“LibriLiberi”. Doppio fondo
I desaparecidos insegnano ancora
di Alessandra Montesanto
Nel 2004, all’inizio dell’estate, viene trovato un corpo al largo di Turballe, un tranquillo villaggio di pescatori in Bretagna. Muriel è una giornalista del quotidiano locale e inizia a prendere informazioni per coprire la notizia, notizia che la porterà molto lontano. Parallalelamente, infatti, in Argentina, si dipana la vicenda di una donna dai molti nomi: Marie, Soledad, Juana.
Muriel, affiancata da una signora anziana Genèviev, da un giovane uomo, Marcèl e via via da altri, tra cui il capo della Polizia del villaggio, con passione e tenacia, introduce anche il lettore nella ricerca dell’identità del cadavere emerso e nelle pieghe della Storia recente che ha visto in azione una delle dittature più brutali del ‘900: quella dei governi di destra in America latina.
Tutto questo viene raccontato nel romanzo-inchiesta intitolato “Doppio fondo” di Elsa Osorio, che in Argentina ha ottenuto per questo lavoro il Premio Nazionale di Letteratura, edito in Italia da Guanda.
Molti i sentimenti che nascono e crescono in chi legge, man mano che affiorano i dati, i nomi, le violenze (fisiche e psicologiche) perpetrate e subite da persone che, in quegli anni, per chi lottava su parti opposte della barricata; chi lottava per un Paese, l’Argentina, libro e democratico e chi, invece, per sete di Potere e di denaro. Siamo tra il 1976 e il 1978, ma la dittatura civile-militare argentina durò fino al 1983 e l’ombra lunga dell’orrore arriva fino a noi.
L’autrice, anche di sceneggiature cinematografiche, non insiste sui particolari più crudi riguardanti le torture nei confronti dei militanti dei gruppi oppositori (i Montoneros, in particolare), ma in un lungo racconto segue ogni indizio da una parte per capire chi sia la donna (perchè si tratta di una donna) ritrovata a Turballe e, dall’altra, per intrecciare la sua morte alla Guerra sporca argentina.
Tanti i nomi, verificati e verificabili perchè reali, tanti i luoghi: da Emilio Eduardo Massera a Licio Gelli, dall’ ESMA (il famigerato centro di detenzione dei prigionieri) all’Eliseo, per non tralasciare il ruolo della Chiesa, molte le informazioni documentate che creano un climax ascendente e avvolgono la storia di misteri e indignazione.
Molti i nomi anche della scomparsa: Marie-Soledad-Juana e molte le sue identità: da combattente, a spia interna, ma sempre e soprattutto madre. Matìas è suo figlio, oggi giovane uomo, che a soli tre anni è stato imprigionato insieme a sua mamma, inconsapevole di ciò che i carnefici le avevavo; riescono a fuggire, ma le loro strade si dovranno separare.
Muriel e i suoi “colleghi” investigatori, grazie alla penna delicata e precisa allo stesso tempo della Osorio, e grazie anche alla struttura, quasi filmica, del testo complessivo – tra flashback, corripondenza, la voce dei personaggi a volte interna e altre esterna, un montaggio alternato che ci accompagna tra Presente e Passato – riesce a portare a termine la ricerca, squarciando il velo di omertà, di ipocrisia (che ha coinvolto anche molte cittadine e cittadini, non solo le istituzioni), di paura steso sugli ultimi cinquant’anni della Storia di una parte del nostro mondo, non solo con l’intento di portare a galla la Memoria, ma per lanciare un allarme, ancora del tutto attuale, sul pericolo che vengano aboliti i diritti umani, le libertà fondamentali per ciascuno di noi, se orientati al Bene comune.
Ma il romanzo non è solo questo – che è già tantissimo – è anche la narrazione di emozioni universali: la rabbia per l’abbandono, il perdono alla luce della cosapevolezza, il coraggio per la verità e la Giustizia. E poi l’Amore, forse quello più autentico: quello di una madre per un figlio e di un figlio per la propria genitrice. E questo fa di ogni desaparecido, un essere umano, non un numero, ma una persona in carne e ossa, uomo o donna che sia.
“Del resto queste righe non pretendono di colmare un vuoto incolmabile ma solo di intessere una piccola rete di ricordi a cui spero aggiungerai i tuoi, per immaginarci in tutta quella vita che avrebbe potuto essere e non è stata”.
“Juana non vuole che le ricordi quanto puzza la morte. Né quanto puzza la paura. L’odore della paura serpeggia per i muri, rende l’aria irrespirabile, è più forte della sporcizia, degli stracci macchiati, più forte di tutto”.
“…Ero dovuta andar via per non vivere una situazione vergognosa, per darti una madre rispettabile”.