Categorie protette, anoressia e amore per la vita
Associazione Per i Diritti umani ha intervistato Maria Cristina Pizzuto e la ringrazia per la sua testimonianza.
A cura di Alessandra Montesanto
Sono nata a Milano e la mia infanzia l’ho trascorsa a Bresso (MI)
All’età di 13 anni la mia famiglia si è separata. Mio papà è rimasto a Bresso, (MI) mentre io e mio fratello di 10 anni in meno di me, siamo andati ad abitare a Gorgonzola (MI).
Ho frequentato lì tutte le superiori. Era un Liceo scientifico sperimentale ad indirizzo ambientale.
Ho fatto i primi 6 mesi di università alla Bicocca con facoltà di Geologia. Al secondo anno avrei potuto prendere l’indirizzo di geologia marina ma mi sono fermata molto prima perché avevo capito che non era quella la mia vera vocazione. Appena ho trovato lavoro sono uscita da scuola.
Ho scritto dalla terza media circa, in primis poesie poi mi sono dedicata sia a quelle che a scrivere racconti con modalità diverse di scrittura.
Attualmente abito a Fara Gera d’Adda (BG) e ho da poco un contratto di collaborazione occasionale con un’azienda di Energia Luce/Gas.
Fai parte delle cosiddette “categorie protette”: ci puoi spiegare in cosa consistono, se ci sono dei vantaggi oppure no nel farne parte e perchè tu ne faccia parte?
Sì certo. Io ne faccio parte perchè 4 anni fa mi sono ammalata e il mio fisico non può più fare alcuni movimenti ripetitivi e ha una bassissima resistenza allo sforzo. In realtà non è che appartenere alle Categorie Protette sia un grande privilegio. Questo vuol dire che hai un handicap e se questo non viene riconosciuto più del 75%, non ti spetta nessun aiuto economico. Come nel mio caso. Così devi cercare di sopravvivere come puoi visto che lo Stato non ti aiuta, come anche il collocamento mirato per la ricerca di un lavoro consono alle tue problematiche.
Insomma non è per niente vantaggioso ed è molto difficoltoso andare avanti, ma fortunatamente ho un buon carattere e non mi arrendo tanto facilmente. Ho sempre speranza in un futuro migliore, anche se so che dovrò fare fatica.
Ti occupi anche di scrittura. Perchè hai scelto questa forma di comunicazione, cos’è per te la scrittura?
In realtà è una passione che mi porto dietro da quando sono giovane ed è iniziato tutto come una forma di sfogo. Mettevo su carta tutte le emozioni e sensazioni provate. Poi andando avanti con gli anni sono cambiata e così anche il mio modo di vedere la scrittura. Volevo portare tramite i miei scritti un messaggio al mondo, seppur nascosto all’interno della trama del libro. E così ho fatto.
Parli di anoressia. E’ un’esperienza diretta? E, in caso, cosa vorresti consigliare sia a chi ne soffre sia a chi cerca di sostenere le persone affette da questa malattia?
Si, è un’esperienza che ho vissuto più o meno a 16 anni. E’ stata bruttissima: vivevo perennemente in un tormento interiore succube di emozioni confuse e contrastanti, persino con la mia indole. Mi stavo trasformando in qualcosa che non ero e non lo potevo permettere. Così ho deciso di uscire e ci sono riuscita, ma gran parte della mia forza la devo alla Fede in Dio e in Cristo. Il messaggio contenuto in questo libro “Boccioli di Rose: diario di un’anoressica” è fondamentalmente la speranza. Si può uscire da quel tunnel ma ci vuole una volontà sovrumana, ma si può, e come ce l’ho fatta io, che non sono nessuno, possono farcela anche tante altre persone.
Fatevi aiutare in qualsiasi modo, ma soprattutto dovete volerne uscire con tutte le vostre forze, se no risulterà sempre un fallimento che si perpetuerà nel tempo. E’ una malattia subdola, ma nel libro spiego come ho fatto ad uscirne, e mi sono permessa, in base alla mia esperienza, di dare consigli sia alle persone affette da questa malattia che ai famigliari.
Ci parli dell’Antropologia gnostica e del motivo per cui sei interessato a questa disciplina?
Sono sempre stata curiosa dell’universo, dell’uomo e dei meccanismi che regolano la vita. Questa curiosità mi ha spinto a frequentare questa disciplina, da cui però mi sono staccata dopo dieci anni di frequentazione. Il passo è stato fatto quando ho capito che questo corso andava a fomentare la mia superbia, il desiderio di voler essere qualcuno o di essere importante nella vita. Niente di più sbagliato perchè l’amore è puro altruismo e non ha un fine anche personale. E’ stata dura rendersene conto, ma quando ho compreso che stavo seguendo una strada sbagliata alla finalità del mio cuore, mi sono staccata.
Credi che si possa amare la vita, nonostante tutto?
Assolutamente si. Se si guarda la bellezza del mondo ci si rende conto di trovarsi all’interno di un meccanismo regolatore talmente complesso da far rimanere stupefatti. Dalla perfezione della corolla di un fiore, a quella di un essere vivente in carne e ossa. La vita stessa è un miracolo e solo per questo dovrebbe andare rispettata. Poi noi esseri umani, con i nostri egoismi, roviniamo ciò che c’è stato donato, e le nostre debolezze non ci permettono di vivere una vita serena. Ma dovremmo cominciare a capire che siamo solo noi che possiamo decidere come vivere questa vita, perchè la società è una costruzione dell’uomo, e solo l’uomo, con le sue scelte, la può modificare.
La vita non è brutta, siamo noi con i nostri capricci o con ciò che non accettiamo la rendiamo tale, ma la realtà oggettiva è che è estremamente semplice. Una volta che i tuoi occhi percepiscono questa semplicità non puoi che rimanere meravigliato della sua bellezza anche se siamo circondati dalle tenebre.