Anbamed: notizie dal sud est del Mediterraneo
a cura di Farid Adly
I titoli
Palestina Occupata: Oggi a Gerusalemme Est la marcia delle bandiere della destra nazionalista israeliana.
Iraq: Analisi del DNA per 123 corpi ritrovati in una fossa comune di Daiesh (ISIS).
Egitto: 23 condanne definitive alla pena capitale per i dirigenti della Fratellanza Musulmana.
Siria: Raids russi sulla regione desertica siriana contro i covi dei fuggiaschi jihadisti.
Libia: Ad Ajelat, duri scontri tra milizie nell’ovest libico, vicino al confine con la Tunisia.
Le notizie
Palestina Occupata
Oggi, a Gerusalemme Est si svolgerà la marcia delle bandiere organizzata da movimenti di estrema destra nazionalista, per commemorare l’occupazione del giugno 1967. La manifestazione era stata vietata la scorsa settimana dalla polizia, ma l’ex governo Netanyahu l’aveva autorizzata fissandola per oggi, per mettere alla prova il nuovo governo guidato dal miliardario Bennett.
I movimenti palestinesi hanno fatto appello alla mobilitazione generale della popolazione di Gerusalemme per impedire il passaggio nei luoghi sacri della moschea di Al-Aqsa.
Iraq
Le autorità irachene hanno prelevato campioni da 123 resti umani della fossa comune scoperta nel 2020. Le vittime sono una parte dei 600 prigionieri trattenuti nel carcere di Daboush che i miliziani di Daiesh, nel giugno 2014, avevano condotto in una valle e sparato loro addosso, soltanto perché erano di confessione sciita. Quella di Daboush è stata la più terribile carneficina compiuta dai criminali jihadisti. Le analisi del DNA confrontate con quelle dei parenti dei prigionieri forniranno un’identità ai resti e permetteranno ai familiari di sapere la sorte delle vittime, considerate da 7 anni come disperse.
Egitto
La Cassazione ha confermato le condanne a morte per 12 ex dirigenti della Fratellanza Musulmana, accusati per gli scontri durante la carneficina del 3 agosto 2013, noti con il nome di Rabia Adaweia, quando le forze di polizia spararono contro i manifestanti. L’accusa rivolta loro è: “Resistenza a pubblico ufficiale e assassinio di agenti”. Altri 31 casi di condanna alla pena capitale nel processo di primo grado sono stati tramutati all’ergastolo. Tra i condannati a morte, vi è anche Issam Arian, già deceduto lo scorso anno in carcere.
Siria
Caccia russi hanno ripreso i bombardamenti sulla regione desertica nel centro della Siria, dove risiedono i covi dei fuggiaschi di Daiesh. Nella giornata di ieri sono state registrate almeno 40 raids e secondo la stampa governativa ci sarebbero stati morti e feriti tra i miliziani. L’area colpita è quella ai confini tra tre province: Raqqa, Deir Azzour e Homs, dove le attività terroristiche del fu falso califfato sono state riprese recentemente con agguati a convogli militari e auto civili.
Libia
Sono ripresi gli scontri tra milizie a ovest di Tripoli per il controllo della strada costiera. La battaglia è tra formazioni armate di Zawia e di Ajelat, non lontano dal confine tunisino. Malgrado un comunicato del Consiglio di Presidenza che invita alla calma, le milizie di Zawia hanno inviato rinforzi per attaccare Ajelat. Gli scontri durano da giovedì e hanno causato la morte di 8 persone, tra i quali civili. Nei combattimenti è stata usata anche artiglieria pesante che ha terrorizzato la popolazione di Ajelat.
Approfondimento
DIFENDERE il KURDISTAN Contro l’occupazione turca
Noi – circa 150 politici, difensori dei diritti umani, giornalisti, accademici, sindacalisti, parlamentari, attivisti politici, ecologisti e femministe di tutta Europa – abbiamo seguito da vicino i pericolosi sviluppi derivanti dagli attacchi della Turchia al Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale) dal 23 aprile 2021. Di conseguenza, ci siamo riuniti oggi ad Erbil e abbiamo deciso che dobbiamo intervenire.
Quindi, è con una sola voce di chiarezza morale che vogliamo condannare inequivocabilmente l’occupazione in corso del Kurdistan meridionale da parte dell’esercito turco ed essere solidali con il popolo di quella regione e le forze della resistenza curda nella protezione della loro terra madre.
Ad aprile, lo stato turco ha avviato una nuova campagna militare ad ampio raggio nel Kurdistan meridionale nelle regioni di Metina, Zap e Avashin. In queste regioni proseguono pesanti battaglie, con le forze della guerriglia curda che resistono ferocemente a questa invasione illegale. Questi attacchi su larga scala prendono di mira non solo le forze della guerriglia curda, ma anche le conquiste del popolo curdo, con l’obiettivo di occupare il Kurdistan meridionale.
Ad oggi la risposta a questi attacchi a livello internazionale è purtroppo rimasta in sordina. Approfittando di questo silenzio, il regime turco ha messo in atto il suo piano per occupare tutto il Rojava (la regione del nord e dell’est della Siria) insieme al sud del Kurdistan.
Così facendo, la Turchia è determinata a ripulire etnicamente questa vasta area – lunga 1400 km – dalla Siria nordoccidentale al confine iracheno-iraniano. Allo stesso tempo, la Turchia sta conducendo una guerra con droni contro il campo profughi di Maxmur, una grave violazione del diritto internazionale.
