanti di Italia, Francia, Lussemburgo, Belgio, Germania, Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Grecia, Spagna, Portogallo, Svezia, Finlandia, Austria, ma non solo…
Tutti votano a favore della richiesta avanzata dai due ragazzi, che vengono ospitati in un hotel stellato dal presidente dell’UE.
E’ passato un anno e le varie organizzazioni non solo europee, bensì mondiali, stanno lavorando parecchio per salvare l’Africa e anche altri paesi molto poveri. Yaguine e Fodè sono i maggiori rappresentanti nel mondo di tutto il continente africano. Ogni giorno lavorano come volontari, per loro scelta, in varie associazioni.
Marco
Su un aereo che arriva da Conakry diretto verso Bruxelles, capitale del Belgio e sede del Parlamento Europeo, ci sono i corpi di due ragazzini africani inermi, assiderati per la bassa temperatura presente nel carrello dell’aereo nel quale si sono nascosti. Inevitabilmente, arrivano la scientifica, la polizia e l’ambulanza ad analizzarli, quando in uno dei due presunti cadaveri, quello di Fodè, si verifica l’impossibile. Il suo cuore manda deboli impulsi vitali che gli permettono di respirare a tratti. Dopo questo mancato miracolo, essi vengono trasferiti nel reparto di rianimazione dell’ospedale più vicino, con urgenza immediata. I dottori li assistono per giorni interi con intensive cure e settimanalmente viene a far loro visita un lontano parente della famiglia di Yaguine che riferisce ai genitori il loro stato di salute, perchè questi non possono raggiungerli per via delle scarse condizioni economiche che impediscono il viaggio. Durante questo lasso di tempo, Yaguine e Fodè sognano. Sognano la loro famiglia, la loro scuola, i loro pasti, gli amici: insomma, tutti i ricordi positivi che hanno immagazzinato negli anni. Però ogni giorno, per un piccolo spazio di tempo che varia dai dieci secondi a un’ora circa, riescono a udire le parole e le frasi delle persone circostanti. Sentono i dottori chiedersi se i due abbiano speranze di vita, ma sentono anche il loro parente, il cui nome è Rocco, telefonare ai genitori di Yaguine, che poi riferiranno tutto a quelli di Fodè.
Un giorno, però, anzi, un bel giorno, sentono Rocco dire questa frase:
“Le loro condizioni stanno migliorando gradualmente, ma ci vuole ancora molto tempo prima che si risveglino completamente. Però c’è una bella notizia che non ti ho detto: Yaguine e il suo amico, anche se sono incoscienti, hanno uno splendido sorriso stampato in faccia e si tengono per mano da quando sono stati ritrovati sull’aereo!”.
“…”
C’è un intervallo che dura poco più di cinque secondi che paiono però intere ore, ma poi c’è come un’esplosione di suoni da parte dei genitori, udibile persino dalle persone più distanti…
“E TU CI DAI UNA NOTIZIA DEL GENERE DOPO TRE SETTIMANE?!”
“Scu-Scusa”.
“SCUSA?! E BASTA?! SAI DIRCI SOLO QUEST…”
Il lasso di tempo nel quale i due amici possono sentire si conclude proprio al termine di questa frase.
Purtroppo, anche questa volta, non sono riusciti a muovere neanche un dito. Sono stati solo in grado di spostare di qualche millimetro il gomito, ma quel movimento non è sufficientemente concreto da poter essere notato facilmente.
I giorni passano, le cure continuano e la salute di Yaguine e Fodè migliora. Un giorno però accade qualcosa di magico. E’ la vigilia di Natale e qualcuno lì nel cielo deve avere avuto molta compassione verso i due piccoli eroi dell’Africa perché, quel giorno, un pizzico di fortuna li tocca ed essi aprono gli occhi e sbadigliano, prima Fodè e poi Yaguine. E’ piena notte e non c’è nessuno di guardia nella loro stanza. Essi si guardano e pensano bene di riaddormentarsi, senza neanche badare al luogo nel quale sostano. Dopo pochi secondi dal momento in cui toccano il cuscino, a entrambi riaffiora un importante pensiero e all’unisono esclamano spalancando gli occhi:
“La Lettera!”.
