Sopralluogo in Albania: le peculiari dinamiche migratorie di un paese chiave nella rotta balcanica
(da asgi.it)
Articolo di presentazione del sopralluogo giuridico in Albania condotto da soci ASGI coinvolti nel progetto Medea insieme a operatori ed avvocati appartenenti alla rete Network dei Porti Adriatici. Si tratta di una prima analisi descrittiva di quanto emerso in attesa della produzione di un report contenente il resoconto dettagliato dell’esperienza e specifici approfondimenti.
Dal 19 al 27 giugno 2021 un gruppo di operatori legali e avvocati hanno effettuato un sopralluogo in Albania. Oltre a soci ASGI erano presenti componenti dell’associazione Lungo la Rotta Balcanica e dell’associazione S.O.S. Diritti di Venezia che, insieme ad ASGI, fanno parte del Network Porti Adriatici. L’idea di effettuare un sopralluogo in Albania è nata, infatti, da un confronto iniziato all’interno del Progetto Medea di ASGI e proseguito con le altre realtà facenti parte del Network, oltre che con attivisti di altre organizzazioni. I monitoraggi svolti nelle aree di confine e nei Paesi attraversati da flussi migratori costituiscono importanti occasioni di comprensione della realtà.
Se la Bosnia ed Erzegovina è una delle tappe della c.d. Rotta Balcanica che ha avuto, almeno nel corso degli ultimi anni, un importante rilievo mediatico anche a causa delle condizioni di degrado che i migranti si trovano ad affrontare, l’Albania è stata in questo senso molto meno attenzionata. Sebbene il contesto albanese sia molto differente da quello bosniaco o serbo, l’osservazione di quanto accade in Albania assume, per varie ragioni, una notevole importanza. Come dimostra lo stesso l’interesse di EASO che è prossima all’apertura di un ufficio nel Paese, l’Albania, è infatti diventata negli ultimi anni uno dei paesi di transito per i migranti provenienti dalla Grecia e diretti nei Paesi dell’area balcanica prima e nell’Europa Occidentale dopo, nonchè un paese da cui un numero significativo di migranti cerca di raggiunge le coste italiane sia attraverso i traghetti di linea sia con piccole imbarcazioni, rivestendo dunque un ruolo di crescente interesse nelle dinamiche migratorie nei Balcani Occidentali. Non solo. L’Albania è stato il primo paese terzo a dare ufficialmente il via, dopo un accordo siglato nell’ottobre 2018 con l’Agenzia europea per la guardia di frontiera e costiera, ad un’operazione congiunta che prevede la presenza di personale dell’Agenzia con poteri esecutivi sul proprio territorio. Al tempo stesso l’Albania, nonostante i rilevanti cambiamenti intervenuti negli ultimi anni e il processo di avvicinamento all’UE, resta una terra di emigrazione, ancora legata a doppio filo a dinamiche migratorie che interessano molti Paesi dell’Unione Europea. In particolare, gli aspetti che si è ritenuto approfondire durante il sopralluogo hanno riguardato:
- La costante ascesa dei numeri legati ai flussi migratori in transito nel paese (che risultano comunque inferiori rispetto ad altri paesi quali la Macedonia del Nord, Serbia e Bosnia);
- La presenza e il consolidamento delle operazioni di Frontex nelle aree di frontiera con la Grecia e il Montenegro;
- La conoscenza che la società civile ha del ruolo del paese nelle dinamiche migratorie in ingresso, transito ed uscita;
- La normativa vigente, il sistema di accoglienza e la conoscenza degli enti e delle ong attive ed operanti nel Paese a tutela dei diritti dei migranti e richiedenti protezione internazionale.
Il sopralluogo ha consentito al gruppo di lavoro di esplorare buona parte del paese, soffermandosi in particolare sui luoghi più sensibili in riferimento agli ingressi e alle partenze delle persone in movimento. Oltre, alla capitale Tirana, dove sono stati svolti incontri istituzionali (UNHCR, Caritas Albania, l’Ufficio dell’Avvocato del Popolo e RMSA –Refugee and Migrant Service in Albania), la missione si è concentrata sulle aree di confine con la Grecia (Gjirokaster e Korca) e il Montenegro (Scutari) – dove sono attive le squadre di Frontex – e sui porti di Durazzo e Valona.
Se la visita della capitale è stata interessante, oltre che per gli incontri istituzionali, anche per la visita del centro di accoglienza dei richiedenti asilo nel quartiere di Babbru, il sopralluogo ai porti di Durazzo e Valona ci ha permesso di entrare in contatto con alcuni cittadini stranieri in transito. In generale, le interviste condotte sono state preziose per avere un riscontro diretto non solo delle difficoltà che le persone in movimento incontrano nel tentare di raggiungere le coste italiane, ma anche per cominciare a comprendere le dinamiche di attraversamento in ingresso delle frontiere. Estremamente interessante si è rivelato l’incontro avuto con un funzionario della polizia di frontiera di Durazzo che ha illustrato in concreto l’operatività della polizia di frontiera, confermando il respingimento di cittadini stranieri ai porti adriatici italiani e offrendo importante informazioni riguardo all’attuazione degli accordi di riammissione e di polizia. I cittadini stranieri fermati in posizione irregolare in prossimità di zone di frontiera che, soggetti alle procedure di identificazione risultano essere stati già fotosegnalati al confine greco-albanese, vengono infatti ricondotti dalla polizia a tale punto di confine ed invitati a rientrare in territorio greco.
