Promozione teatrale per i nostri lettori. Moby Dick alla prova di Orson Welles
Per le nostre lettrici e i nostri lettori il prezzo del biglietto è di 16,50 (invece di 33,00)
Tute le info per prenotare sono in calce.
11 gennaio > 6 febbraio | sala Shakespeare
Moby Dick alla prova
di Orson Welles
adattato – prevalentemente in versi sciolti – dal romanzo di Herman Melville
traduzione Cristina Viti
uno spettacolo di Elio De Capitani
costumi Ferdinando Bruni
musiche dal vivo Mario Arcari, direzione del coro Francesca Breschi
maschere Marco Bonadei, luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco
con Elio De Capitani
e Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari
una coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
prima nazionale
Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Gigi Dall’Aglio.
Elio De Capitani porta in scena un testo teatrale finora sconosciuto ai nostri palcoscenici, Moby Dick alla prova, scritto (oltre che diretto e interpretato) da Orson Welles. Questa nuova produzione (che vede collaborare il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, dopo il bel successo messo a segno con Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte) è stata allestita e messa in prova nell’inverno 2020/21, ma non ha potuto essere presentata al pubblico. Il lavoro arriva a compimento nella stagione ‘21/22, con il debutto in prima nazionale l’11 gennaio sul palcoscenico dell’Elfo Puccini di Milano e le repliche al Teatro Carignano di Torino (8/20 febbraio).
NOTE DEL REGISTA: Welles e Melville.
Una duratura e magnifica ossessione quella di Welles per Moby-Dick. E finalmente il 16 giugno 1955, al Duke of York’s Theatre di Londra, va in scena per lottare personalmente con le sue balene bianche: Melville, il palco vuoto e la sala piena di spettatori. È un successo strepitoso per Welles: «questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato».
Eppure al pubblico non dà né mare, né balene né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in tre ruoli: è Achab, ma è anche Re Lear ed è un impresario teatrale che convince la sua compagnia ad allontanarsi da Shakespeare e a seguirlo in una nuova avventura. Soprattutto al pubblico dà il suo testo, su cui ha lavorato per mesi, trovando appunto una via indiretta per affrontare la sfida di mettere in scena il romanzo: passare per Re Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear che la vita, atroce maestra, infine redimerà all’ostinazione irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Achab.
Il blank verse – per noi splendidamente tradotto dalla poetessa Cristina Viti, milanese di nascita ma londinese d’adozione – restituisce con forza d’immagini la prosa del romanzo, trasformando rapidamente l’iniziale entrare e uscire dal personaggio, che il capocomico Welles e i suoi attori fanno come ogni compagnia in prova, in una travolgente e intensa rappresentazione dello scontro, titanico e insensato, tra uomo e natura.
Oltre alla traduzione, un secondo potente motore di questa nostra versione del capolavoro di Welles (la prima in Italia) è una ciurma d’attori più che pronti alla sfida: un cast che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo, nel quale anche molti dei giovani hanno un curriculum ricco di prestigiosi premi; in pieno lockdown, con la vita ferma fuori dalle mura del teatro, in una bolla all’Elfo Puccini di Milano, gli attori, i musicisti e le maestranze hanno trovato l’assoluta concentrazione nella difficoltà del momento e le prove sono diventate un ritiro totalizzante.
Terzo importante elemento dello spettacolo è la musica, che abita intensamente e dal vivo la scena (sia nel canto che strumentale), portentosa magia generatrice di emozioni profonde.
Ed è stato così che il capodoglio bianco ha preso anche la nostra vita. Da quando abbiamo iniziato a portare sulla scena il Moby Dick alla prova di Orson Welles, la duplice natura del grande mammifero marino ci tormenta.
ACHAB Ma io, in quella bestia, io vedo forza oltraggiosa, imperscrutabile malvagità; è questo, questo imperscrutabile che io più odio, e che il capodoglio bianco ne sia agente o mandante sarà quell’odio che io gli infliggerò!
Non mi parlate di infamia o di bestemmia: io colpirei anche il sole se lui osasse insultarmi!
Il controcanto a quest’odio iperumano è un brano che abbiamo ritrovato nel cuore del romanzo di Melville e che si è posato nel cuore nostra versione scenica:
Dicono che spesso, da che più feroce e spietata si è fatta la caccia, le balene in enormi branchi solchino gli oceani per darsi l’un l’altra protezione e assistenza. […] se vi inoltrerete fino al cuore del branco dove giungono attutiti il clamore e lo spumeggiare delle onde, lì la distesa del mare vi apparirà come una levigata tela di raso […] Lì femmine e cuccioli giocano innocenti, pieni di gioia e senza timore o diffidenza alcuna. E se il vostro sguardo si spinge giù, giù, in quella trasparente profondità, lì in quelle caverne d’acqua vi appariranno le sagome delle balene che danno il latte e di quelle prossime a partorire. E come i neonati umani quando poppano puntano il loro sguardo tranquillo e fisso lontano dal seno, come se si nutrissero ancora di qualche loro memoria ultraterrena, così i piccoli di quelle balene vi guarderanno, ma non voi veramente, come se al loro occhio tranquillo voi non foste che un pezzetto di alga nel golfo.
Achab, come Kurtz in Cuore di tenebra, per devastare la natura, soggioga i suoi simili e ne fa strumento del suo odio, con estrema facilità.
ACHAB Compito agevole, dopotutto… La mia unica ruota dentata sa mettere in moto i loro diversi meccanismi… ed eccoli tutti in moto…
Vitalismo rapace, prepotentemente – ma non esclusivamente – occidentale, che rappresenta quella parte d’umanità che ci porta al disastro, al gorgo mortale che inghiotte la Pequod. Siamo alla sesta estinzione di massa, siamo al riscaldamento globale, siamo sull’orlo del baratro e continuiamo a correre. Generando odiatori meno mitici ma altrettanto ferali di Achab. Riascoltando le cronache del G8 di Genova venti anni dopo, impressiona la follia repressiva che offese i corpi, segnò le menti e colpì le idee di quell’imponente movimento trasversale che aveva, semplicemente, a cuore il destino del pianeta e dei popoli.
Diciamolo: Moby-Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita.
Elio De Capitani, 20 luglio 2021
TEATRO ELFO PUCCINI, sala Shakespeare, corso Buenos Aires 33, Milano– Durata: 2 ore 20 – Mart/sab. ore 20.30; dom. ore 16.00 – Prezzi: intero € 33 / rid. giovani e anziani €17,50 / online da € 16,50 – Info e prenotazione: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org