Giorgia e l’abilismo “messo in musica”
di Filippo Cinquemani
Una delle piacevoli sorprese di Diversinsieme di quest’anno è Giorgia Meneghesso che intervistiamo oggi:
nata l’8 ottobre del 1978, vive in provincia di Varese. È laureata in Lingue e letterature Straniere all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dopo due master in Traduzione Letteraria e scientifico- tecnologica, avendo una disabilità motoria derivata dall’Osteogenesi Imperfetta, si è sempre occupata di attivismo per i diritti delle persone con disabilità, ben prima che di queste cose se ne parlasse sui social e che il termine abilismo si conoscesse anche in Italia.
Rappresentante regionale di As.It.O.I (Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta), si occupa di attività di informazione sulla patologia e collabora nella creazione di eventi, congressi medici, contatti con i pazienti, strutture ospedaliere, spettacoli di crowdfunding. Fa parte del Gruppo Donne Uildm (Unione Italiana Lotta alla distrofia Muscolare) e sempre in qualitá di attivista partecipa a festival e manifestazioni, dove oltre ad esibirsi come cantante, tiene speech sull’argomento disabilità e discriminazioni.
Ricordi quando hai deciso di fare musica?
È difficile spiegare da dove derivi una passione. È una cosa che ho sempre saputo di voler fare e sapere
fare bene. Fin da piccolissima quando mi veniva chiesto cosa avrei voluto fare da grande, rispondevo
sicura:” la cantante”. Per me era ovvio anche da ragazzina, passare molto tempo da sola per imparare i testi
delle canzoni, a cercare di capire, trascrivere e tradurre quelli in inglese, ascoltare, ripetere melodie e
consumare quelle che una volta erano le mitiche musicassette.
Diciamo che ho avuto la fortuna di vivere l’adolescenza negli anni 90’, che musicalmente sono stati una
bomba. Nel 1995 e nel 1997 sono usciti due album che hanno decisamente segnato i miei gusti musicali.
Rispettivamente Jagged little Pill di Alanis Morissette e Pipes and Flowers di Elisa. Due voci femminili
pazzesche che hanno cambiato il mio rapporto con la musica. Alanis con il suo modo di cantare nuovo,
diverso e sofferto ed Elisa, la prima cantante italiana che cantava in un inglese perfetto con dei testi mai
banali e pieni di immagini potenti. Entrambe mi hanno fatto innamorare della voce e incuriosire sui
meccanismi che stanno dietro la sua produzione. Da allora ho deciso che avrei iniziato a studiare canto e le
tecniche vocali e non ho mai smesso di farlo ed esibirmi, anche se in maniere diverse.
Quando e come ti sei avvicinata al mondo dell’attivismo?
Sono cresciuta, per mia sfortuna in un ambiente terribilmente abilista, cattolico e retrogrado, che mi ha
portato a vergognarmi della mia disabilità e a pensare che in quanto persona disabile, valevo meno degli
altri. Mi sono spesso sentita quella sbagliata con problemi nel relazionarmi e in dovere di dimostrare
qualcosa.
Sapevo che quindi, c’era qualcosa che non andava nel mio rapporto con la società, ma non sapevo che
questa cosa avesse un nome. Ho iniziato a fare attivismo da subito, quando ancora forse questa definizione
non era diffusa, quando non c’erano i social e l’abilismo non si sapeva cosa fosse. L’attivismo si faceva dal
vivo, attraverso associazioni di genitori di persone con disabilità, andando nei comuni, scrivendo lettere,
organizzando raccolte fondi per sensibilizzare sugli argomenti legati alla disabilità, che erano principalmente
ancora temi medici. Ma questo modo di fare attivismo non mi rispecchiava. Con l’arrivo di Internet e dei
social ho potuto conoscere il vero attivismo, quello fatto dalle persone disabili, per i diritti delle persone con
disabilità. Ho capito che tutte le discriminazioni che avevo vissuto avevano un nome: abilismo e che
esistevano libri, corsi e persone, gli attivisti per i diritti delle persone disabili, che si occupavano di questo
tema. Ho incominciato a studiare, ad informarmi e ho capito che quel modo di fare attivismo era quello più
adatto a me. È per questo che da allora tengo speech in eventi, convegni, scrivo articoli, faccio consulenze sul tema D&I e parlo di questo argomento anche nei miei spettacoli musicali.
Ci parli di I Was Born this way?
Ho deciso di provare a scrivere uno spettacolo nel quale mettere in scena la mia storia personale, di
donna e artista con disabilità. In un dialogo tra me e il pubblico, fatto di battute, riflessioni ed interazione, lo
accompagno in un viaggio tra la musica e concetti come l’abilismo, con le canzoni che hanno segnato la mia
vita, suonate dal vivo, con musicisti professionisti e nuovi arrangiamenti.
I Was Born this Way è una celebrazione dell’unicità di ciascuno che ha senso se fa parte di un collettivo che
si muove insieme per migliorare le cose.
È anche uno spettacolo accessibile, a partire dalla scelta dei luoghi in cui viene messo in scena. Sarà
presente sul palco un’interprete LIS che tradurrà le parti recitate e interpreterà i testi delle canzoni.
Verranno distribuiti palloncini per far sentire le vibrazioni della musica e tappi per le orecchie per chi è
suscettibile ai rumori forti. I video avranno i sottotitoli e i testi delle canzoni saranno tradotte.
Una frase d’incoraggiamento?
Non ho la ricetta per combattere l’abilismo, ma credo che diventare sempre più consapevoli delle
discriminazioni ancora esistenti nei confronti delle persone con disabilità e dello stigma a cui siamo
sottoposte, sia il punto di partenza fondamentale, per questo invito tutti ad informarsi continuamente, a
seguire attivist disabili e a partecipare ad eventi come Diversinsieme.
Ringrazio Giorgia e se volete saperne di più di lei il suo canale Istagram è _incatiamoci. Alla prossima!