“Stay human. Africa”. Fermiamo il lavoro minorile nell’inferno delle miniere in Congo
di Anna Mognaschi
12 giugno Giornata mondiale contro il lavoro minorile
Siamo tutti molto contenti del progresso tecnologico degli ultimi anni verso un’economia green e sostenibile: la cosiddetta “transizione energetica”.
Uno dei metalli più importanti, una risorsa strategica essenziale per la costruzione degli smartphone di ultima generazione, GPS, satelliti, TV al plasma, tablet, computer, ma non solo anche per le macchine elettriche, aerei e missili, è il coltan che insieme al cobalto servono per costruire le batterie al litio per alimentare i nostri device.
Il Congo è una repubblica democratica che si estende al centro dell’Africa, una terra piena di contraddizioni, di guerre interne che sommandosi alla povertà rendono l’esistenza della popolazione un inferno.
È una terra che accoglie anche un numero enorme di sfollati dai Paesi limitrofi: più di mezzo milione e sono soprattutto le ricchezze del sottosuolo ad alimentare conflitti e problematiche; la parte orientale del Congo è ricca di cobalto rame e oro, la parte a nord è la terra più ricca al mondo di coltan, il minerale più prezioso dell’oro.
Si stima che dal Congo provenga dal 60 all’80% del cobalto di tutto il mondo e sono per lo più i bambini a lavorare nelle miniere di cobalto (secondo l’UNICEF sono 40.000 i bambini sfruttati nelle miniere a cielo aperto). Questi piccoli minatori scavano a mani nude o con strumenti di fortuna, anche 12 ore al giorno tra il fango e acqua acida per una somma di 2 dollari al giorno; lavorano dopo la scuola, il sabato e la domenica o tutta la settimana se i genitori non riescono a pagare le tasse scolastiche visto che in Congo le scuole non sono gratuite; a causa del duro lavoro i bambini si ammalano di febbre tifoide, malformazioni ossee e muscolari e, inoltre, a causa dei crolli dei cunicoli, rischiano la morte e, dal momento in cui non ci sono dati sulle morti né sugli incidenti, spesso vengono seppelliti nella miniera stessa. Si parla di circa quattro milioni di morti in meno di dieci anni.
Le multinazionali come Microsoft e Apple si lavano la coscienza comprando solo da grandi rivenditori autorizzati, facendo finta di non sapere che questi, a loro volta, comprano il coltan dai piccoli possidenti di miniere che hanno come mano d’opera soprattutto bambini dai 7 ai 16 anni.
La situazione del lavoro minorile è così grave da essere stata inserita al punto 8 del Piano di sviluppo sostenibile dell’ONU che si propone di eliminare il lavoro minorile e la schiavitù moderna in tutte le sue forme entro il 2030.
Amnesty International sta facendo di tutto per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale attraverso l’adozione a distanza, petizioni e un appello: “Chiediamo al Governo della Repubblica democratica del Congo di fermare ora questa barbarie e di mettere in atto tutte le misure per affrontare la salute dei bambini, i loro bisogni fisici, educativi, economici e psicologici”.
A tal proposito, dalla fine del 2020, iI Ministero nazionale delle miniere della RdC, rappresentato da Willy Kitobo Samsoni, si è aggiunto al Comitato direttivo della Cobalt Action Partnership (CAP), dimostrando la presenza del governo nel settore.
La CAP è stata formalizzata nel maggio 2020 come una coalizione di organizzazioni pubbliche e private unite per l’estrazione sostenibile ed etica del cobalto. Le parti interessate si impegnano a identificare soluzioni e azioni nei settori privato, pubblico e non-profit al fine di regolamentare l’estrazione e la vendita del cobalto artigianale e minerario, promuovere l’accesso al mercato globale per i produttori, sradicare il lavoro minorile e le violazioni dei diritti umani nelle comunità minerarie del cobalto.
Il 2030 è vicino:speriamo che si ponga fine a questo inferno.