Dalla grande distribuzione al mercato equo e solidale. Anche per contrastare le agromafie
di Alessandra Montesanto
Iniziamo il nostro percorso da Sedriano (nell’hinterland ad ovest di Milano), primo comune sciolto per mafia perchè il responsabile di un vivaio aveva deciso di assumere ragazzi – italiani e stranieri – con l’accordo di pagarli poco in busta (in nero, quindi) e niente in forma legale. Questo significa che il responsabile del vivaio dichiarava di averli assunti regolarmente, ma non era così. Per fortuna qualcuno lo ha denunciato e questo ha permesso di scoprire un grande giro legato alle agromafie in cui erano coinvolti molti altri vivai della zona.
In Franciacorta troviamo l’agromafia legata alla raccolta dell’uva, nella zona di Brescia, legata alla produzione della vendita dei meloni, delle arance, delle angurie; stiamo parlando di grande distribuzione.
Cosa possono fare i cittadini, quindi? Se vogliamo fare una spesa consapevole, se organizziamo una festa oppure una qualche altra attività possiamo acquistare i prodotti che provengono dalle cooperative, rivolgendoci, quindi, alla piccola distribuzione dove è certo che le persone vi lavorano in regola e i prodotti sono genuini. La cooperativa Madre terra è una di queste: viene aperta perchè, a Zinasco, “Una casa anche per te” (l’associazione per la Giustizia sociale con sede a Cisliano) ha dei terreni e i ragazzi qualche tempo fa, prima di partire per la Puglia con Don Mapelli, piantano dei pomodori e mentre si trovano lì muoiono dei braccianti proprio nella raccolta dei pomodori (lo stesso vale per alcune realtà in Campania, Calabria, Sicilia…Stiamo parlando di caporalato che sfrutta le persone più deboli); i ragazzi di Zinasco restano colpiti da questa situazione e, quando rientrano dalla vacanza, vanno a controllare se i loro pomodori sono cresciuti. Sono cresciuti, e così decidono di aprire e di lavorare nella cooperativa Madre terra per essere sicuri che chi ci lavora non debba perdere la vita.
Una delle poche botteghe equo-solidali del territorio della provincia ovest di Milano che resiste all’illegalità è Terra e cielo.
L’ultimo bambino che ha lavorato in una solfatara, in Sicilia, ha smesso di lavorarci nel 1976: in Sicilia era uso per i bambini essere venduti ai proprietari delle solfatare per essere impiegati nelle miniere a cavare lo zolfo con conseguenti gravi problemi per la loro salute. Lo sfruttamento, quindi, non è un fatto attuale, ma risale a molto tempo fa.
Fare “cooperativa” significa “stare insieme per condividere”: la cooperazione è una delle prime forme del mondo del lavoro per poter dare agli operai uno spazio di visibilità e, in Italia, le cooperative sono stimolate dalla nostra Costituzione perchè il socio lavoratore della cooperativa agisce in nome e per conto della cooperativa stessa e fa anche il proprio interesse: più cresce, infatti, la cooperativa e più il socio lavoratore acquisice dei benefici. “Equo e solidale” significa che il prodotto che viene acquistato da chi fa parte del circuito del commercio equo viene retribuito al giusto prezzo: equità nel pagare le cose che produco.
Facciamo, invece, l’esempio delle banane: sono prodotti che non vengono dal nostro Paese, ma da Paesi in via di sviluppo con una forte componente di sfruttamento dei lavoratori. Dove ci sono le grandi aziende che coltivano banane, nelle piantagioni vengono, inoltre, utilizzati i fitofarmaci spruzzati tramite gli aerei. I campesiños, i lavoratori del bananeto in America latina, sono chiamati a coprire con fogli di plastica i caschi di banane. Dopo qualche giorno, i teli vengono tolti e lavati per essere riciclati, ma in questo modo il veleno viene irrorato sulle piante e anche trasmesso a tutto il territorio in modo indistinto, inquinando la falda acquifera e mettendo, ancora una volta, in pericolo la salute dei cittadini.