Smettono immediatamente di sonnecchiare e si svegliano completamente. Cercano ovunque finché Yaguine trova nella sua tasca destra dei pantaloni qualcosa…
“Eccola!”. Esclama.
“Bravo, Yaguine. Però adesso dobbiamo correre alla sede del Parlamento Europeo”. Dice Fodè.
Escono dalla stanza e corrono per tutta la sala, fino all’uscita. Si sentono stremati, senza forze, con le braccia e con le gambe tremanti, ma il pensiero della lettera è più forte del dolore. Qui però vengono notati da una guardia e da Rocco, sbalordito. Yaguine e Fodè vogliono scappare dimenandosi con la scusa di non avere tempo, ma Rocco insiste per raccontare loro la situazione attuale e come siano finiti in quel posto. Dopo la lunga spiegazione, il parente di Yaguine chiama un taxi per farsi accompagnare alla sede del Parlamento Europeo e nel mentre chiama la famiglia di Yaguine, che però sta dormendo e che, quindi, non risponde. Una volta saliti sul taxi, cominciano a chiacchierare.
“Quindi, Yaguine? Non mi presenti il tuo amico?”. Chiede Rocco.
“Ah sì, giusto. Fodè, lui è Rocco. Rocco lui è Fodè”. Presenta Yaguine.
“Ma perché voi volete andare al Parlamento Europeo?”.
“Per presentare agli adulti europei questa lettera. Secondo te, la accetteranno?” Chiede Fodè porgendogli la lettera.
“Allora leggiamo:
Loro eccellenze i signori membri e responsabili dell’Europa,
abbiamo l’onorevole piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi dello scopo del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell’Africa…
Wow Ragazzi mi avete sbalordito. La accetteranno sicuramente”. Esclama Rocco. A interrompere la loro conversazione interviene il tassista. “Sono €25.00”. “Pago tutto io” annuncia Rocco, seguito dal ringraziamento dei ragazzi.
Una volta arrivati davanti alla sede del Parlamento, Rocco dice ai due amici di lasciar parlare lui davanti agli adulti. All’ingresso incontrano due guardie notturne.
“Buonasera. Sono un caro amico di Marc Botenga, l’eurodeputato, e avrei un urgente bisogno di incontrarlo.” Dice Rocco in olandese.
“Favorisca i documenti”. Risponde la guardia.
Dopo una lunga procedura, la combriccola riesce a entrare e la guardia li accompagna da Marc Botenga. I due vecchi amici, Marc e Rocco, si salutano e poi quest’ultimo spiega al primo il motivo della visita.
“Capisco… Prima di far vedere la lettera agli altri membri del Parlamento però, devo accertarmi di due cose. Primo vorrei verificare l’autenticità e il contenuto dello scritto, secondo vorrei accertarmi che i ragazzi siano davvero africani”. Dice Marc Botenga.
Dopo aver preso le dovute precauzioni, la lettera viene presentata agli eurodeputati. Il giorno seguente, la notizia viene trasmessa su tutti i giornali e i telegiornali internazionali. È proprio Marc Botenga a leggere la lettera. Alle ore 8.00 del mattino, Rocco chiama la famiglia di Yaguine dicendo loro di accendere la Radio su canale 5 con estrema urgenza. Si sente la voce di Marc che pronuncia le seguenti parole:
“Ieri sono venuto a conoscenza di una lettera scritta da due ragazzi guineani che hanno sofferto molto per portarla qui a Bruxelles:
Loro eccellenze i signori membri e responsabili dell’Europa,
abbiamo l’onorevole piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi dello scopo del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell’Africa. Ma prima di tutto, vi presentiamo i nostri saluti più squisiti, adorabili e rispettosi, a tale fine, siate il nostro sostegno e il nostro aiuto, siatelo per noi in Africa, voi ai quali bisogna chiedere soccorso: ve ne supplichiamo per l’amore del vostro bel continente, per il vostro sentimento verso i vostri popoli, le vostre famiglie e soprattutto per l’amore per i vostri figli, che voi amate come la vita. Inoltre, per l’amore e la timidezza