Al di là di quella porta
Osservare un Centro di Permanenza per il Rimpatrio equivale a guardare un oggetto oscuro e allo stesso tempo invisibile e nascosto da alte mura impenetrabili. Più che un luogo il CPR è un non-luogo, progettato per essere nascosto e nascondere gli orrori che contiene. L’osservazione del CPR, complicata da opacità e ostracismo, ha imposto l’utilizzo di un metodo flessibile e di fonti e interventi diversissimi. La classica raccolta dati da analizzare si è rivelata impossibile a fronte della sostanziale inesistenza di dati ufficiali disponibili, e del rifiuto delle autorità a fornire quanto richiesto. Analizzare un CPR significa quindi aggirare ostacoli, ipotizzare, strappare prove lottando in tribunale e raccogliendo informazioni da trattenuti, parenti e loro legali, diversificare le fonti e metterle a confronto. È così che abbiamo proceduto.
“Dati, testimonianze, ricerche, cartelle cliniche, accessi agli atti, accessi civici generalizzati, sopralluoghi, verifiche ci hanno permesso di intravedere ciò che avviene in un CPR e che rendiamo oggi pubblico. Abbiamo rilevato abusi, violenze e discriminazioni in tutti gli ambiti che abbiamo investigato” affermano le attiviste e gli attivisti del Naga e della Rete Mai più Lager – No ai CPR. “Le persone che vengono portate in un CPR non hanno commesso reati, ma solo un illecito amministrativo, ovvero essere irregolari sul territorio. Già di per sé il trattenimento, la limitazione della libertà personale, risulta essere una misura sproporzionata, ma tutto ciò che ne consegue rende questa misura intollerabile, inaccettabile e disumana”.
“Abbiamo raccolto testimonianze che attestano una sistematica violazione del diritto alle cure; la visita di idoneità al trattenimento o non è svolta o è svolta senza strumenti diagnostici adeguati; la ‘visita medica’ di formale presa in carico da parte dell’Ente Gestore comprende umiliazioni e abusi quali, per esempio, la denudazione delle persone appena arrivate alla presenza del personale medico e di agenti di polizia e l’obbligo di fare flessioni per espellere eventuali oggetti nascosti nell’ano; abbiamo verificato il trattenimento di persone con malattie gravi e croniche, come un tumore cerebrale e gravi problemi di salute mentale; frequente è la mancanza di personale medico e la sommarietà della gestione delle cartelle cliniche costituisce la regola, come pure costante è una sovrabbondante elargizione di psicofarmaci senza alcuna prescrizione specialistica” proseguono dal Naga e dalla Rete Mai più Lager – No ai CPR.
“Abbiamo ricevuto video che attestano la presenza di vermi nel cibo. Inoltre, evanescenti sono le figure che si occupano di mediazione linguistica, interpretariato e assistenza psicologica, che pure dovrebbero essere presentie, per contro, è debordante la presenza di agenti delle forze dell’ordine. Numerosissime sono le testimonianze di diffusi episodi di autolesionismo, labbra cucite, lamette ingoiate, tentativi di suicidio – soprattutto per impiccagione – e di percosse. 14 sono i morti, dal 2018 al 2022, nei CPR d’Italia, con un’età media di 33 anni. Persone nelle mani dello Stato che sono state dichiarate in condizioni di salute compatibili con il trattenimento. A queste morti abbiamo provato a dare un’identità, ma 5 deceduti su 14, sono morti senza nome. Per 4 di loro non si sa nulla, né della loro identità né delle cause e circostanze del decesso. Inoltre i rimpatri vengono spesso effettuati con modalità violente (ammanettamento, persone legate alle sedie e spesso stordite dai farmaci) e avvengono anche verso Paesi dove il rimpatriato, nato e sempre vissuto in Italia, non aveva mai messo piede prima” affermano le attiviste e gli attivisti.
“Il tutto accade in un contesto di sostanziale impraticabilità di una tutela legale effettiva. Infine, anche all’uscita dal CPR, che si venga rimpatriati o rilasciati sul territorio, continuano gli abusi, considerata la frequentissima mancata riconsegna, alla fine del trattenimento, di soldi mandati dai familiari ai trattenuti. Siamo drammaticamente consapevoli che tutto ciò è solo la punta dell’iceberg. Sotto si nasconde molto di più. Quello che succede nei CPR non è frutto di una malagestione dei Centri, ma di chiare scelte politiche che si traducono in prassi e pratiche amministrative e di gestione illecite e disumane, finanziate dai soldi pubblici. Con questo report abbiamo fatto la nostra parte, abbiamo cercato di far luce su ciò che si vuole nascondere. Facciamo ora appello a tutte e tutti per un’attivazione volta a reclamare l’abolizione dei CPR e contemporaneamente chiediamo al Governo, al Ministero dell’Interno, alla Prefettura e all’Amministrazione Comunale di contribuire, ciascuno per quanto di competenza, ad attuare l’unica soluzione possibile, realistica e necessaria: chiudere tutti i CPR d’Italia” concludono le attiviste e gli attivisti del Naga e dalla Rete Mai più Lager – No ai CPR.
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