“Buone notizie”. Seconda chance!
di Martina Foglia
Questa intervista dimostra come, nonostante le tante difficoltà e le tante volte in cui la vita mette a dura prova, l’importante è non mollare e percorrere sempre la propria strada con coraggio, convinzione e determinazione come è successo a Sabrina che ha trovato nel sociale un ambito dove potersi esprimere liberamente senza pregiudizi di alcun tipo e al tempo stesso, essere d’aiuto ad altre persone in difficoltà.
Vuoi presentarti?
Mi chiamo Sabrina, ho 28 anni, sono una ragazza molto curiosa verso tutto vió che mi circonda. Sono sempre in cerca di qualcosa per poter cambiare nel mio piccolo, per quello che posso, quello che non mi va di questo mondo.
Sei molto attiva nel sociale: come sei arrivata a questa scelta? C’è stato qualcuno oppure qualche associazione che ti ha aiutato e incoraggiato nell’intraprendere questa strada?
Subito dopo la scuola superiore mi sono addentrata nel duro mondo del lavoro. Mi sono subito resa conto dell’enorme difficoltà nel trovarne uno.
Poiché sono una persona con disabilità sia motoria che visiva, e per questo non del tutto autonoma, quando tentavo di svolgere un colloquio di lavoro la risposta era sempre: ”hai troppe esigenze “, “abbiamo bisogno di una persona più veloce e smart” , “le faremo sapere “ senza poi ricevere alcuna risposta, oppure, nella migliore delle ipotesi, i progetti “mirati” all’inserimento lavorativo per persone con disabilità mi facevano svolgere tirocinii senza alcun tipo di affiancamento, lasciandomi in balia di me stessa.
Dopo queste esperienze negative e frustranti sono entrata in un periodo molto buio della mia vita (non solo per il lavoro, ma anche per altri motivi) che non mi facevano accettare la mia disabilità.
Mi sentivo persa, non sapevo cosa fare per uscire da questo tunnel che mi faceva vedere tutto nero. Con l’aiuto e la spinta da parte dei miei genitori ho iniziato a svolgere un percorso psicologico (che svolgo regolarmente ancora oggi) grazie al quale ho conosciuto il dottor Gabriele Catania.
Insieme a lui, oltre a svolgere un percorso psicologico che mi sta aiutando ad accettare la mia condizione, ho conosciuto anche l’associazione “Amici Della Mente” (di cui lui è fondatore) che si occupa principalmente di lottare contro il pregiudizio e lo stigma che è ancora presente quando si parla di salute mentale e di disagio psicologico.
La particolarità di questa associazione è che combatte ogni forma di discriminazione e di pregiudizio anche attraverso l’Arte e
questo mi ha permesso di raccontare la mia vita e ció che provo anche attraverso la musica che durante il mio percorso di vita ho sempre utilizzato come valvola di sfogo.
Prima di conoscere “Amici Della Mente”, infatti, ho sempre cantato e ascoltato musica rock perchè grazie ad essa riuscivo a tirare fuori la mia rabbia e a rispecchiarmi in alcune canzoni come, per esempio, quelle dei Linkin Park in cui il cantante parlava del non essere mai contento degli obiettivi raggiunti.
Da quando ho conosciuto “Amici Della Mente” ho conosciuto anche i testi di Fabrizio De Andrè.; “Amici Della Mente” crede molto nella sua opera e nel suo pensiero perché con i suoi capolavori questo cantautore ha parlato di ogni forma di discriminazione e di ció che ancora oggi ci fa porre delle donande su ció che ancora non va nella società di oggi.
Lui ha dato una voce a coloro che vengono sempre messi da parte. Mi sono rispecchiata subito nelle sue canzoni al punto tale che, ispirandomi ad un progetto di Gabriele Catania che ha modificato i testi di alcuni brani per raccontare le storie dei pazienti (il progetto si chiama “Faber in mente”), ho cambiato anche io due testi del cantautore: in uno parlo (su musica di “Khorakhanè”) della mia vita e lancio il messaggio di aprire gli occhi, di non rimanere indifferenti e di non lasciare indietro chi è meno performante e meno produttivo perché, al contrario, puó essere una risorsa; l’altro testo (su musica de “La canzone di Marinella”) dedico proprio a Faber la mia esperienza personale.
