Intervista a Massimo Maugeri, autore del romanzo “Il sangue della montagna”
di Alessandra Montesanto
Per gli abitanti del luogo l’Etna non è un vulcano, ma la Montagna. Marco Cersi, quarantasei anni, con la sua impresa specializzata nella realizzazione di prodotti in pietra lavica, tenta di rivalersi nei confronti di questa magmatica madre che gli ha segnato la vita. Paola Veltrami, vedova, quarantatré anni, è una docente universitaria di letteratura con il sogno di un modello economico più umano. Le loro vite si incrociano a causa della sparizione di un vecchio intagliatore di pietra lavica, amante della poesia: don Vito Terrazza.
Mentre una nuova eruzione aumenta la propria intensità devastatrice, Marco e Paola rimangono schiacciati dal peso di problematiche enormi: l’uno deve fare i conti con il proprio doloroso passato e i risvolti sempre più aspri della crisi; l’altra deve gestire il difficilissimo rapporto con la figlia. Sarà la Montagna, con il fluire incandescente del suo sangue, a segnare il passo in un arco temporale ampissimo che ci conduce fino all’anno 1886 per poi catapultarci nuovamente nei nostri giorni inquieti.
Associazione Per i Diritti umani ringrazia moltissimo Massimo Maugeri epr la disponibilità.
Un romanzo corposo in cui i personaggi sono ben delineati, le situazioni si incastonano una nell’altra con maestria, le riflessioni diventano universali: c’è voluto molto tempo per scriverlo. L’autore stesso è cambiato durante la stesura del testo?
Probabilmente sì, come immagino cambi ciascuno di noi quando prendiamo come riferimento un arco temporale piuttosto ampio. Più che altro, però, credo sia cambiato il mio rapporto con i personaggi di questo romanzo. Ti spiego…
Come sempre avviene, a mano a mano che la scrittura procede, lo spessore dei personaggi aumenta insieme alla loro caratterizzazione, al punto tale che – in un certo senso – cominciano a muoversi tra le pagine, e tra i meandri della storia, come se fossero dotati di vita propria. Ovviamente è sempre l’autore che tira le fila della trama e dirige i comportamenti dei personaggi. Quel che intendo dire è che a mano a mano che i personaggi crescono è come se l’autonomia decisionale dell’autore si riducesse e loro, i personaggi, divenissero meno “manovrabili” fino al punto in cui l’autore si ritrova – spesso con sorpresa – a dover prendere atto della nuova piega che sta prendendo la storia anche con riferimento al modo in cui i personaggi sono cresciuti, mutati nel tempo. Questo, a mio avviso, è l’aspetto più bello dell’attività di creazione letteraria.
Insomma, dopo tanti anni di lavoro ho avuto difficoltà a uscire dal mondo parallelo che si era generato intorno a “Il sangue della Montagna” e a lasciare i miei personaggi. Non mi era mai successo con gli altri miei libri. Non in maniera così spiccata, almeno…
Paola, una delle protagoniste, e poi altre donne insieme a lei, si occupano di Economia sociale, un’economia che rimette al centro l’essere umano: c’è una dura critica, quindi, al sistema capitalistico. Quali pratiche bisognerebbe adottare per cercare un equilibrio nella distribuzione di risorse e di ricchezze nelle società attuali?
Il sistema capitalistico non è riuscito a evitare che si generassero disuguaglianze molto forti, come del resto non hanno mancato di evidenziare economisti illuminati e illustri (Joseph Stiglitz in testa). E il pensiero che i mercati, da soli, siano in grado di creare, quasi automaticamente, una sorta di equilibrio è fallace. Paola Veltrami, la co-protagonista del romanzo, ne è assolutamente convinta. Pur essendo una docente di letteratura, ha una passione per gli studi economici. Anzi, forse è proprio questa duplice visuale di umanista letteraria (nota a livello internazionale) e studiosa di economia che le consente di avere una visione più ampia della problematica. Per farla breve, Paola sogna di contribuire alla creazione di un sistema economico più attento ai bisogni delle persone, meno “disumano”. Così crea un gruppo su Facebook che chiama “Economia Umana” e che negli anni, con sua stessa sorpresa, cresce a dismisura. Tornando alla tua domanda: quali pratiche bisognerebbe adottare per cercare un equilibrio nella distribuzione di risorse e di ricchezze nelle società attuali? Paola non ha una “ricetta”, ma la sua visione la spinge a creare connessioni tra tutti gli addetti ai lavori che credono in questo tipo di prospettiva e, contestualmente, a far crescere la consapevolezza della gente per ciò che concerne queste problematiche. In questo sistema economico, che crea disuguaglianze, ci siamo immersi tutti. Dunque stiamo parlando di qualcosa che riguarda tutti. La visione di “Economia Umana” di Paola Veltrami (da qualcuno tacciata di utopismo), parte da qui.
“Il sangue della Montagna” affonda nella realtà, ma si ammanta anche di realismo magico: quali sono gli autori a cui attinge per riportare nelle sue storie figure ultraterrene che “dialogano” con quelle ancora presenti? E qual è, oggi, il suo rapporto con la morte?
