“Stay human. Africa”. HIV: dati incoraggianti
di Filippo Cinquemani
Il primo dicembre è la giornata mondiale per la lotta contro l’HIV, ma questo è solo uno dei motivi che mi porta a parlare di questo virus.
E’ ancora viva l’attenzione su questo tema? La situazione in Africa è immutata? L’Iss riferisce che quest’anno, in Italia, tra gli over 50, la quota delle diagnosi tardive (con una situazione immunitaria compromessa) arriva all’80%. Alla luce del dato appena fornito, non possiamo di certo affermare che colpisca solo ragazzi disattenti e disinformati.
L’Africa, però è ancora il Paese più colpito dalla pandemia di HIV.
L’origine del virus non è del tutto chiara. Ha compiuto un salto di specie dai primati all’uomo e secondo alcuni epidemiologi si è inizialmente diffusa, nei primi del ‘900, nelle metropoli coloniali africane come il Congo, a seguito dei processi di inurbamento e di concentrazione della popolazione.
La scarsa resistenza dell’HIV rende poco accreditata l’ipotesi secondo cui l’uso di siringhe non sterili abbia contribuito alla diffusione del virus.
E’ decisamente più probabile che ci sia una correlazione tra i piani di aggiustamento strutturale imposti dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale e la pandemia. I piani di aggiustamento già citati, infatti, portarono al collasso dei sistemi sanitari, all’impoverimento della popolazione e conseguentemente al fatto che molte donne per sopravvivere si trovarono costrette a
mercificare il proprio corpo.
Che dire però della situazione attuale? Alcuni Paesi come Botswana, Ruanda, Eswatini, Tanzania, e Zimbabwe hanno attuato politiche efficaci nel contenere i contagi e curare i malati di Aids. Si è raggiunto il cosidetto “95-95-95”: il 95% delle persone che vivono con il virus è consapevole del proprio stato, il 95% di queste persone è in trattamento antiretrovirale e il 95% di coloro che sono in trattamento ha carica virale non rilevabile (e perciò non trasmissibile). Altri 16 Paesi , di cui otto in Africa sub-sahariana, regione in cui vive una buona parte delle persone HIV positive del mondo, sono sulla buona strada raggiungere questo obiettivo.
I programmi di sensibilizzazione dei Paesi africani “virtuosi” sono basati sulle comunità e non stigmatizzano le popolazioni più a rischio, come omosessuali, sex-worker o tossicodipendenti. I governi di questi Paesi hanno pensato a programmi che affrontano le disuguaglianze e forniscono finanziamenti adeguati.
Tornando nel nostro Paese, segnalo l’associazione con cui sono venuto in contatto per sapere di più sul virus, si tratta di ASA. L’associazione non fornisce solo informazioni, ma svolge una serie di attività di sensibilizzazione e supporto. Ecco il sito: asamilano30.org