del nostro creatore Dio onnipotente che vi ha dato tutte le buone esperienze, la ricchezza e il potere per costruire e organizzare bene il vostro continente e farlo diventare il più bello e ammirevole tra gli altri. Signori, membri e responsabili dell’Europa, è alla vostra solidarietà e gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente in Africa, aiutateci, abbiamo dei problemi e i bambini non hanno diritti. A livello dei problemi abbiamo: la guerra, la malattia, il cibo etc.; quanto ai diritti dei bambini in Africa, e soprattutto in Guinea, abbiamo molte scuole con una grande mancanza di istruzione e di insegnamento, salvo nelle scuole private dove si può avere una buona istruzione e un buon insegnamento, ma ci vogliono molti soldi, e i nostri genitori sono poveri, in media ci danno da mangiare. E poi non abbiamo scuole di sport come il calcio, il basket, il tennis etc. Dunque, in questo caso noi africani e, soprattutto, noi bambini e giovani africani vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l’Africa perché progredisca. Se vedete che ci sacrifichiamo e rischiamo la vita, è perché soffriamo troppo in Africa e abbiamo bisogno di voi per lottare contro la povertà e per mettere fine alla guerra in Africa. Cò nonostante, noi vogliamo studiare e noi vi chiediamo di aiutarci a studiare per essere come voi in Africa. Infine, vi supplichiamo di scusarci moltissimo di avere osato scrivervi questa lettera in quanto voi siete degli adulti a cui noi dobbiamo molto rispetto. E non dimenticate che è con voi che noi dobbiamo lamentare la debolezza della nostra forza in Africa”.
È il 25 dicembre dell’anno 2000. Questo è il regalo più bello che i famigliari di Yaguine e Fodè, ma anche l’Africa intera, potessero ricevere.
Thomas
Fodè si sveglia, sente ancora il ferro freddo sotto le sue gambe. Si volta verso il portellone della stiva dell’aereo e viene quasi accecato dalla luce abbagliante che i due ragazzi non hanno visto durante tutte le ore del viaggio.
Subito il ragazzino si volta verso Yaguine e, vedendo che ancora dorme, tutto raggomitolato e infreddolito, lo scrolla per le spalle, chiamandolo: ”Yaguine! Yaguine! Credo proprio che siamo arrivati!”.
Yaguine però non sembra rispondere ai richiami dell’amico: il suo corpo sembra congelato. Allora Fodè comincia a scuoterlo più forte, spaventato e con le lacrime agli occhi: Yaguine è morto di freddo… o così pensa l’amico.
Fodè, ormai disperato, comincia a urlare il suo nome, a stringerlo forte a sé per scaldarlo.
“Siamo riusciti ad arrivare fino a qui, non vorrai uccidermi adesso, soffocandomi con i tuoi abbracci!!!”.
Fodè crolla a terra seduto, piange e ride allo stesso tempo. L’emozione è così grande da non accorgersi di due facchini che sono appena entrati nella stiva per scaricare i bagagli dei passeggeri.
“E voi cosa ci fate qui? Da dove diavolo sbucate fuori??” grida minaccioso uno dei due uomini.
“Io mi chiamo Yaguine e lui è il mio amico Fodè. Lì fuori c’è la nostra libertà e il sole luminoso che ci aspetta”.
I due uomini fissano in silenzio i ragazzi. Lo sguardo di rimprovero lascia il posto alla tenerezza e alla compassione. Cominciano lentamente a sistemare i bagagli, in silenzio, lasciando Yaguine e Fodè liberi di cominciare una nuova vita.
Luca Z.
Immagina di scrivere la pagina che non c’è, cioè la pagina del libro “Yaguine e Fodè – Storia di una speranza” che l’autore non ha scritto, ma che avresti tanto voluto leggere: è come se iniziassi a scrivere il tuo racconto da dove si interrompe quello di Marco Sonseri, in un punto qualunque del libro senza alterarne la struttura narrativa, senza stravolgerne l’impianto. Ricordati di indicare il punto esatto con il riferimento alla pagina in cui vorresti aggiungere le tue righe.
