Disability glam: raccontarsi attraverso il corpo
di Filippo Cinquemani
Come promesso, oggi approfondisco il progetto “Disability Glam” ideato da Gianfranco Falcone, ma che ha avuto tra i protagonisti anche il sottoscritto.
Gianfranco oltre a fotografare varie persone con disabilità, ha raccontato come ha vissuto questa esperienza e chi c’era dietro questi corpi. Il link Fotografia – Mentinfuga racchiude il
lavoro svolto.
Ci sarà la possibilità di conoscere di persona il fotografo in questione e di apprezzare le foto dal vivo Giovedì 19 settembre alla Biblioteca Chiesa Rossa di Milano nell’ambito del Festival delle Abilità.
Chi è Gianfranco Falcone? Molte cose in verità. Ha viaggiato molto da ragazzo e successivamente si è laureato in Filosofia. Grazie alla laurea, ha lavorato alle elementari e ha aperto e gestito per anni uno sportello psicopedagogico. Nemmeno la sindrome di Guillain Barrè lo ha fermato, ma solo reso disabile. Recentemente, infatti, si è laureato in Psicologia, diventando così della professione a tutti gli effetti. Ha scritto vari libri con lo pseudonimo di Mario Mascaro. Il suo ultimo romanzo s’intitola “21 volte Carmela”, una
serie di racconti di donne, o meglio, “carmele” tutte diverse. Collabora anche con Il Manifesto, L’Espresso e Left.
C’è molto molto da chiedere a Gianfranco. Questa volta ho deciso di approfondire l’esperenza di “Disability Glam” visto il suo entusiasmo contagioso.
• Da dove nasce l’idea?
Scrittura e fotografia sono sempre stati i miei strumenti espressivi privilegiati. Per me è stato un gesto naturale focalizzare scrittura e fotografia su ciò che fa parte della mia vita. È stata una logica conseguenza del processo artistico fotografare e raccontare storie di
persone con disabilità partendo dei loro corpi, dai nostri corpi. I corpi hanno una potenzialità espressiva straordinaria, il corpo arriva più velocemente all’attenzione e alla considerazione delle persone, ancora di più se poi è un corpo nudo.
• So che al progetto hanno partecipato più donne che uomini. Ti sei chiesto il perché?
Mi sono confrontato con fotografi professionisti. Mi dicevano che è più facile trovare modelle donne. Credo che il concetto di sesso forte sia veramente fasullo e da rivedere.
C’è una forza nelle donne, una capacità di mostrarsi, di raccontarsi per come si è che spesso l’uomo non ha, così prigioniero com’è degli stereotipi relativi al genere e alla bellezza. Gli uomini fanno più fatica a esporsi, a “mettersi a nudo”. Non mi riferisco soltanto alla nudità che fa a meno dei vestiti. I maschietti fanno più fatica a togliersi le maschere, di qualunque genere esse siano.
• Cosa è piaciuto di più del progetto ai partecipanti? Come hanno vissuto
l’esperienza?
Le persone che hanno partecipato al progetto mi hanno sempre detto che per loro è stata un’esperienza positiva. Si sono sentite valorizzate, hanno avuto la possibilità di riscoprire la propria bellezza e la propria storia. Anche per me ogni incontro è stato prezioso. Mi ha dato modo di riflettere in modo sempre più accurato sulla disabilità, la mia e quella degli altri, di andare incontro alla poesia di corpi e anime che si svelavano con sincerità. È questo è sempre qualcosa che riappacifica con la vita.
Poi dovresti essere tu a dirmi come hai vissuto questa esperienza, visto che anche tu hai fatto da modello per il Disability glam.
• So che stai preparando un libro sul Disability glam. Puoi anticiparci qualcosa?
Non dire gatto finché non ce l’hai nel sacco. Ad ogni modo sì. Sono stato contattato da un editore e abbiamo iniziato a lavorare al progetto di un libro con fotografie e testi. Siamo alle prime battute. Vedremo che cosa ne esce fuori, e soprattutto se ne esce fuori
qualcosa.
• Perché altri dovrebbero partecipare al progetto?
Se non siamo noi a raccontare le nostre storie saranno gli altri a farlo. E lo faranno a loro uso e consumo. È importante che a raccontare siano i protagonisti del mondo della disabilità, le persone come me e come te, che tutti i giorni vivono sulla loro pelle una
condizione di disabilità. Troppo spesso la disabilità viene equiparata alla malattia, al limite, all’assenza. Questa è una visione distorta della realtà. Il Disability Glam, la disabilità svelata nasce anche per mostrare la varietà di storie, di bellezza, di avventure di cui il mondo della disabilità è portatore nel suo essere nel mondo e con il mondo.
Concludo rispondendo alla domanda di Gianfranco sull’esperienza “Disability Glam”.
Ho cercato di divertirmi e di tirare fuori la mia personalità attraverso il volto e il corpo, ma ho anche avuto modo di riflettere sul modo in cui mi guardo.
Vi aspettiamo il 19!