Collegato a questa politica di pulizia etnica, l’esercito turco spera anche di spopolare la regione di Sinjar, terra degli yazidi, e quindi di ottenere ciò che l’ISIS non ha potuto ottenere. Dall’estate del 2012, i curdi del Rojava e della Siria nord-orientale, hanno lavorato fianco a fianco con le comunità locali di arabi, assiri, turcomanni e armeni dopo aver guidato assieme una rivoluzione che ha istituito un’amministrazione autonoma che è democratica e dà potere alle donne.
In risposta la Turchia ha usato militanti jihadisti per attaccare direttamente queste aree del Rojava, tra cui Afrin, Azaz, Jarablus, Sere Kaniye e Gire Spi (Tal Abyad), nella speranza di occupare e distruggere i risultati di questa amministrazione guidata dalle donne.
Durante queste occupazioni in atto, la Turchia ha progettato il cambiamento demografico, lo stupro sistematico e la riduzione in schiavitù delle donne, causando lo sfollamento di massa della grande parte della popolazione curda e di altre popolazioni civili, come parte della sua strategia per turchizzare e alla fine annettere queste terre.
E i problemi non sono solo all’estero. In effetti, l’ultimo esempio dell’incessante ostilità di Erdoğan nei confronti delle conquiste politiche e sociali curde deriva dall’interno della stessa Turchia e dal suo tentativo di chiudere il Partito democratico dei popoli (HDP).
Questo è l’ultimo passo di una campagna in atto da anni contro HDP – un’alleanza progressista di curdi, turchi e molti altri partiti, organizzazioni e individui democratici – che ha portato all’arresto di oltre diecimila membri di HDP.
Sfortunatamente, la regione del Kurdistan (KRG) e il governo iracheno hanno fatto poco per fermare il tentativo di occupazione della Turchia.
In particolare è stato deludente per noi vedere come i funzionari del Partito democratico del Kurdistan (KDP) abbiano persino cercato di legittimare l’occupazione turca. Qualunque sia la pressione economica di Ankara, il KDP non deve lasciarsi trasformare in un delegato turco, poiché le conseguenze di questa guerra possono essere gravi per tutto il Kurdistan e la regione.
Il mondo deve riconoscere che la Turchia sta tentando di compiere un genocidio contro il popolo curdo. Ed è solo il movimento di resistenza curdo che impedisce la piena occupazione del Kurdistan e l’annientamento dei diritti politici dei curdi. L’attuale resistenza armata a Zap, Avashin e Metina ha trasformato il Kurdistan in una roccaforte di audacia, non solo per i curdi, ma per tutte le persone nella più ampia regione minacciate dall’espansionismo neo-ottomano turco. A tal fine, il presidente turco Erdoğan non ha nascosto la sua ambizione di ripristinare la gloria perduta dell’Impero ottomano riconquistando il suo antico territorio.
Pertanto, parallelamente alle campagne militari turche contro i curdi in Siria, Turchia e Iraq, Erdoğan si è intromesso in varie aree di conflitto, tra cui Libia, Artsakh/Azerbaigian, Yemen, Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Somalia e Libano.
Collegate a ciò, ci sono le sue minacce contro molte nazioni, come Grecia, Cipro, Armenia, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Francia. Dobbiamo anche riconoscere che il regime di Erdoğan ha una lunga esperienza di finanziamento, armamento e sostegno allo Stato Islamico (ISIS) e a vari altri gruppi jihadisti violenti simili, usandoli ufficialmente e ufficiosamente come forze per procura per aumentare la portata dello Stato turco all’estero.
Durante il recente conflitto ad Artsakh che ha coinvolto Armenia, Azerbaigian e Turchia, Erdoğan ha inviato dalla Siria centinaia di combattenti jihadisti per procura per sostenere l’Azerbaigian e ha anche inviato questi combattenti in Libia per partecipare al lungo conflitto del paese. Attraverso queste azioni, la Turchia sta violando la sovranità di altri paesi e sta diffondendo il suo terrorismo mercenario in tutto il mondo.
Erdoğan è ben consapevole della posizione geopolitica unica della Turchia e la sfrutta a suo vantaggio. Sa che il suo esercito, il secondo più grande della NATO, è una forza formidabile e un baluardo per l'”Occidente”. Quindi, lo stato turco, sotto il suo governo, continua a sfidare apertamente e sistematicamente il diritto internazionale e a violare le convenzioni sui diritti umani.
La Turchia viola continuamente la sovranità di molti paesi. Nel frattempo, la NATO, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa rispondono tutti con un silenzio assordante.
Ma la comunità internazionale deve essere guidata dalla moralità, non dalla geo-strategia. E la loro incapacità di sfidare l’autoritarismo e i crimini di guerra di Erdoğan gli dà effettivamente il permesso di continuare la sua aggressione militare. A sua volta, li rende anche un cospiratore in parte responsabile nella sua continua distruzione.
Proclamiamo quindi un’iniziativa internazionale DIFENDERE IL KURDISTAN contro l’occupazione turca!
Al fine di ottenere un arresto immediato degli attacchi turchi al Kurdistan meridionale e il ritiro di tutte le truppe turche e dei mercenari islamisti, chiediamo quanto segue:
• Fermare l’occupazione turca, il cambiamento demografico, l’instabilità e la campagna di pulizia etnica nel Kurdistan meridionale.
· Fermare la distruzione e lo sfruttamento della natura del Kurdistan.
· Nessuna complicità delle potenze internazionali e regionali nel genocidio curdo.
· Sostegno di tutti i partiti, istituzioni e persone curde alla resistenza della guerriglia alla loro posizione unita contro l’occupazione turca.
· No al progetto espansionista neo-ottomano di Erdoğan in tutto il Medio Oriente e il Mediterraneo orientale.