Tra pag. 127 e pag. 128
Proprio in questo momento, i due ragazzi hanno dei ricordi. Si accorgono che è vero, è proprio così: l’Africa è magnifica, l’Africa è stupenda, l’Africa è il luogo migliore dove poter nascere, è piena di bellezza e di speranza, ma, allo stesso tempo, di povertà e di paura. Ed è proprio per questo che va salvata: perché è una terra straordinaria, anche se un’abbondante parte della gente che vi abita è povera, molto povera, ma povera da non poter permettersi nemmeno di morire.
Yaguine cerca di non pensare alle attuali condizioni in cui si trovano e ricorda a Fodè di quelle magnifiche giornate in cui il cielo di Conakry sembrava ricoperto di zucchero filato e i due amici si divertivano a riconoscere le più strampalate forme che assumevano le nuvole, piuttosto rare nella stupenda capitale della Guinea.
Nelle giornate nuvolose, Yaguine e Fodè raggiungevano una piccola spiaggetta rocciosa situata nella città di Conakry, poco distante dal loro quartiere, accessibile da una minuscola stradina, sconosciuta anche alla maggior parte degli abitanti, priva di sbocco, salvo appunto un piccolo accesso al mare, bloccato da una cancellata, chiusa da un vecchio lucchetto. Essa era di un colore verde scuro, ormai arrugginita per l’avanzare degli anni e coperta da una rete, che avrebbe dovuto rappresentare un ulteriore ostacolo agli accessi alla riva. In realtà, di protezione non se ne vedeva molta, dato che era presente un enorme foro, per il quale sarebbe potuto passare perfino un pachiderma. Perciò i due amici entravano e si coricavano all’ombra di enormi arbusti, sopra i grossi massi, non molto stabili, che rappresentavano, infatti, la principale ragione del divieto d’accesso. Le rocce erano bollenti, pur essendo all’ombra, e rischiavano di ustionare le scure schiene di Yaguine e di Fodè, anche se già abituate a quelle temperature. Sdraiati e felici, i due amici chiacchieravano e fantasticavano sulle più svariate forme che le nuvole potevano assumere. Ce n’erano di tutti i tipi: alcune somigliavano a uccelli, a piante, a stelle, a cuori; altre a visi di persone. Una volta, in una nuvola, Yaguine e Fodè riconobbero la maestra Hazika: era bella, come il sole, aveva quel sorriso contagioso e quegli occhi che mostravano la sua anima, proprio come nella realtà. Chissà se anche lei, in quel momento, stava osservando il cielo e chissà se si sarebbe riconosciuta! Forse sì o forse no. Ma i due amici l’avevano perfettamente inquadrata, identica e bella, come lei.
Ne vedevano molte, di nuvole. Forse non c’erano davvero tutte, forse se le immaginavano loro, forse ne osservavano una normalissima e davano impulso alla fantasia, trasformandola in oggetti o persone. Ma chi lo dice che le comuni nuvole non abbiano un significato? Molto probabilmente i due amici guineani si sono procurati una risposta: il significato si deve trovare. Nella vita non è tutto visibile ai nostri occhi, nella vita molte cose si devono immaginare, si devono trovare, riconoscere nel loro profondo. Come la povertà in Africa: molti cittadini non africani, forse, non conoscono la miseria che si trova ad affrontare una gran parte della popolazione del continente. Per conoscerla non è necessario andarci, visitarla. Basta crederci, basta anche solamente leggere la storia di Yaguine e Fodè.
Nella stiva dell’aereo diretto a Bruxelles, i due ragazzi soffrono, non sono sicuri di potercela fare, ma devono resistere, perché devono salvare l’Africa, una volta per tutte, devono far conoscere agli Europei le condizioni in cui si trovano, per chiedere aiuto a chi ha la possibilità di offrirlo.
Yaguine racconta di nuvole e di bei momenti passati, ma nel frattempo i due non riescono a smettere di pensare al freddo presente in quel buco gelido.
Un freddo insopportabile, un freddo che loro non avevano mai provato, un freddo che non c’è, nella loro città. Sarebbe un controsenso se ci fosse freddo a Conakry, una città accogliente, calda anche dal punto di vista delle persone, calda perché confortevole, piacevole, che non esclude nessuno; anche senza cibo e ricchezza, l’Africa accoglie tutti. Questo è il contrario del freddo di chi non pensa alle condizioni di quella povera gente, di chi è freddo, distaccato dall’argomento, di chi pensa che siano solo racconti, che non abbia importanza la vita degli Africani.