La tappa a Korca e al relativo valico di frontiera di Kapstiche ha permesso di osservare il centro di transito edificato da OIM nel 2017, una struttura composta da una serie di container e caratterizzata da una massiccia presenza sia di forze di polizia e sicurezza albanesi sia di autovetture di Frontex. L’area di Korca e i piccoli paesi situati in prossimità della frontiera greca, tra cui la piccola località di Trestenik che abbiamo raggiunto proprio per avvicinarci il più possibile alla linea di confine, sono da sempre caratterizzati da flussi afferenti a quella che viene definita da Frontex la rotta circolare dall’Albania alla Grecia.
La città di Gjirokaster, seconda tappa del nostro viaggio, ed in particolare il valico di Kakavia (distante circa 30 km dalla città) costituisce la principale via di accesso all’Albania dalla Grecia e ospita un ufficio dell’agenzia Frontex. A differenza di quanto riscontrato a Kapshtice, dove il centro di transito è collocato nelle immediate vicinanze della frontiera, qui il centro di identificazione e accoglienza è collocato nella località di Gerhot piuttosto distante dalla frontiera e posto alla periferia opposta del centro abitato. Il centro, molto simile a quello presente al valico di Kapstiche e costituito da una serie di container in un’area delimitata da una rete molto alta e filo spinato, è ubicato all’interno di una discarica di auto in rottamazione.
Le tappe a Korce e Gjirokaster, si sono rivelate molto interessanti anche per gli incontri tenuti con i presidi di Caritas Albania, operativi nelle due aree.
La città di Valona è stata interessata da una brevissima visita; l’accesso all’area portuale, possibile con qualche accorgimento a Durazzo, è praticamente impossibile a Valona in ragione di rigidi controlli all’ingresso e aree delimitate da alte barriere. Dai primi riscontri avuti i flussi in partenza da Valona e dall’area più a sud, sono caratterizzati da un maggiore controllo da parte della criminalità organizzata che rende difficile reperire informazioni dalla popolazione locale.
Sulla base delle informazioni raccolte, si è infine deciso di proseguire il sopralluogo con una visita del confine settentrionale raggiungendo la città di Scutari situata nel nord dell’Albania al confine con il Montenegro. A differenza che negli altri luoghi visitati, nel caso di Scutari, le persone respinte o intercettate nei pressi delle frontiere di Hani Hotit e Muriqan (al confine con il Montenegro) e Kukes (al confine col Kosovo) vengono temporaneamente collocate in una struttura, nata per accogliere i profughi della guerra in Kosovo, attualmente e parzialmente convertita in a centro di accoglienza e di identificazione gestito da Caritas Albania. Oltre alla città di Scutari e al centro di accoglienza, è stato possibile recarsi a Lezhe, luogo di transito per raggiungere i confini settentrionali, e nelle zone di confine Muriqan e Hani Hotit, interessate da flussi migratori in uscita, da conseguenti respingimenti da parte delle guardie di confine montenegrine e di agenti di Frontex e da un controllo del territorio da parte delle forze di polizia albanesi alle quali la nostra presenza non è sfuggita.
Il sopralluogo ha consentito anche la raccolta di numerose e significative informazioni attraverso una serie di incontri formali ed informali con diversi attori coinvolti a diverso titolo nel sistema di gestione delle frontiere e della migrazione in Albania. Gli incontri con le associazioni e rappresentanti della società civile (Caritas Italiana, Caritas Albania Fondazione Emmanuel, medici e altri) sono stati estremamente funzionali per comprendere sia le dinamiche che le modalità e i ruoli con le quali le operazioni di pre-screening alle frontiere vengono effettuate e per trovare conferma a numerose criticità legate alla tutela di diritti fondamentali delle persone in transito. Abbiamo potuto inoltre constatare un atteggiamento di grande soggezione nei confronti delle organizzazioni e dei soggetti istituzionali che sono ai vertici apicali del sistema amministrativo. Questo è soprattutto emerso durante i colloqui con i diversi uffici territoriali di Caritas Albania che operano presso i valichi di frontiera, i quali hanno fornito spesso informazioni parziali e contraddittorie, evitando di evidenziare criticità relative all’operato di altri attori coinvolti.
Lungi dall’essere una esperienza conclusa, il sopralluogo ci ha consentito di acquisire primi elementi di conoscenza essenziali per comprendere alcune dinamiche, l’evoluzione delle rotte, il ruolo di Frontex nell’area e soprattutto ha suscitato l’interesse a sviluppare successivi approfondimenti sia di carattere giuridico che, più in generale, di analisi del fenomeno migratorio importanti per future azioni del progetto.