Caffè e cacao richiedono coltivazioni intensive e in alcuni luoghi dove il caffè è di qualità maggiore(nella zona andina, ad esempio) non è possibile avere impianti di irrigazione a causa del territorio impervio e quindi quel caffè produce di meno; gli imprenditori, quindi, modificano geneticamente le piante in modo da farle produrre di più. L’aumento della produzione, però, comporta da una parte anche un maggiore consumo di acqua in un territorio, in montagna, dove è difficile trasportarla e dall’altra la penalizzazione dei piccoli produttori locali. Quando i piccoli coltivatori raccolgono i loro pochi chicchi, li portano al commerciante che li paga quello che lui stesso decide perchè il piccolo coltivatore non ha potere di trattativa. Il mondo equo solidale cerca di garantire, al contrario, un’equità nel comprare un prodotto e cerca la componente “solidale”: garantisce al piccolo coltivatore locale che per quindici anni comprerà il suo caffè, al prezzo che secondo il coltivatore è giusto con lo scopo di permettere al coltivatore e alla sua famiglia un tenore di vita dignitoso. I progetti equo solidali sono progetti fattibili perchè riguardano piccoli importi per periodi medio-lunghi e, quindi, possono essere facilmente implementati. Nei Paesi in via di sviluppo sono state create tante cooperative, di piccoli produttori che, a loro volta e col tempo, si sono uniti e si rivolgono al Mercato, conferendogli delle quantità tali da negoziare il prezzo e, in particolare, il mondo dell’equo solidale ha scelto il canale del “biologico”: quasi tutte le coltivazioni sono biologiche (il più grande produttore al mondo di cacao è l’Africa!).
La cooperativa Terra e cielo, nata nel 2000 a Gaggiano, non produce, ma propone i prodotti di altre cooperative: al commercio equo e solidale internazionale si è aggiunto quello italiano costituito da realtà che vendono prodotti coltivati su terreni confiscati alle mafie oppure che vendono tramite il consorzio Libera terra: conferiscono i prodotti di questi terreni, Libera terra provvede a farli lavorare, crea il packaging (l’immagine del marketing) e poi li rivende. E’ anche vero però che il grande distributore compra un prodotto equo, ad esempio da Altromercato, con il 25% di sconto e lo rimette sul Mercato ancora con il 25% di sconto, questo va a colpire le cooperative come Terra e cielo che non si possono permettere di presentare lo stesso prodotto agli acquirenti con uno sconto così alto. Gli acquirenti, quindi, andranno ad acquistare il prodotto presso Esselunga e non presso le cooperative.
Il circuito equo-solidale aiuta anche l’economia carceraria: in molte carceri italiane sono sorte delle cooperative che favoriscono il lavoro dei detenuti. Il risultato è un forte abbassamento della recidiva, ovvero della ripetizione del reato una volta che il detenuto è rientrato in società e questo è uno dei motivi per cui chi delinque e non viene reinserito, rischia di rientrare a far parte delle maglie della criminalità. Le cooperative nascono proprio per dare una opportunità di lavoro onesto, di autonomia ai detenuti e agli ex detenuti.
Carcere di Pozzuoli: il più grande istituto di pena femminile italiano. Qui è nata una piccola cooperativa chiamata Le lazzarelle, composta da donne che fanno un ottimo caffè: prendono cinque tipi di chicchi diversi, li miscelano e li fanno tostare a un vecchio torrefatore napoletano che si è messo a disposizione del carcere. Il caffè grezzo viene acquistato da una cooperativa che a sua volta lo importa da uno dei Paesi in via di sviluppo: un giro enorme che riconduce alla libertà. Questo gruppo di una quindicina di donne detenute hanno una prospettiva per il futuro. Il Comune di Napoli ha, infatti, dato loro uno spazio per aprire un bistrot di pasticceria, caffetteria e di piccoli rinfreschi.
Un altro esempio: il carcere minorile di Palermo, Malaspina. I ragazzi fanno i biscotti e, in questo modo, diventano manovalanza sottratta alla mafia. Così come il carcere di Verbania, con la cooperativa Banda bassotti; ad Agrigento con Dolci e libertà; con la pasticceria Giotto del carcere di Padova…La cooperativa Terra e cielo aiuta queste realtà a diventare sempre più importanti.
E’ utile affermare il concetto di com-partecipazione: coinvolgiamoci tutte e tutti, prima tramite la riflessione e l’osservazione della realtà e poi tramite le scelte che compiamo nel nostro quotidiano. Facciamolo. Almeno questo.
Grazie a “Una casa anche per te” e a Libera Masseria di Cisliano (MI).