Il bene confiscato diventa un progetto di housing sociale
di Alessandra Montesanto
Dal 20 al 23 ottobre scorso si è svolto, a Milano, il “Festival dei beni confiscati alla mafia”; una manifestazione importante per capire e far conoscere la diffusione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. La possiamo vedere in due modi, questa diffusione: il bicchiere mezzo vuoto riguarda la presenza della mafia sul nostro territorio. Il bicchiere mezzo pieno riguarda il fatto che lo Stato vince spesso e proprio questi beni confiscati sono la dimostrazione di una vittoria.
La legge dei beni confiscati nasce nel 1982, dopo l’omicidio del Generale Dalla Chiesa e dopo la morte di Pio La Torre, nel mese di settembre; il Parlamento approva questa proposta di legge che prevedeva l’introduzione nel codice penale del reato di associazione mafiosa secondo cui la mafia viene affrontata non più come una serie di singoli reati (furto, estorsione, spaccio), ma come qualcosa con la propria identità, per cui l’associazione mafiosa in sé diventa un reato. Inoltre, viene proposto e poi introdotto il sequestro e la confisca dei beni perchè la mafia si combatte non solo con la repressione, con gli arresti, ma anche colpendola nel patrimonio. Come funziona questa legge? Una persona indiziata di associazione mafiosa, indiziata non condannata, che abbia un patrimonio di cui non può dimostrare la liceità di acquisizione rischia la confisca; la confisca non aspetta la conclusione del processo penale, ma può essere fatta qualora una persona sia indiziata e al tempo stesso abbia un patrimonio incompatibile col suo reddito, ovvero un nullatenente, uno che ha un reddito basso di fronte a un patrimonio ingiustificabile può perdere il patrimonio grazie a questo meccanismo. Una legge rivoluzionaria che adesso all’estero stanno osservando per cercare di riprodurla.
Dall’ 82 al ’96, in quei 14 anni sono stati sequestrati 1200 beni. Un magistrato del pool antimafia, insieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, aggiunge alla legge di confisca anche la possibilità di riassegnare i beni per una finalità sociale. Contemporaneamente sul territorio italiano nasce Libera con Don Ciotti, grazie a una raccolta di firme straordinaria per sostenere questa legge firmata anche dall’allora deputato Piersanti Mattarella. Dal 1996, quindi, i beni confiscati possono anche essere riconsegnati alla società per finalità sociali e da allora ad oggi c’è stata un’impennata: i beni confiscati sono 36.000 in Italia di cui 135 i beni confiscati attualmente in carico direttamente al Comune di Milano; qualcuno è stato messo in affitto perché non c’erano le condizioni per assegnarli come housing sociale gratuito.
Nella zona di Milano nord-est, in Via Mosso al numero civico 4, una traversa di Via Padova – una delle aree più multiculturali e vivaci della città – c’è un bene confiscato che da molto tempo si trova in condizioni di abbandono anche perché è un bene che richiedeva un certo investimento per sistemarlo. Il Municipio milanese ha colto al volo un’opportunità che è arrivata l’anno scorso grazie ai fondi europei del PNRR e lo ha candidato per una ristrutturazione che sarà terminata entro, se non prima, il 2026; diventerà un condominio con alloggi per 25 persone, in particolare famiglie con minori che vivono in una condizione di emergenza abitativa; piccole stanze, componibili e modulari realizzate in base alla composizione del nucleo e delle sue esigenze, per avere una risposta all’emergenza abitativa. Proprio di fronte all’edificio si erge un punto di comunità che è nato da alcuni mesi, un luogo di socializzazione, di promozione culturale, di inserimento lavorativo, di presa in carico, anche del bisogno e averlo così vicino può essere un punto di riferimento anche per chi andrà a vivere lì e viceversa.
La ristrutturazione dell’abitato di Via Mosso è un investimento abbastanza importante perché prevede oltre un milione di euro; la struttura è composta da tre corpi di fabbrica, cioè quello principale, che è a tre piani e poi i due corpi più piccoli che diventeranno locali di servizio. L’idea è quella di riqualificare tutto nell’insieme, ovviamente in modo attento anche riguardo alla parte estetica e ambientale (ad esempio con l’uso del fotovoltaico): si cercherà di offrire un luogo di accoglienza dignitoso per persone che vivono in una condizione difficile anche con con minori a carico così che quello che è stato il frutto di un crimine adesso diventa invece qualcosa che risponde a una missione sociale. Interessante anche ricordare che, sulla facciata dell’immobile che si vede da Via Padova è stato dipinto, anni fa, un murales realizzato con vernice che assorbe lo smog: ciò significa che, seppur in una condizione di abbandono, c’era già l’interesse da parte dei cittadini e degli abitanti del quartiere di dare un segnale di attenzione.
Sempre rimanendo in zona Via Padova, c’è un altro spazio derivante da un bene confiscato: il Belnet (“Bello pulito” in dialetto meneghino) dove prima c’era una lavanderia che nascondeva una storia di traffici e di usura e che è stato assegnato a una cooperativa; oggi viene utilizzato dal quartiere per tantissime attività di socializzazione e di inclusione. E’ anche vero però che, ad esempio, nella zona di Lecco – alta Brianza, in Lombardia – i beni confiscati vengono raccontati come un monumento di una cosa che “c’era una volta”, ora non più; non è affatto così, purtroppo. La mafia c’è ancora, ha cambiato modalità, ma esiste. E si può sconfiggere, ma un dato certo è che durante i mesi della pandemia sono stati registrati ben 14.000 passaggi societari, acquisizioni di quote societarie, dato assolutamente anomalo per una fase di fermo assoluto di tutto: il dato rappresenta l’acquisizione a buon mercato di società da parte della mafia che usa tali acquisizioni per avere accesso a contributi statali.
Il festival serve proprio a raccontare la presenza e la forza delle mafie, anche se non mettono le bombe, anche se non fanno più le stragi, ma agiscono diversamente e in maniera più subdola. Ma, ripetiamo, si può e si deve sconfiggere. E la confisca è uno degli strumenti più importanti ed efficaci dello Stato.