La forza nascosta della Dignità Umana
di Nicole Fraccaroli
Il 70 ° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani offre una grande opportunità per riflettere su uno dei concetti chiave riguardanti la tematica che verte sui diritti umani: la Dignità Umana.
Nonostante le divisioni culturali e geografiche, è possibile notare un impegno generale verso l’appagamento dei bisogni e dei desideri umani e lo sviluppo di una pratica adeguata di diritti umani, in nome della dignità umana stessa.
Come riconosce McCrudden, il concetto di dignità umana sembra essere un’emergente ius commune globale dei diritti umani. Serve ovvero come una sorta di moneta comune nel contesto internazionale dei diritti umani: fornisce una giustificazione affinché i tribunali prendano in considerazione le fonti estere di diritto nelle loro decisioni in materia di diritti umani.
Gran parte dell’ispirazione per l’uso del termine “dignity” (dignità) nei testi internazionali e regionali sui diritti umani deriva dall’uso dello stesso termine nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR). È evidente la presenza di notevoli differenze nel suo impiego tra i testi regionali e internazionali sui diritti umani. Le disposizioni costituzionali sempre più distinte su particolari aspetti della violazione dei diritti, sono segno del tentativo dei legislatori costituzionali di raggiungere chiare distinzioni che riflettono notevolmente i tratti socio-culturali delle diverse realtà. David Feldman ha quindi ragione nel suggerire che la dignità è una “nozione culturalmente dipendente e malleabile”.
La prima volta che “dignità” appare nei trattati del sistema della Convenzione Europea è nel 2002: nel Protocollo n. 13 sull’abolizione della pena di morte, il testo afferma che tale abolizione è essenziale per il pieno riconoscimento della dignità intrinseca di tutti gli esseri umani. Nonostante all’interno della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) non ci sia alcun riferimento alla dignità umana, la Corte Europea dei Diritti Umani è arrivata al punto di dichiarare che l’essenza stessa della Convenzione sia il rispetto di tale dignità. Per cui, all’interno della CEDU la dignità umana ha un ruolo non nel testo del trattato ma nella pratica della giurisprudenza della Corte, testimoniata dagli 876 casi che includono un riferimento alla dignità.
Nel contesto africano invece la persona umana è un essere religioso. Questo valore conferisce alla persona un’alta dignità: è riconosciuta questa natura speciale della persona, e di conseguenza la dignità umana viene esaltata e concessa a ciascuno.
La Convenzione Americana sui Diritti Umani percepisce la dignità nella forma di doveri individuali fondamentali e di diritti.
Mentre l’obiettivo ultimo del messaggio islamico è la protezione di un credente, il suo onore e la sua dignità. Questo si traduce nella preservazione della sua religione, vita, intelletto e proprietà. La Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam, considera la dignità una base per la protezione dell’onore poiché afferma che l’informazione non debba essere sfruttata in un modo tale da violare la dignità dei profeti.
Ciò che emerge da questa concisa analisi, relativa al ruolo attribuito alla dignità umana da alcune realtà geografiche e culturali, sono differenze significative nelle modalità in cui la dignità umana è stata incorporata nella legge positiva e risulta dunque rilevante guardare oltre la stesura di tale concetto nella storia: il significato della dignità umana, al momento della stesura della Carta delle Nazioni Unite e l’UDHR, è stato quindi caratterizzato da basi teoriche e in assenza di altre basi per il suo consenso. A quel tempo, tutti potevano convenire che la dignità umana fosse centrale, ma non il motivo. Si sapeva che una teoria dei diritti umani era necessaria come punto di partenza, quindi attraverso i sistemi regionali e nazionali il concetto si è sviluppato e adattato nella forma di contenuti diversi per realtà diverse.
È dunque possibile affermare che la dignità umana è profondamente condizionata dai valori locali, risultando in principi contrastanti. In quanto tale, un consenso a riguardo è particolarmente difficile da mantenere in un contesto internazionale-pluralista: nessuna singola visione della persona predomina e come risultato, diverse versioni della dignità, tratte da tradizioni storico-culturali diverse, competono.
