Di lavoro domestico si muore
(da labottegadelbarbieri.org)
Di Gianluca Cicinelli
Si chiamava Aizza Dunga, era filippina, aveva 34 anni ed è morta il 25 giugno scorso mentre puliva le finestre esterne dell’abitazione del suo datore di lavoro in Corso Concordia a Milano. Stessa sorte per Luisito Dimaano, 58 anni, filippino anch’egli, stava pulendo le finestre sempre a Milano ma in viale Monza, era l’8 aprile scorso. Si aggiungono a Marilou Reyes, 54 anni, filippina, stava pulendo le finestre a Milano in via Cesare Battisti nell’agosto di due anni fa. Erano tutti immigrati in regola con il permesso di soggiorno e assunti a norma di legge dai loro datori di lavoro. Per quanto ci è dato sapere si tratta di tragici incidenti, non risultano irregolarità commesse dai padroni di casa, per questo l’argomento da affrontare, la sicurezza sul lavoro, diventa un tema difficile da spostare dai principi generali a quanto avviene all’interno delle abitazioni. L’argomento è adesso in primo piano a causa di questa catena di morti sul lavoro, ma se nessuno può chiudere gli occhi dinanzi alla morte sono in troppi a chiudere gli occhi su incidenti non mortali ma gravi e spesso invalidanti per i collaboratori domestici che non vengono denunciati.
2 milioni di lavoratori e lavoratrici domestiche in Italia lavorano in totale assenza di regole. 6 colf su 10 lavorano in nero. L’Osservatorio Domina sul lavoro domestico ci racconta una storia diversa da quelle edulcorate dei giornali
Secondo i dati dell’Inps relativi al 2019, i lavoratori domestici regolari sono 849 mila, in lieve calo rispetto al 2018 (-1,8%). Negli ultimi anni sono costantemente aumentate le Badanti (+11,5% dal 2012) e diminuite le Colf (-32,1%). Sebbene gli stranieri siano ancora in maggioranza (70,3%) sono diminuiti, soprattutto tra le Colf e gli italiani sono aumentati, in prevalenza tra i e le Badanti. Gli 849 mila lavoratori domestici regolari portano oggi un gettito fiscale pari a 1,5 miliardi di euro. Manca però ancora molto per una piena espressione del potenziale: se tutti i lavoratori domestici, compresi gli irregolari, fossero in regola, il gettito fiscale arriverebbe a 3,6 miliardi annui. Nel 2019 le famiglie italiane hanno speso 15,1 miliardi di euro per i lavoratori domestici, tra retribuzione, contributi e Tfr, il che significa per lo Stato un risparmio in termini di welfare e assistenza, di oltre 10,9 miliardi.
La regolarizzazione inserita nel Decreto Rilancio del 2020 ha visto 177 mila domande di emersione di lavoratori domestici (85% del totale). Ciò ha portato nelle casse dello Stato oltre 100 milioni di euro (30,3 al netto delle spese amministrative), a cui potrebbero poi aggiungersi oltre 300 milioni di euro l’anno, dati dal gettito fiscale e contributivo dei lavoratori regolarizzati. Il lockdown ha portato un boom di assunzioni di lavoratori domestici: oltre 50 mila nel mese di Marzo, +58,5% rispetto al 2019. Inoltre, sono state effettuate 1,3 milioni di richieste di bonus baby sitter (per un importo potenziale di 1,7 miliardi) e nel I semestre 2020 sono stati movimentati quasi 270 milioni di euro attraverso il Libretto Famiglia (quasi 20 volte in più rispetto al 2019).
Le norme ci sono. Diciamo che ci sarebbero. La Conferenza Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro a Ginevra nel giugno 2011 varò una Convenzione sul Lavoro Dignitoso per i lavoratori e le lavoratrici domestiche, ratificata dall’Italia nel dicembre 2012, dove il punto che c’interessa approfondire è relativo alla sicurezza dell’ambiente lavorativo. I lavoratori domestici sono spesso considerati come cittadini di seconda classe. I casi di abusi dei lavoratori domestici sono quotidiani e colpiscono in particolare le donne immigrate. Un semplice taglio può risultare invalidante e portare al licenziamento del lavoratore non assistito dalla legge. Il problema, come sempre, è chi verifica che siano rispettate le norme economiche e quelle di sicurezza. E su questo punto è ancora lunga la strada da fare per garantire a chi lavora in questo settore i diritti per combattere contro basse remunerazioni, turni lunghissimi e assenza di tutele.