L’Egitto si infiamma ancora
Era una sera di febbraio, di un anno
fa, a Port Said, sulla costa del Mediterraneo.
trasformata in una tragedia. Due squadre in campo: Al Ahly, i cui
ultras sono considerati tra le menti della rivoluzione che portò
alla cacciata di Mubarak e Al Masri, i cui tifosi sono fedeli,
invece, al regime del raìs.
“scontri tra tifoserie rivali” , invece si è trattato di una
resa dei conti a sfondo politico, di una spedizione punitiva – con
mazze e coltelli – che ha visto come vittime i tifosi dell’Al Ahly,
con il risultato (purtroppo non calcistico) di 74 morti e centinaia
di feriti.
Champions africana e l’ Al Ahly ha vinto contro l’Esperance di
Tunisi, ma si è trattato di un amaro successo dato che la squadra
non ha potuto disputare nemmeno una partita, sostenuta dai suoi
tifosi, a Il Cairo.
la sentenza nel processo per quel massacro: la corte ha chiesto la
condanna a morte per 21 dei 74 imputati. Per legge le condanne
dovranno essere confermate dal Gran Muftì d’Egitto; la sentenza per
gli altri imputati – tra cui nove poliziotti e tre manager della
squadra avversaria – sarà pronunciata il 9 marzo.
Ahly hanno festeggiato la sentenza nei pressi della sede del club: il
padre di un ragazzo di 17 anni morto nell’attacco allo stadio ha
detto: “Ora voglio vedere quegli uomini morire davanti ai miei
occhi, come loro hanno visto l’omicidio di mio figlio” e un altro
tifoso ha aggiunto: “La nostra situazione a Port said è molto
grave perchè i bambini vengono presi dalle loro case e sono
costretti a indossare le magliette verdi”, facendo riferimento alle
divise della squadra dell’ Al-Masry.
convinti che l’attacco di un anno fa sia stato premeditato. Alla
lettura della sentenza, i parenti delle vittime hanno esulato al
grido di “Viva la giustizia!” e “Allah akhbar”, ma in città
regna il caos. Negozi e uffici sono stati chiusi, nelle strade sono
stati dati alle fiamme copertoni di auto; nei pressi del Ministero
dell’Interno centinaia di supporters dell’Ahly hanno chiesto che
vengano giudicati anche i poliziotti che, all’epoca, secondo loro,
non hanno agito per fermare la tragedia . E la Polizia ha risposto
con lancio di lacrimogeni e proiettili veri. L’esercito è schierato
in tutta la città per contenere la violenza.
cancellato un viaggio in Etiopia: avrebbe dovuto recarsi ad Addis
Abeba per partecipare al summit dell’Unione Africana; ieri, invece,
ha dichiarato ieri lo stato d’emergenza nelle città di Port Said,
Suez e Ismalia dopo giorni di proteste violente e scontri che hanno
fatto almeno 33 vittime.