Molti non conoscono l’Africa, molti non pensano che il continente offra la vita a più di un miliardo di persone, che sia un continente magnifico e caldo, accogliente, mentre è così: l’Africa è bella e calda. Insomma, l’Africa è fantastica, sì. In Africa è tutto fantastico.
Sara
Ho voluto aggiungere una descrizione più dettagliata di Conakry e la inserirei a pagina 13.
Penso che avere maggiori informazioni geografiche, sociali e culturali aiuti il lettore a calarsi meglio nella storia.
Conakry fu fondata dai Francesi, durante il periodo coloniale, nel 1890, sull’isola di Trombo.
Solo nel 1958, dopo un referendum voluto da Charles de Gaulle, la Guinea divenne indipendente.
Oltre a essere la capitale della Guinea ne è anche la città più popolosa, con ben un milione di abitanti che nelle stagioni secche affollano le sue strade polverose.
Il quartiere in cui si trova l’aeroporto si chiama Matoto, il nome dell’aeroporto, invece, è Gbessia, progettato da un architetto francese quasi a memoria del passato coloniale.
La città è il centro economico della Guinea; l’economia urbana gira intorno al porto, dove vengono movimentati migliaia di container da e per tutto il mondo.
Come molti paesi dell’Africa occidentale, la Guinea ha tradizioni culturali molto ricche e antiche.
Conakry è stata, infatti, nominata capitale mondiale del libro.
Il patrimonio culturale di questa terra è perfettamente riassunto da una figura leggendaria: Amara Touré, originario della Guinea.Conakry (allora parte dell’Africa Occidentale Francese) e nato tra gli anni trenta e quaranta.
In tutta la sua carriera compone solo dieci brani, il suo brano più famoso è “Lamento cubano”.
La musica meravigliosa è tutto quello che ci rimane di Amara Touré, di cui, dopo la pubblicazione dell’album negli anni ’80, si sono perse le
tracce: molti anni dopo, alcuni suoi fans sostengono di averlo visto in Camerun, anche questo fa parte della sua leggenda…
Ancora oggi la musica di Amara Touré risuona tra le strade di Conakry e la sua canzone, “Africa”, sarà parte della colonna sonora del nostro viaggio.
Niccolò
Del libro “Yaguine e Fodè” scegli il passo a cui tieni particolarmente, scrivendo il motivo per cui ti è rimasto nel cuore. Quali pensieri ti suggerisce? Quali creazioni ti ispira? Sei libero di esprimerti come credi: con un testo in prosa o in poesia, con un disegno o con un’altra forma espressiva che ritieni adatta.
“Il computer è un’estensione del nostro corpo, un’appendice insostituibile, impensabile farne a meno. Scarichiamo film, musica, fumetti, cartoni animati. Troviamo amici. Collezioniamo follower. Ci mettiamo in posa, creiamo consenso, ricerchiamo consenso”.
A questa frase penso spesso dal primo momento in cui l’ho letta, perché ritengo che rappresenti molto bene il modo di vivere della società attuale. Il computer, il telefono e, in generale, i dispositivi con cui viviamo, ci permettono di ricevere una grande quantità di informazioni in modo semplice e veloce, tanto che ci sentiamo obbligati a restare connessi con questa realtà virtuale. In questo mondo parallelo in cui siamo abituati a vivere, abbiamo costruito delle abitudini: quindi, ci ritroviamo sui social media a conoscerci, a discutere, a metterci in mostra e a ricercare il consenso degli altri. Secondo me, è una cosa che accade quasi involontariamente: i canali social ci offrono diversi stereotipi ai quali ispirarci, spesso anche in modo eccessivo. Quindi, ci ritroviamo a imitarli dimenticando la nostra reale identità. I social hanno il potere di farci interagire con chiunque in modo positivo e a volte costruttivo, ma è altrettanto vero che possiedono anche il potere di diffondere sentimenti negativi come l’intolleranza o l’odio. In molti post o video che ricercano quel famoso consenso, leggiamo spesso frasi gratuitamente cattive che potrebbero, invece, essere espresse in modo più gentile. Secondo me, è proprio questo il problema dei social che si è creato involontariamente.
