“America latina. Diritti negati”. Tre aggiornamenti dall’America latina
di Tini Codazzi
Brasile
È già notizia il fatto dell’invasione dei “Bolsonaristi” radicali alle sedi dei tre poteri dello Stato Brasiliano
domenica 8 gennaio. Oggi si ricordano le parole che Isabella Kalil, studiosa di politica di destra brasiliana
diceva a dicembre: affermava che i simpatizzanti di Bolsonaro si stavano preparando per creare il caos e
che erano in un processo di radicalizzazione. Questo era abbastanza chiaro vedendo le proteste avvenute
successivamente alla vittoria di Lula a novembre scorso e che abbiamo raccontato in questa sede
nell’articolo “America latina-i diritti negati. Brasile oggi”. Secondo la Kalil domenica 8 hanno inviato un
chiaro messaggio al paese e al Presidente: hanno dimostrato che si possono organizzare senza l’aiuto
diretto delle istituzioni o dei leader politici. L’estrema destra vuole dare filo da torcere a Lula, di questo non
c’è dubbio. Forze di sicurezza nazionale e membri delle forze armate potrebbero essere simpatizzanti di
questi gruppi estremisti in appoggio a Bolsonaro. Un fatto pericoloso, una grande sfida per la Presidenza
attuale, l’effetto valanga nel tanto ricercato equilibrio della politica brasiliana. In un certo senso, vedendo
quelle immagini di Brasilia ci siamo ricordati del triste episodio a Washington, guarda caso, esattamente
due giorni prima, ma nel 2021.
Oggi si cerca di riparare i danni, di sistemare le finestre rotte, gli uffici rovinati, smantellare la rete di
organizzazione dell’assalto e arrestare i presunti responsabili. Arrivano notizie di future proteste e si
rafforza sempre di più la sicurezza nazionale. Questa storia è appena iniziata, direi che dopo la vittoria di
Lula per i “Bolsonaristi” è un working progress.
Perù
Altre manifestazioni e di conseguenza altra forte repressione mercoledì 11 nella città precolombiana di
Cusco (un morto e più di trenta feriti) a causa del malcontento che c’è intorno alla destituzione e
detenzione del ex presidente Pedro Castillo avvenuta a dicembre. L’onda di manifestazioni si è fermata per
le festività, ma dopo capodanno hanno ripreso il suo corso. I manifestanti esigono la rinuncia della nuova
Presidente, la chiusura del Congresso e diversi cambi nella Costituzione.
Dopo due processi di destituzione contro il presidente Castillo, condotti dal Congresso, (in cui si tentava di
dichiarare la permanente incapacità morale), il mandatario, in vista della terza sfiducia, parla alla nazione e
annuncia la dissoluzione del Congresso e l’intervenzione dei massimi poteri del paese. In poche parole: un
autogolpe, non riuscito ovviamente. Una parte della sua cartella di ministri rinuncia e il Congresso vota per
la destituzione e la sua posteriore detenzione. In questo momento è in attesa di processo. Il popolo non ci
sta, così come non ci è mai stato. Perù ha una storia incredibile di frammentazione politica e una forte
frattura nella Costituzione perché esiste un articolo che permette molto facilmente che il Congresso possa
annullare le facoltà presidenziali. Per cui, negli ultimi tempi: sei presidenti in quattro anni. Non c’è stabilità,
né ora né prima, se ricordiamo il triste episodio di Alberto Fujimori. Cosa succederà? La nuova Presidente
potrà portare un po’ di equilibrio in un paese che da anni vive nello sbilanciamento più totale? Anche
questa situazione è in working progress.
Venezuela
Una nazione in cui l’opposizione politica è un continuo e costante working progress deludente, inaffidabile
e disorganizzato. È per questa ragione che dopo 23 anni ancora non sono stati capaci di organizzarsi per
smantellare la narco tirannia che ha messo in ginocchio tutto il sistema politico, economico e sociale del
Venezuela. Parlare di crisi umanitaria, di Nicolás Maduro, di dittatura, di crisi politica, di crisi sanitaria e via
dicendo, ormai è diventata la normalità, per la diaspora venezuelana sparsa nei 5 continenti e per chi ci vive
dentro e ci fa i conti tutti i giorni.
L’ultima speranza si è ormai sgretolata. Aveva il nome di Juan Guaidó che, a gennaio del 2019, guidava il
governo ad interim con tre obbiettivi: sospensione dell’usurpazione, governo di transizione e elezioni
libere. Tutto molto democratico in un paese in cui la democrazia era scomparsa da 20 anni. Quel governo
ricevette il riconoscimento degli Stati Uniti, della maggior parte dei paesi latinoamericani ed europei.
Inoltre, permesse di accedere a importanti risorse economiche all’estero che altrimenti sarebbero state
prese dalla narco dittatura per finanziare narcotraffico, vendita di armi, ecc. Sembrava l’inizio della fine, la
luce in fondo al tunnel e invece no. Dopo più di tre anni, possiamo dire che Guaidó non è mai stato un vero
lider e l’opposizione non è mai riuscita a rimuovere di un centimetro Maduro, nemmeno a convocare
elezioni libere né, men che meno, a esercitare un reale potere dentro del Venezuela. Gli analisti affermano
che la mancanza di strategie chiare, i tentativi disorganizzati per far cadere Maduro e gli immancabili
scandali di corruzione interna hanno macchiato definitivamente questa presidenza parallela.
Ebbene, questo governo della speranza è arrivato al capolinea. A dicembre, il Parlamento ha votato per la
sua eliminazione con 72 voti a favore, 29 contro e 8 astenuti (dei quali tanti ex parlamentari
dell’opposizione). D’altro canto, Nicolás Maduro è riuscito a superare il suo peggior momento, a lui non
cambia niente questa decisione del Parlamento, perché la verità è che per lui non è mai cambiato niente.
Con o senza governo ad interim, Maduro è stato saldamente al governo, probabilmente ha anche
consolidato la sua politica autoritaria e sta riuscendo nel tentativo di camuffare definitivamente, agli occhi
del mondo, la sua dittatura per una democrazia sociale, cosa che il suo maestro Hugo Chávez era riuscito a
fare. Confondere le acque è una strategia molto usuale in America Latina in ambito politico.
Che ne sarà di questi tre paesi nel 2023? Hanno iniziato l’anno con i botti, direi scaduti, e non si prospetta
una situazione serena. I lavori in corso continueranno senz’altro. Dovremmo capire come.