Nel passaggio seguente, vorrei soffermarmi sulla visione e sull’approccio italiano alla dignità umana, sfruttando come strumento principale di analisi la Costituzione Italiana. Dal mio punto di vista, il caso italiano offre un esempio interessante di uno Stato, che pur non essendo costituzionalmente fondato sulla dignità umana, è in grado di applicare tale concetto per sviluppare e estendere i diritti umani a ulteriori circostanze che sono frutto di cambiamenti e sviluppi sociali.
A differenza di alcuni sistemi giuridici, come quello tedesco, il cui tema legato alla dignità umana è stato una costante fin dall’inizio dell’esperienza costituzionale democratica; nella letteratura giuridica italiana è mancato da tempo un interesse sostanziale. Una valorizzazione del concetto di dignità nell’area del confronto dottrinale italiano, è dovuta al progressivo aumento di nuove problematiche specifiche e particolarmente sfidanti. In realtà, la dignità umana non è percepita come qualcosa di giuridico, ma come una sorta di “inizio” di uno sviluppo legislativo all’interno del sistema legale. Dichiarare l’ambiguità che domina il tema della dignità umana nel caso italiano, rispecchia la scelta di non solennizzare l’inviolabilità del principio in un dato articolo. La Repubblica italiana è difatti fondata sul lavoro, e di conseguenza il soggetto in relazione alla dignità non è l’uomo stesso, ma l’interpreneur.
Innanzitutto, vorrei partire dai due articoli più rilevanti della prima parte del testo costituzionale, intitolata “Principi fondamentali”. Mi riferisco agli Articoli 2 e 3 che da un lato riconoscono l’inviolabilità dei diritti umani; d’altra parte, creano un obbligo specifico nei confronti delle autorità pubbliche per la rimozione di alcuni ostacoli. Troviamo un riferimento alla dignità umana quando si appella “la dignità sociale”, il che significa che ogni essere umano ha lo stesso valore all’interno della struttura della società. In questa lettura, è possibile affermare che la dignità umana consista di due parti: quella individuale e quella sociale. Il primo lato riguarda la dignità umana come elemento centrale di ogni diritto fondamentale ed è comunemente preso in considerazione nella giurisprudenza della Corte Costituzionale Italiana, ad esempio, in merito al diritto alla salute. Sotto la dimensione sociale, è il portatore del diritto che soffre la limitazione del godimento del diritto, perché il godimento individuale di tale diritto viola la nozione comune di dignità umana. Entrando nel capitolo dei diritti all’interno della Costituzione, un primo riferimento deve essere rivolto all’Articolo 27, secondo cui la punizione “non può consistere in un trattamento contrario alla dignità umana”. Qui, la Corte ha fondato la personalità generale del prigioniero che ha ancora una parte residua della libertà personale. Un successivo articolo in cui viene menzionata la dignità umana è l’Articolo 32, che stabilisce il diritto di rifiutare trattamenti medici quando non sono vincolati dalla legge. In questa circostanza, la dignità umana è inclusa come limitazione, come protezione contro il trattamento sanitario invasivo. Sotto l’Articolo 36 la dignità funziona come una qualificazione del tipo di vita che i lavoratori e le loro famiglie devono avere. L’ultimo ma non meno importante articolo che menziona espressamente la dignità umana è l’Articolo 41, che stabilisce un obbligo generale di protezione dei lavoratori.
Il ruolo della dignità umana non si limita a tali disposizioni contenute nella Costituzione, ma funge anche da fonte attraverso cui far derivare nuovi diritti e ampliare quelli esistenti. Recentemente, i giudici hanno fatto riferimento alla dignità personale per abbattere i divieti legali, e la norma italiana (Legge Cirinnà n76, entrata in vigore il 5 Giugno 2016) relativa alle unioni civili è una prova. È un passo che rimuove alcune discriminazioni, per le quali l’Italia era stata sanzionata dalla Corte Europea. È un regolamento, il cui scopo è regolarizzare le unioni civili tra persone dello stesso sesso, con riferimento specifico e diretto agli Articoli 2 e 3 della Costituzione.
Al di là delle differenti interpretazioni giudiziarie, è possibile notare che la dignità umana è spesso chiamata in azione là dove sicurezza, eguaglianza e integrità sono in gioco. Non esiste una concezione comune della dignità umana, sebbene sembri una sorta di accettazione della profondità della dignità stessa. In questo modo la dignità consente a ciascuna giurisdizione di sviluppare la propria pratica dei diritti umani: ecco la forza nascosta della Dignità Umana.