Sono un lettore onnivoro. Tuttavia, poiché questo mio libro è stato considerato come una sorta di romanzo-mondo, posso citare tre “opere-mondo” della grande letteratura internazionale che per me sono state fondamentali: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez, “Furore” di John Steinbeck e “Il museo dell’innocenza” di Orhan Pamuk. Sono tre libri bellissimi (che tutti dovrebbero leggere), di tre Premi Nobel della Letteratura (ciascuno di loro, per me, è stato punto di riferimento).
Per rispondere alla seconda parte della domanda, posso dire che il mio rapporto con la morte è piuttosto sereno e visto con l’ottica di una persona credente, sebbene la nostra società occidentale (sempre più di corsa e sempre più proiettata nella dimensione del fare a discapito di quella dell’essere), ci spinga a rigettare l’idea della fine o – comunque – ad accantonarla. Eppure, a ben pensarci, al di là del fatto di essere credenti oppure no, la finitezza del ciclo dell’esistenza consentirà a chi verrà dopo di noi di godere del dono della vita fruendo delle risorse limitate che può offrire questo nostro martoriato pianeta (sempre che non compromettiamo definitivamente l’habitat necessario per la sopravvivenza della nostra specie a causa dell’inquinamento e delle conseguenze sul cambiamento climatico: problema epocale e di primaria importanza). D’altra parte è stato così anche per noi che siamo succeduti ai nostri avi. Il concetto di immortalità terrena è incompatibile con le risorse naturali limitate che abbiamo l’obbligo di trasferire, preservandole, alle generazioni future.
Il filo conduttore delle vicende narrate dai personaggi (in prima o terza persona) è il tema della perdita: ognuno di loro perde una persona cara, un luogo dell’anima, un oggetto (transazionale), alcuni la propria vita, ma il finale suggerisce consolazione grazie al tempo ciclico del cosmo che si ripete continuamente: cosa può lasciare di sé una persona, come testamento etico, soprattutto alle generazioni future?
Credo di aver in parte risposto nel punto precedente. Qui posso aggiungere, anche con riferimento a quel che accade nel romanzo, che il testamento etico che possiamo lasciare deriva inevitabilmente dal pensiero e dalle azioni che caratterizzano la nostra esistenza. Ne “Il sangue della Montagna” un ruolo essenziale è giocato anche dalla scrittura (e non è un caso che questo romanzo sia stato definito, anche, “meta letterario”).
La Montagna: è femmina, è strega, è madre: molte sono le simbologie dell’Etna che via via si alternano nella narrazione. Quale la sua preferita?
I tre simboli indicati nella tua domanda sono strettamente connessi. Tra tutti, trovo più affascinante quello della “madre”, che – in un certo senso – riconduce alla natura e al concetto di creato.
Il rapporto con la Montagna, l’Etna, in questo romanzo è indagato da varie prospettive, ma si incentra soprattutto su due personaggi: da una parte, Marco Cersi, ossessionato dalla Montagna a causa di traumi subiti per via delle eruzioni e che, a suo modo, intraprende una sorta di battaglia contro il vulcano e contro le sue stesse ossessioni; dall’altra, don Vito Terrazza, vecchio intagliatore di pietra lavica e appassionato declamatore di versi poetici in dialetto, convinto che dentro la pietra vulcanica alberghino “entità” che aspettano di essere liberate.
Si nota una grande ricerca etnografica sulle tradizioni che riguardano la Sicilia, ma anche di altri popoli: i racconti, le leggende, i modi di dire… Ci può regalare un altro racconto che riguarda il culto dei morti o l’elaborazione del lutto?
Più che un altro racconto, ne approfitto per offrire uno stralcio del libro che è stato particolarmente apprezzato da diversi lettori e che dunque, per un motivo o per l’altro, immagino sia dotato di una certa incisività. Nel romanzo, a un certo punto, si parla di fantasmi. Non è ben chiaro se si tratta di fantasmi intesi in senso stretto, o se frutto di una sorta di disagio psicologico determinato dalle difficoltà che alcuni di questi personaggi si trovano a vivere. Saranno i lettori a decidere. Ecco lo stralcio: «I fantasmi esistono. E sono più numerosi delle stelle. Esistono all’ombra dei ricordi, tra le pieghe delle esperienze, nei dolori per le mancanze, sopra l’onda dei rimpianti. Si nascondono sotto il peso delle delusioni, tra i dubbi di un futuro nebuloso, dentro gli spasmi scatenati dalle nostre ansie, nelle emozioni suscitate da oggetti custoditi come reliquie. Vivono nelle storie inventate e in quelle reali. In quelle scritte e in quelle lette. Avrei voluto dirgli che spendiamo la nostra vita a generare fantasmi e che forse, una volta o l’altra, avremmo dovuto avere il coraggio di guardarli in faccia anziché relegarli ai margini della nostra visuale.»
Le piacciono molto le citazioni, vero?
Sì, ma piacciono molto di più a Paola Veltrami (che abbiamo già citato prima). Lei ha una vera e propria passione – forse dovremmo chiamarla “ossessione” – per le citazioni (d’altra parte questo romanzo riguarda anche le ossessioni). Le raccoglie in quaderni ed è pronta a utilizzarle nelle varie circostanze in cui si trova coinvolta. Questo insieme di citazioni costruisce una delle varie sottotrame che riconducono alla storia principale.
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