Una campagna per la legge sulla cittadinanza
Dalla *Rete per la Cittadinanza*, formata da attivist* che vogliono cambiare l’attuale legge sulla cittadinanza.
Lo scorso luglio abbiamo lanciato la campagna *_Dalla parte giusta della storia_* e quest’anno proseguiamo le azioni per stimolare un pensiero critico e ottenere una riforma al più presto.
*Il prossimo 5 febbraio l’attuale legge compirà 30 anni* e ancora rimane intatta causando ingiustizie, discriminazioni e cittadini di serie B. Come Rete vorremmo coinvolgere cittadine e cittadini nella prossima azione online, che fa parte di una campagna di mobilitazione digitale più ampia. Vogliamo infatti spingere le Istituzioni a prendere un impegno serio (come se fosse una relazione amorosa non corrisposta) con tutte le persone che ad oggi non sono riconosciute cittadine italiane, sugellando infine un “matrimonio” simbolico.
La prima azione sarà online e abbiamo bisogno del vostro sostegno: per sensibilizzare i vostri followers sul tema, vi invitiamo a *condividere* sui vostri profili un post/storia con due foto che ritraggano voi o i vostri genitori 30 anni fa (nel 1992) e oggi (2022), sottolineando il cambiamento sociale avvenuto negli ultimi 30 anni, mentre nessun passo avanti è stato fatto sull’attuale legge.
Siamo profondamente convint* che un vostro supporto nella diffusione della campagna o una semplice condivisione dei contenuti porterebbe un contributo prezioso per dar voce ai tanti e tante Italian* senza cittadinanza.
Qui trovate il sito della nostra Rete, per conoscerci meglio: www.dallapartegiustadellastoria.it
Se volete schierarvi “dalla parte giusta della storia” e partecipare alla campagna, potete contattarci ai seguenti contatti. Vi daremo tutte le info nel dettaglio per agire insieme il 5 febbraio!
• mail:riformacittadinanza@gmail.com
La campagna
Ogni periodo storico è attraversato da forti dibattiti e contrapposizioni quando si tratta di allargare i beneficiari dei diritti percepiti come fondamentali con un forte peso ideologico. Non soltanto quando si tratta di ampliare a destinatari percepiti come esterni al territorio ma anche tra membri riconosciuti della collettività.
In Italia più di un milione di persone nate da genitori stranieri, cresciute e attive nel tessuto sociale italiano, vivono senza un riconoscimento formale della loro appartenenza allo stato italiano. L’attuale legge per la cittadinanza Legge nº 91 del 1992, regola l’acquisizione della cittadinanza italiana è quello dello ius sanguinis. In base ad esso, è italiano chi ha almeno un genitore italiano, a prescindere da dove sia nato. Questa legge non rispecchia più l’attuale società italiana, tiene in ostaggio vite e opportunità per il nostro paese.
Perché scegliere di essere “Dalla Parte Giusta Della Storia:
Per difendere i propri diritti in quanto donne, lavoratori/lavoratrici, giovani, comunità LGBTQA+ e così via, occorre innanzitutto essere riconosciute come cittadine e cittadini e esercitare il potere di tradurre il dissenso in voto. I cittadini di origine straniera, pur vivendo queste intersezioni, non incidono sull’agenda politica poiché possono scegliere la propria rappresentanza e far sì che la propria voce abbia un peso.
Scegliamo di mobilitarci ancora una volta per i diritti di tutte e di tutti. Scegliamo di essere dalla parte giusta della storia e sensibilizzare l’opinione pubblica all’urgenza che rappresenta questa riforma, vogliamo portare la politica a parlarne senza anteporre bisogni personali e dati non fattuali.
IUS ELIGENDI – DIRITTO DI SCEGLIERE
I quattro criteri intorno ai quali deve essere strutturata la riforma della cittadinanza
La cittadinanza è un istituto fondamentale dello Stato: circoscrive l’insieme dei membri della società che hanno pieni diritti e possono pienamente influire sulle scelte politiche che riguardano la propria vita, il proprio territorio, la società.