Testimoniare parlando della mia vita e di ció che provo e cantare queste canzoni in vari eventi mi ha fatto capire che anch’io posso lanciare un messaggio e lasciare un segno.
Un’altra associazione che mi sta incoraggiando a continuare il mio percorso nel sociale è “Per i diritti umani” perché, attraverso la scrittura di articoli, ho la possibilità di “gridare“ quali siano, secondo me, i diritti che ancora vengono negati a chi è dimenticato dalle istituzioni.
Inoltre, attraverso la lettura di articoli dei miei “colleghi”, mi rendo conto che non sono sola.
Veniamo ora all’argomento della nostra intervista:il tuo tirocinio presso “Fondazione Eris”: come ne sei venuta a conoscenza ?
Ho ricevuto una telefonata da parte dell’ufficio per l’impiego, mi è stato chiesto di svolgere un colloquio insieme ad altre persone, dopo il colloquio siamo stati divisi in più gruppi in base al proprio titolo di studio.
Sono diplomata come perito turistico, per cui sono stata mandata al CAPAC (Politecnico del Commercio e del Turismo) che, oltre ad essere una scuola, si occupa anche di far svolgere tirocinii alle persone con disabilità; all’interno del CAPAC , infatti, c’è Fondazione Enaip che si occupa proprio di questo.
Esaminando il mio CV e le mie competenze, fondazione Enaip lo ha inviato a Fondazione ERIS la quale si è resa disponibile a farmi svolgere un tirocinio.
Qual era il tuo ruolo all’interno di questo tirocinio ? Il tirocinio era retribuito? Per quanto tempo l’hai svolto?
Ho svolto un tirocinio di sei mesi. La fondazione ERIS si occupa del reinserimento nella società di ragazzi che hanno avuto problemi di dipendenze o che hanno avuto problemi con la Legge dando loro così una seconda chance.
Io mi occupavo dell’inserimento dati dei tirocinii lavorativi svolti dai ragazzi nel loro sistema aziendale.
Con quale tipologia di persone sei entrata in contatto? So che questa realtà si dedica al completo reinserimento di queste persone che hanno avuto una vita drammatica, ovvero il reinserimento non avviene solo unicamente dal punto di vista lavorativo: puoi spiegarci meglio?
Oltre all’ambito lavorativo, la fondazione si occupa anche di far svolgere attività ricreative come: lo yoga, la mindfilness o attività musicali.
Inoltre si occupa di offrire alloggio a chi non ha fissa dimora.
Qual è stata la cosa più bella che hai imparato da questa esperienza e dalle persone che hai conosciuto?
Grazie a questa esperienza sono cresciuta a livello umano. Grazie alle storie di queste persone e alla vita che hanno avuto ho visto nei loro occhi la voglia di riscattarsi e ho capito che la seconda possibilità non si nega a nessuno; è importante soprattutto ascoltare fino in fondo la storia di una persona e il motivo che l’ha portata a fare quello che ha fatto (se ha avuto problemi con la legalità).
Progetti futuri?
Quello che spero di fare in futuro è essere ancora più coinvolta nell’ambito del sociale perché ho capito che posso fare la differenza e che nel mio piccolo posso cambiare le cose.
In tre parole, che cosa ti senti di dire ai ragazzi che volessero percorrere la strada nel settore del sociale?
Ai ragazzi che volessero intraprendere la strada del sociale direi che farebbero benissimo! Scopriranno nuove realtà e si sentiranno molto cresciuti a livello umano.
Prima di lanciarsi in queste esperienze li inviterei a sospendere il proprio giudizio e ad ascoltare la storia che c’è dietro ad ogni persona.
In una parola oggi Sabrina é…?
Sabrina oggi è cresciuta grazie alle esperienze che ha vissuto.
È sicuramente una persona che sta diventando sempre più consapevole dei suoi limiti ma anche dei propri punti di forza e di ció che puó fare per gli altri
Il tuo motto è
Il mio motto è: “The show must go on”, nonostante quello che ti può capitare devi avere la forza di reagire ed di andare avanti
Concludo affermando che quest’intervista ci dimostra che non bisogna mai mollare al primo tentativo, bisogna sempre cercare di riprovarci così da trovare la propria strada, la propria dimensione, credendo sempre in se stessi e nelle proprie capacità anche se a volte ci può sembrare impossibile.