Appello all’UE: ripristinare i diritti e i valori alle frontiere d’Europa
Crisi Bielorussia-UE: la dichiarazione delle associazioni. Persone usate come strumento di un conflitto securitario che sta causando di immense sofferenze e che ha portato alla morte di almeno dieci persone.
Associazione Per i Diritti umani sostiene e divulga l’appello.
Come società civile europea e organizzazioni specializzate che si occupano di asilo, migrazione, assistenza umanitaria e diritti umani, siamo scioccati dal perdurare della crisi umanitaria ai confini tra l’UE e la Bielorussia, la quale è causa di immense sofferenze e ha portato alla morte di almeno dieci persone. Nel condannare a pieno le azioni del governo della Bielorussia, sollecitiamo una risposta da parte dell’UE, degli Stati membri dell’UE e di tutte le organizzazioni europee e internazionali competenti che sia in linea con gli obblighi giuridici europei e internazionali e con gli standard minimi di dignità condivisi.
Le persone al centro della crisi sono strumentalizzate all’interno del conflitto di natura securitaria tra l’UE e la Bielorussia, ma queste persone non sono di per sé una minaccia alla sicurezza, e non dovrebbero essere considerate né trattate da entrambe le parti come se fossero un’arma. In realtà, tutte le testimonianze suggeriscono la presenza molti gruppi altamente vulnerabili tra le persone coinvolte in questi eventi, tra cui donne incinte, famiglie con bambini piccoli e persone anziane o ferite. Tra loro c’è chi è fuggito da guerra e persecuzioni dalla Siria, dallo Yemen, dall’Afghanistan e dall’Iraq, e chi, in assenza di percorsi sicuri e legali, non aveva alternative per raggiungere in luogo sicuro. Segnaliamo anche che, nonostante le gravi tensioni esistenti tra gli Stati coinvolti, la situazione, come per molte altre alle frontiere dell’UE, è gestibile e dovrebbe essere affrontata con uno sguardo in prospettiva. A livello globale, tanti paesi in situazioni molto precarie affrontano contesti complessi di sfollamento, con dimensioni geopolitiche e di sicurezza e che coinvolgono un numero nettamente superiore di persone. Ciò di cui c’è bisogno è una risposta chiara che includa una ferma difesa del diritto d’asilo e del diritto europeo e internazionale. Proponiamo quindi le seguenti risposte che interessano i vari elementi della crisi:
Garantire l’accesso al diritto d’asilo alle frontiere
Secondo il diritto comunitario e internazionale, chiunque cerchi asilo alle frontiere, indipendentemente dal modo in cui è arrivato, ha il diritto di presentare una domanda d’asilo. L’accesso all’asilo in Polonia, Lituania e Lettonia dovrebbe essere immediatamente ripristinato sia nella sua forma giuridica che in quella pratica. Ciò significa che tutte le misure volte ad impedire alle persone di accedere al territorio dell’UE e di presentare una domanda di asilo devono cessare. Questo include l’ostacolare il raggiungimento del territorio dell’UE, anche mediante l’uso della forza e di istruzioni date alle guardie di frontiera di condurre respingimenti, impedendo quindi di presentare la domanda di asilo limitando l’effettivo accesso alla procedura mediante restrizioni geografiche su dove possono essere presentate le richieste, e mediante i tentativi di derogare alla legislazione sull’asilo e alle misure di tutela contro il refoulement.
Garantire l’accesso umanitario
A breve termine, è essenziale che gli Stati coinvolti garantiscano l’accesso umanitario alle persone colpite, in modo tale che le organizzazioni umanitarie possano raggiungerle e prestare assistenza. Il fatto che gli Stati membri dell’UE impediscano la fornitura di assistenza salvavita alle persone, alcune delle quali estremamente vulnerabili, è deplorevole e irresponsabile. Inoltre, rischia di avere implicazioni negative per l’accesso umanitario in contesti di sfollamento al di fuori dell’UE e mina il ruolo dell’UE come attore umanitario credibile. Se la situazione di stallo dovesse continuare, la decisione di evacuare immediatamente le persone dalla regione di confine negli Stati membri dell’UE, anche avvalendosi delle offerte già ricevute da parte della società civile, delle città e dei gruppi religiosi per accoglierle, è un’opzione che potrebbe evitare ulteriori perdite di vite umane. In parallelo, gli Stati membri dell’UE dovrebbero discutere e concordare accordi di ricollocazione ad hoc. Trasportare le persone in paesi terzi per il procedimento di asilo, come è stato proposto, è illegale secondo il diritto internazionale e comunitario, e politicamente non realizzabile.