Dal 5 febbraio 1992 – giorno dell’approvazione della legge sulla cittadinanza attualmente in vigore – ci separano quasi ventinove anni. Da quel momento la nostra società è fortemente cambiata in numerosi aspetti, dovuti anche alla mobilità delle persone attraverso i confini. Il censimento del 1991 registrò la presenza di 356.159 cittadini stranieri residenti. Oggi, invece, i cittadini di origine straniera residenti in Italia sono 5 milioni e 382 mila. Le comunità che abitano i nostri territori sono arricchite da complessità culturali e biografiche che le rendono più varie, ricche e plurali. Alla luce di questa trasformazione strutturale, la legge n. 91 del 1992
appare radicalmente anacronistica.
Chi, figlio di genitori stranieri, nasce, cresce e vive stabilmente in Italia, è sottoposto a una normativa ea prassi amministrative inique, arbitrarie, escludenti. Il diritto di scelta è disatteso.
Il risultato è la sistematica e generalizzata difficoltà di accesso al riconoscimento della cittadinanza che determina la condizione di stranieri nel paese nel quale si è nati o cresciuti.
Il dibattito sulla possibile riforma della cittadinanza è un’occasione per mettere in evidenza tutti i limiti dell’attuale normativa. Alla luce della pluralità dei percorsi personali e della complessa condizione delle nuove generazioni, è indispensabile riformare la legge della
cittadinanza in modo che siano riconosciute pari opportunità per chi, a vario titolo, ha un background migratorio.
È indispensabile che la normativa prenda atto dell’evoluzione culturale, sociale e demografica della popolazione residente in Italia. L’iter parlamentare in corso, che potrebbe condurre a un disegno di legge che possa ridefinire la normativa sulla cittadinanza, è l’occasione giusta per mettere radicalmente in discussione la logica attuale dell’istituto e promuovere un’idea nuova di cittadinanza, finalmente inclusiva, aperta, accessibile. È quindi necessario approvare una nuova legge sulla cittadinanza.
Questa, però, non è una legge qualsiasi. Sono in gioco diritti essenziali e l’appartenenza stessa alla comunità politica e, con essi, le biografie di milioni di persone. Non è sufficiente immaginare di approvare una qualsiasi legge: la definizione dei possibili nuovi criteri per acquisire la cittadinanza è un passaggio delicatissimo, atteso da moltissime persone, e ha direttamente a che fare con la qualità della democrazia e con le condizioni materiali di vita.
Quella sulla cittadinanza, infatti, è una normativa peculiare: ridefinisce i confini dell’appartenenza all’ordinamento giuridico e la dialettica tra inclusione ed esclusione. È necessario che la nuova legge sia all’altezza delle aspettative delle donne, degli uomini, delle bambine e dei bambini formalmente esclusi dai criteri attuali. È indispensabile che sia adeguata alle caratteristiche dell’Italia di oggi, in vista dell’Italia di domani: interculturale, inclusiva, solidale.
È una riforma allo stesso tempo indispensabile e delicata: posizionarsi pro o contro la legge a prescindere dal suo contenuto specifico è un approccio ideologico da rifiutare. È urgente un’inversione di tendenza rispetto gli ultimi 30 anni. La cittadinanza non deve più essere la fabbrica della differenza ma può contribuire all’immaginazione e alla costruzione di una società più aperta ed eguale.
I quattro criteri fondamentali che verranno descritti in seguito costituiscono l’architrave per una buona legge sulla cittadinanza. Non si ha l’obiettivo di produrre un elenco onnicomprensivo di tutte le disposizioni che dovrebbero essere previste nella nuova normativa: sono numerose e richiedono un grado di approfondimento che non è possibile restituire in questa sede.
Viceversa, si fornisce, in maniera sintetica, qual è il contenuto minimo a partire dal quale può essere valutata la qualità della possibile nuova legge sulla cittadinanza.
I QUATTRO CRITERI FONDAMENTALI PER UN CAMBIAMENTO SIGNIFICATIVO
DIRITTO DI CITTADINANZA PER CHI NASCE IN ITALIA
È necessario prevedere che sia cittadino italiano chi, figlio di genitori stranieri, nasce nel territorio della Repubblica. Inoltre, è opportuno prevedere che lo sia anche chi nasce nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia, senza
ulteriori requisiti. Queste due previsioni consentono di ricondurre la cittadinanza in una dimensione territoriale. La prima ipotesi può rappresentare una forma di ius soli potenzialmente adeguato alle caratteristiche dell’Italia odierna, la seconda consentirebbe
l’emersione dalla marginalità per molti cittadini stranieri – ad esempio di origine rom – privi di cittadinanza (e a volte di titolo di soggiorno) nonostante siano nei fatti italiani anche da tre generazioni.