Carolina
La parte che mi è piaciuta di più e che mi è rimasta nel cuore, perché mi ha colpito e mi ha fatto riflettere, è quella in cui Yaguine e Fodè vanno all’aeroporto per studiare, poiché lì è l’unico posto in cui c’è l’illuminazione pubblica.
Infatti, a Conakry, la città in cui è ambientata questa storia, i lampioni per strada o l’energia elettrica nelle case non sono diffusi, al contrario dell’Europa dove è dato per scontato che ci sia.
Questa scena mi ha fatto pensare a quanto siamo fortunati a essere nati e a vivere in Europa perché abbiamo accesso a molte comodità che, ad esempio, in buona parte dell’Africa mancano.
Mi ha fatto riflettere anche sul fatto che ragazzi poco più grandi di me riescano a vivere ugualmente e a fare cose simili a me nonostante le difficoltà e le differenze nella quotidianità rispetto a me. Noi ormai siamo così abituati alle comodità che ci sembra impossibile poter vivere senza internet, senza televisione, senza computer: invece, in alcune parti del mondo, vivono benissimo anche senza di loro e ciò mi fa capire che forse non sono cose così importanti come sembrano e che anch’io potrei dare loro un’importanza diversa.
Le tecnologie ci hanno aiutato a non isolarci in questo periodo di pandemia, ma non dobbiamo diventarne schiavi o esserne ossessionati perché c’è tutto un mondo fuori da scoprire.
Ho riflettuto sul fatto che il mondo è grande e diverso per tradizioni, per abitudini, per stili di vita, ma che, in fondo, siamo tutti simili e che desideriamo le stesse cose, solo che per alcuni è più facile ottenerle perché hanno più possibilità.
Sarebbe bello se tutti nel mondo avessero gli stessi mezzi per realizzare i propri bisogni perché così sarebbe giusto e l’umanità potrebbe progredire: in questo modo, si potrebbero sfruttare i talenti di tutti. Invece, la disparità manda sprecate chissà quante buone idee perché molti ragazzi non possono studiare.
Mi impressiona che i ragazzi siano disposti a sopportare il rumore dell’aeroporto, a recarsi fin lì pur di studiare sedendosi scomodi sul marciapiede mentre io spesso non ho voglia anche se sono comodo a scuola o in Dad con tutti i comfort a disposizione: significa che essi hanno realmente capito che lo studio è la chiave per poter migliorare la propria condizione e in questo hanno ragione e hanno molto da insegnarmi.
Penso anche che, oltre ai libri che ci mostrano queste realtà diverse dalla nostra, un modo importante e bello per capire ciò che ci circonda è viaggiare: solo così possiamo capire che non esistiamo solo noi e imparare da altre culture e tradizioni. Anche da chi sembra sia più povero di noi possiamo ricevere ricchi spunti per apprendere cose nuove.
Ritornando alla scena dell’aeroporto in cui Yaguine e Fodè scrivono la lettera per “salvare” l’Africa dalla povertà, penso che siano stati molto coraggiosi e molto fiduciosi nelle loro capacità, anche se non è andata come sperato. Io non mi sarei azzardato a scrivere ai potenti del mondo: eppure, il loro gesto è passato alla storia perché non bisogna avere paura di esprimere le proprie idee anche se pensiamo di non essere all’altezza o che nessuno ci ascolterà. Il mondo, infatti, non migliorerà mai se, di fronte alle ingiustizie, tutti stiamo zitti per paura.
Superate le restrizioni imposte dalla situazione pandemica, non vedo l’ora di poter ricominciare a viaggiare per visitare molti paesi!
Massimo
“I bambini in Africa non si annoiano mai”.
Mi ha molto colpito questa frase perché io, invece, mi annoio e penso sempre che, se avessi qualcosa che sogno di avere, non mi annoierei mai. Penso che i bambini africani possiedano sicuramente meno cose di quelle che ho io, che possiedo l’iPhone, l’iPad, la PlayStation, internet, le app, YouTube, Twitch e via così e che, nonostante questi, riesco comunque a provare questo malessere interiore.