Abrogare la legislazione interna non conforme
La situazione alla frontiera esterna ha determinato delle modifiche alla legislazione nazionale in materia di asilo. Come dimostra l’analisi giuridica della legislazione adottata in Lituania, Polonia e Lettonia, alcuni cambiamenti legislativi sono incompatibili con l’acquis dell’UE in materia di asilo, i trattati UE, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale. In Lituania, i cambiamenti mirano a limitare l’accesso all’asilo, a sopprimere le misure di tutela per le persone in situazioni vulnerabili, a permettere la detenzione automatica, a limitare l’accesso a un rimedio legale efficace e a ridurre l’accesso alle misure di accoglienza.
Nel caso della Polonia, la nuova legislazione si pone in diretta violazione del principio di non refoulement, consentendo l’allontanamento delle persone dalla Polonia anche dopo che abbiano fatto domanda di protezione internazionale e senza un esame individuale per verificare se l’allontanamento porterà a una violazione dei loro diritti umani. In Lettonia, i cambiamenti legislativi precludono alle persone che attraversano il confine la possibilità di chiedere asilo, il che significa che il diritto di chiedere asilo e il principio di non refoulement non sono rispettati. Sebbene alcuni degli emendamenti siano – in teoria – temporanei e la loro applicazione limitata geograficamente, essi rischiano comunque di istituzionalizzare una pratica illegale. Chiedere asilo è un diritto fondamentale e il non refoulement è un principio inderogabile che deve essere osservato anche in tempi di emergenza. La Commissione europea deve dare seguito alla sua richiesta rivolta agli Stati membri di rimuovere gli aspetti della legislazione che violano il diritto comunitario. Il rispetto del diritto dell’UE dovrebbe essere una condizione di base per ottenere il sostegno dell’UE. Se gli Stati membri si rifiutano di rispettare il diritto comunitario e internazionale, devono essere prese in considerazione misure di disciplinari e di infrazione.
Contrastare la repressione della società civile, dei media e degli operatori legali
La situazione alle frontiere dell’UE ha provocato tentativi da parte degli Stati membri di intimidire e reprimere la società civile, i media e gli operatori legali che cercano di intervenire nel rispetto delle loro funzioni professionali. Le attività volte a fornire assistenza umanitaria e legale alle persone alla frontiera non devono essere criminalizzate. Vietare l’accesso alle zone di confine alla società civile e ai giornalisti non solo lascia le persone senza alcun sostegno, ma ha anche ripercussioni sul lavoro della società civile indipendente e dei media al di fuori dell’Europa. È essenziale che la situazione nella zona di confine sia monitorata da attori indipendenti per garantire il rispetto del diritto europeo e internazionale. Gli atti di violenza devono essere condannati e indagati.
Porre gli standard dei diritti umani e la trasparenza al centro della cooperazione con i paesi terzi
Attualmente, l’UE sta cercando in modo proattivo accordi con paesi terzi sia per fermare le persone che arrivano alla frontiera dell’UE, sia per rimpatriare i propri cittadini. Bisogna assicurarsi che qualsiasi accordo con paesi terzi, come l’Iraq, la Turchia o il Libano, sia in linea con le norme internazionali sui diritti umani, a partire dal diritto di lasciare il proprio paese e dagli obblighi di non refoulement. Per assicurare il controllo democratico sugli accordi dell’UE con i paesi terzi, il contenuto di qualsiasi accordo dovrebbe essere reso pubblico, e il Parlamento europeo dovrebbe avere un ruolo significativo nel monitoraggio degli accordi. Anche il monitoraggio indipendente e il sostegno alle persone rimpatriate dovrebbero essere garantiti.
L’UE e i suoi Stati membri devono far fronte alla crisi al confine in conformità con i loro obblighi legali internazionali e comunitari. L’attuale quadro politico e giuridico, se applicato, fornisce tutti gli elementi per gestire questa situazione nel rispetto dei diritti, in maniera calma e ben gestita. Siamo allarmati nel sentire che si stanno elaborando proposte che potrebbero consentire deroghe ingiustificabili al diritto comunitario e internazionale.