Appare opportuno, in relazione alla prima ipotesi descritta, evitare che ad esempio si preveda che ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana i genitori debbano avere la titolarità del permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti o il possesso del reddito
funzionale al suo rilascio. In particolare appare opportuno non introdurre requisiti che abbiano a che fare con le condizioni economiche dei genitori dei bambini che nascono in Italia. Sarebbe un’inaccettabile discriminazioni, ancor più ingiusta in un contesto di crisi
economica.
È necessario che il diritto alla cittadinanza per nascita sul suolo italiano non sia soggetto a scadenze ma che, al contrario, possa poter essere esercitato in qualsiasi momento
DIRITTO DI CITTADINANZA PER CHI CRESCE IN ITALIA
È necessario prevedere delle modalità specifiche di riconoscimento della cittadinanza per chi, non essendo nato in Italia, cresce nel nostro paese. Il cd. ius soli, infatti, non può essere l’unico canale di riconoscimento per i minori stranieri. Allo stato attuale, infatti, chi arriva in Italia da minore non ha alcuna possibilità di riconoscimento della cittadinanza al di là degli
angusti canali della cd. naturalizzazione.
Il riconoscimento della cittadinanza può essere ricollegato – trattandosi di minori soggetti all’obbligo scolastico – alla frequenza di un corso di istruzione primaria, secondaria di primo grado, secondaria superiore o di un percorso di istruzione e formazione professionale.
È indispensabile che sia certificata la frequenza e non il conseguimento di un titolo: sarebbe doppiamente ingiusto discriminare chi, a vario titolo, incontra ostacoli nel suo percorso di formazione e configurerebbe un complessivo travisamento del ruolo degli insegnanti che si troverebbero a decidere sul riconoscimento di un diritto così determinante. In aggiunta, è indispensabile tenere presente che gli studenti con background migratorio, alla luce dei dati forniti dal MIUR, sono maggiormente esposti a fenomeni come il ritardo e l’abbandono scolastico: sarebbe un’ingiusta punizione proprio nei confronti di chi avrebbe bisogno di
sostegno e inclusione.
È necessario che le previsioni di riconoscimento fondate sulla frequenza di un ciclo di studio non siano le uniche a disposizione di chi cresce in Italia. È opportuno prevedere forme di riconoscimento per chi arriva da minore in Italia, legate alla permanenza sul territorio
italiano…
DIRITTO DI CITTADINANZA PER CHI VIVE STABILMENTE IN ITALIA
È necessario ridisegnare l’istituto dell’acquisto della cittadinanza in ragione della stabile residenza in Italia – la cd. naturalizzazione. Attualmente la cd. naturalizzazione ha natura premiale: viene certificato, attraverso discutibili criteri, il buon esito del percorso di inclusione intrapreso dal cittadino straniero. È indispensabile ribaltare la logica: è necessario prevedere criteri significativamente più accessibili in quanto l’acquisizione della cittadinanza più che un premio deve essere intesa come un incentivo per favorire l’inclusione socio-lavorativa e la partecipazione alla vita politica e sociale.
Attualmente il tempo ordinario di residenza legale per tale riconoscimento è, per gli stranieri non comunitari, di dieci anni, ai quali vanno aggiunti i tre anni dell’iter procedurale che, nei fatti, sono anche considerevolmente più lunghi. È una tempistica assolutamente incongrua: deve essere significativamente ridotta. Quanto al criterio del reddito, non si può fare a meno di notare che finisce per configurare un’ingiusta discriminazione nei confronti di chi non possiede un lavoro adeguato a conseguire le cifre richieste. Si tratta di una previsione che non favorisce l’emersione dalla ricattabilità di chi è esposto al costante rinnovo del permesso di soggiorno e, in ragione di ciò, è più vulnerabile nel mercato del lavoro.
Anche il requisito della residenza continuativa è escludente: punisce chi, spesso senza alcuna colpa, non ha continuità nell’iscrizione anagrafica. Appare opportuno che la presenza sul territorio italiano possa anche essere certificata con documentazione di altro tipo (a titolo di esempio: certificazioni scolastiche e formative, contratti di lavoro, documentazione sanitario, ecc).