Come fanno loro a non annoiarsi senza tutte queste cose?
Sapranno qualcosa che io non so?
O sono io che non so ciò che loro sanno? O, forse, è piuttosto questione di non sapere che esiste il concetto di noia. O, meglio, siamo noi ragazzi di questa parte del mondo che non sappiamo cosa sia divertirsi con noi stessi e con i nostri amici.
Per adesso non ho una risposta, ma ho intenzione di cercarla a partire da domani.
Alessandro
Il passo che mi ha colpito maggiormente è quello in cui Yaguine e Fodè trovano il libro di Geografia: quando lo vedono, rimangono entusiasti come se avessero scoperto un tesoro e lo è. Con un libro di Geografia puoi andare dappertutto, ti senti come il re del mondo perché lì dentro trovi tutte le informazioni di ogni luogo, tutti i nomi delle città, degli stati e dei continenti: lì dentro non manca proprio nulla.
Noi giovani, o almeno certamente io, ci chiediamo a cosa possa servire conoscere il territorio, l’economia, le città, la politica e la cultura di un certo luogo, ma penso che ci si possa rispondere da soli: se sai dove vai e come funziona il posto, sei sicuro di non sbagliare niente.
La Geografia non è solo lo studio politico e fisico del territorio: studiandola, si impara a leggere le cartine che sono importanti per orientarsi; essa ti insegna la cultura e la lingua del popolo. Quindi, quando vi viene in mente la domanda di prima, pensate a tutto ciò e vi risponderete da soli capendo che vale la pena studiare la Geografia.
LA GEOGRAFIA
Ci sono territori e confini da superare.
Aprirti al mondo,
non è facile:
ce la puoi fare soltanto
leggendo le sue pagine,
queste pagine si trovano in un libro,
quello di Geografia.
Rifletti:
tutti noi abbiamo bisogno di conoscere la Geografia,
basta volerlo
e non smettere di cercarla.
Laura
Grazie!
MARCO SONSERI SCRIVE ALLE RAGAZZE e ai RAGAZZI:
Cari Lara, Lapo, Matteo, Federico C., Allegra, Federico D., Alberto, Eleonora, Luca M., Giulio, Viola, Paola, Gabriele, Marco, Thomas, Luca Z., Sara, Niccolò, Carolina, Massimo, Alessandro, Laura finalmente ho trovato il tempo per rispondervi e lo faccio con grandissima gioia e immenso entusiasmo.
Mi scuso se non sono riuscito a farlo prima, ho avuto delle giornate che mi hanno visto poco al computer e d’altronde ciò che avete scritto e composto non aveva certamente bisogno di una lettura superficiale ma, al contrario, approfondita e attenta.
Ed è ciò che ho fatto domenica 31 maggio quando finalmente ho potuto mettere gli occhi sui vostri testi. E si, gioia ed entusiasmo. Sono questi i sostantivi che ho usato qualche riga più sopra per descrivervi ciò che mi avete suscitato con le parole che avete sapientemente dosato.
Avete una visione del mondo e della vita straordinaria, una grande voglia di lieto fine che vi fa onore.
Ed è su questa linea che dovete tracciare le vostre strade, i vostri rapporti e i vostri sogni, perché è su questa linea che si trovano i semi che serviranno a fare germogliare una società ancora migliore di questa, più equa e meno discriminante, proprio come avrebbero voluto Yaguine e Fodé.
Leggere le vostre parole… le vostre belle parole…. fa capire, anzi, no, che dico, di più… è la prova tangibile che la loro morte non è soltanto un triste fatto di cronaca o la loro vicenda uno spunto narrativo ma tutto questo trova riscatto nelle vostre idee.
Continuate così, ragazze e ragazzi, superate gli scoraggiamenti come hanno fatto Yaguine e Fodé e non abbiate paura di seguire quei sogni che delineeranno ciò che vorrete essere.
Non abbiate paura di inseguire la felicità, ricordandovi che la si può toccare quando è generata dalla condivisione con gli altri.
Un salutone a voi e alla vostra professoressa. Vi auguro una buona estate e tutto ciò che po’ farvi star bene.
Con affetto.
Marco Sonseri Abbiategrasso 31/05/2021