Scontri nel carcere di Guantanamo: l’orrore dimenticato e i dipinti di Botero
un po’ di tempo le cronache non riportavano più notizie del carcere
speciale USA di Guantanamo,a Cuba: altre situazioni, altri fatti
hanno oscurato quella realtà e il ricordo di un Passato recente di
orrore e di violenza. Ma a Guantanamo sono rinchiusi ancora 166
prigionieri e, qualche giorno fa, almeno 43 di loro ha dato vita ad
una rivolta.
infatti, sono ancora in attesa di un processo e, quindi, hanno
intrapreso uno sciopero della fame a oltranza: dopo che le guardie
hanno tentato di spostarli dalle celle comuni a celle singole, alcuni
prigionieri hanno coperto le telecamere di sorveglianza e hanno
aggredito i secondini con armi improvvisate. Da parte loro, le
guardie hanno reagito sparando colpi di avvertimento, senza ferire
nessuno e il personale medico ha assicurato di aver effettuato
controlli su ogni detenuto.
protesta, però, non nasce solo per il fatto che il comandante del
campo abbia deciso di trasferire i detenuti, in sciopero della fame,
in un’altra sezione del carcere, ma è determinata soprattutto dal
fatto che, secondo i reclusi, i guardiani limitino la loro libertà
di culto – monitorando e osservando le persone 24 ore su 24 per
assicurare ordine e sicurezza – e confischino oggetti personali, tra
cui proprio le copie del Corano.
Carlos Warner, difensore pubblico dell’Ohio, il comando della
prigione avrebbe dovuto cercare di negoziare la fine dello sciopero
e, invece, è stato fatto esattamente l’opposto.
X-Ray” resta la “promessa non mantenuta” del Presidente Obama,
il quale aveva giurato di chiudere Guantanamo al più presto; ma ciò
non è stato ancora fatto a causa dell’opposizione del repubblicani
che ritengono i detenuti ancora troppo pericolosi per essere rimessi
in libertà.
notizia ha riportato alla mente uno degli ultimi lavori realizzati
dal maestro della pittura, Fernado Botero. Cosa c’entra Botero con
Guantanamo o Abu Ghraib? L’artista delle forme opulente, dell’inno
alla gioia e alla vita, ha mantenuto corpi grandi e forme rotonde dai
colori caldi (giallo, ocra, rosso) per disegnare l’orrore della
tortura nel “purtroppo celebre” carcere di Abu Ghraib in Iraq. Ha
dipinto i prigionieri legati e imbavagliati, bastonati dai militari,
ammassati gli uni sugli altri, spaventati dai cani e costretti a
perdere la loro dignità di essere umani.
l’Arte, quindi, si conferma come testimonianza, in Occidente come in
Oriente, nel Nord e nel Sud del mondo: per non dimenticare e non
ripetere gli errori. Mentre l’Italia,
finalmente, si accinge a riconoscere il reato di tortura, onorando
una convenzione ONU siglata a Roma circa venticinque anni fa.