Una revisione significativa dei criteri di riconoscimento della cittadinanza per chi vive stabilmente in Italia può configurare il diritto ad ottenere la cittadinanza del posto dove si abita stabilmente: si tratterebbe di un significativo cambio di paradigma. È una prospettiva
convincente, che sostanzia un’idea di cittadinanza che si congeda dai privilegi attuali e che consente (anche) a chi ha un background migratorio di esercitare il diritto al territorio e alla partecipazione civica
PROCEDURE PIÙ RAPIDE, CRITERI CERTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Il conseguimento della cittadinanza italiana può essere rappresentato, allo stato attuale, come una lunghissima e iniqua corsa ad ostacoli. I 36 mesi configurati dall’ultimo intervento del legislatore non rappresentano una mediazione accettabile. In aggiunta, la pubblica amministrazione ha allo stato attuale ampio potere discrezionale. La qualità delle procedure
è un fondamentale indicatore della qualità della democrazia: in quest’ottica la riforma della cittadinanza non può che definire procedure significativamente diverse da quelle attualmente in vigore.
Innanzitutto è necessario fare in modo che il percorso giuridico verso la cittadinanza sia concepito, per tutte le ipotesi, come un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, con tutte le garanzie ad esso associate. È necessario arginare la discrezionalità della pubblica
amministrazione, disciplinando per legge i requisiti previsti.
Quanto ai tempi, è necessario ragionare su due linee di intervento. È necessario introdurre il criterio del silenzio-assenso per fare in modo che l’eventuale mancata risposta della pubblica amministrazione determini l’esito positivo della domanda. Tale disposizione può
indubbiamente prevenire l’inerzia della pubblica amministrazione. Con riferimento alla specifica durata del procedimento, è necessario ridurre – in maniera significativa e sostanziale – i 36 mesi attualmente configurati.
In ogni caso, appare indispensabile che ai fini del conseguimento della cittadinanza da parte del figlio di colui che ottiene la cittadinanza italiana sia rilevante la minore età al momento della presentazione della domanda, anche qualora tale figlio nel corso dell’iter di esame della domanda dovesse diventare maggiorenne.
Per quanto riguarda il costo dell’inoltro della domanda – innalzato a 250 euro dalla legge 132/18 -, anch’esso nei fatti determina una selezione in ragione delle disponibilità economiche del potenziale cittadino italiano. Bisogna considerevolmente abbassare tale
previsione.
Infine – ma è un aspetto determinante – è assolutamente indispensabile prevedere una disciplina transitoria: è necessario che venga riconosciuta la cittadinanza italiana a coloro che al momento dell’entrata in vigore della legge abbiano maturato i requisiti previsti nella
nuova disciplina.
Appunti finali: un’idea diversa di cittadinanza per un’idea diversa di società Quanto esposto non è un elenco onnicomprensivo delle previsioni che dovrebbero essere contenute nella nuova legge sulla cittadinanza. Ci sono disposizioni ugualmente importanti
che per necessità di sintesi non sono trattate in questa sede.
In ogni caso, i quattro criteri fondamentali, se posti al centro dell’auspicabile riforma, possono essere in grado di definire una nuova politica della cittadinanza: questo fondamentale istituto può essere ridisegnato e può assumere finalmente un volto non escludente e discriminante.
Se questo non dovesse avvenire in questa fase politica, il tema è destinato a riemergere costantemente, finché la legislazione non sia allineata con la composizione della società e i nuovi soggetti di diritto: le trasformazioni in corso richiedono un’inevitabile presa d’atto e un conseguente riconoscimento giuridico.
Questo istituto è stato storicamente modellato e rimodellato sulla base delle spinte che si muovono dal basso e nella mutata composizione della popolazione. In questa fondamentale fase storica e politica è opportuno affermare, in ogni sede utile, un’idea dinamica, non statica e in costante divenire della cittadinanza. Abbiamo bisogno di un istituto dalla natura espansiva, capace di tendere verso l’uguaglianza e l’universalizzazione dei diritti.
È necessario, in ultimo, tenere a mente che il diritto può avere un ruolo performativo: la disparità nei diritti genera la percezione dell’altro come diseguale, la parità dei diritti contribuisce a una percezione diffusa di uguaglianza tra pari.