“LibriLiberi”. Trilogia della guerra
di Alessandra Montesanto
Agustin Fernàndez Mallo è uno scrittore galiziano che con il suo ultimo lavoro “Trilogia della guerra” (edito in Italia da Utopia) propone un esempio della corrente letteraria di cui è fondatore ed esponente, chiamata Nocilla o afterpop, una corrente che si basa sulla interdisciplinarietà e frammentazione del racconto, sull’utilizzo di testi altrui, sulla commistione di cultura alta e cultura popolare. Un vero e proprio metodo sperimentale di narrativa che, però, non stordisce il lettore, ma lo accompagna in un viaggio fisico e mentale, denso di riflessioni sul Passato e sul Presente.
Mallo è stato un Fisico per diciotto anni; la traduttrice italiana, Silvia Lavina, è laureata in Filosofia: Fisica e Filosofia, si sa, si abbracciano. Ma vediamo di capire di cosa si parli: diviso in tre libri – non capitoli, infatti, e i riferimenti alla Bibbia puntellano alcune parti – il libro fa muovere i protagonisti tra l’isola di San Simòn, che negli anni della guerra civile spagnola ospitò un campo di concentramento; gli Stati Uniti dove un reduce della guerra del Vietnam dice di essere il quarto tra i primi astronuati ad aver posto la bandiera sulla Luna; e la costa della Normandia, attraversata da una donna, costa che ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale. Tre guerre, vicine e lontane, che emergono sì dal racconto, ma sottoforma di ricordi, pensieri, ipotesi e quindi non in maniera diretta. Guerre evocate, immaginate, rimembrate che restano impresse sulla pelle di chi le ha vissute o di chi le ha solo studiate oppure ascoltate; conflitti che fanno da sfondo e si intrecciano alle esistenze dei tre protagonisti che forse sono una persona sola o che forse incarnano lo scrittore stesso e anche ognuno di noi perchè in ciascuna di quelle esistenze viene messa in discussione la consueta modalità di vedere le cose. In alcune pagine sono, infatti, riportate fotografie in bianco e nero, apparentemente banali o strane, che mai qualcuno avrebbe scattato. Eppure c’è qualcuo che lo ha fatto e le ha pubblicate e commentate: perchè, come si legge in esergo (ed è un verso di Carlos Oroza, poeta iberico) “E’ un errore dare per scontato ciò che fu contemplato”. Verso, questo, che più volte viene ripetuto come mantra, come monito e, infine, come spiegazione di tutto l’impianto narrativo. Facciamo un esempio: uno dei personaggi più interessanti – che si fa chiamare non a caso Salvador Dalì – in un lungo monologo, osserva (guarda) a lungo la spazzatura che si concentra nel fiume Hudson a Manhattan e sostiene che gli artisti creano a partire dagli scarti di coloro che li hanno preceduti e che, in fondo, l’evoluzione umana è avvenuta grazie agli scarti di chi ci ha preceduto.
Numerosi, inoltre, i riferimenti a W.G. Sebald e al suo celebre “La Storia naturale della distruzione”, ma come dicevamo molti sono gli omaggi a scrittori e persone di cultura in generale (Musica, Poesia, Cinema, Pittura) che vanno a comporre un puzzle fantasmagorico grazie anche alle attività mentali dei tantissimi attori di queste storie, attori viventi e attori che non ci sono più. E qui c’è un altro tema importatissimo, forse quello principale: la possibilità di un dialogo tra vivi e morti. Siamo certi di essere noi i sopravvisssuti ? I nostri comportamenti, il nostro modo di attuare l’esistenza è davvero intenso, naturale, genuino, oppure ci siamo persi tra i meccanismi politici, economici e sociali? C’è chi muore per un’ utopia e chi muore lentamente senza nemmeno accorgersene.
Infine: qual è il significato del verso di Oropa? Si tratta del suggerimento di guardare la realtà (e la Storia collettiva o individuale che sia) sempre da punti di vista differenti, mai in maniera unilaterale perchè solo in questa maniera si possono scoprire tutte le superfici e le stratificazioni del tempo. Viene in mente Borges che intravedeva nelle teorie filosofiche l’opportunità di scrivere finzioni e di utilizzare tali finzioni per mostrare i lati nascosti, immaginali della realtà o degli infiniti mondi possibili.
Per favore, se pensate di leggerlo, non fatevi spaventare dalle narrazioni calidoscopiche, dai passi in flashback o in flasforward oppure dalle lunghe pagine di riflessioni, di pensieri, di sogni, di fantasie…Non è noioso, è “diverso”, è un libro colto, arguto, è un modo differente di leggere, di scrivere, di essere.
“Tutte le guerre sono un gioco, perchè ogni parte calibra le possibilità concrete di perdere qualcosa per ricavarne un beneficio, ma l’11 settembre e le successive invasioni di Afghanistan e Iraq infrangevano quel principio universale antropologico”.
“Alcuni allontanano la paura cantando, che è un modo per decorarla, altri parlando con se stessi, che è un modo di farla marcire dentro, altri tentano di trovare l’origine scientifica della paura per convertirla in un mero oggetto, io compresi l’inutilità di questi metodi e dunque provai ancora più paura; una paura doppia”.
“Perchè è proprio questa la grandezza della letteratura che si rispetti: non solo svelarci ciò che non esiste, ma anche ciò che non potremmo arrivare a concepire”.