Mafie e questione sociale: Pietro Grasso al Ri-festival di Bologna
di Alessandra Montesanto
L’edizione 2019 del Ri-Festival di Bologna ha visto la partecipazione anche dell’ex magistrato, Presidente del Senato, Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso.
Ecco alcuni brani del suo discorso e del dibattito a seguire.
L’intervento dal titolo “Mafie e questione sociale” inizia con alcune domande: perchè da quasi 200 anni dobbiamo confrontarci con una criminalità così potente? Quali sono stati gli errori?
Le mafie hanno una storia collocabile ancor prima dell’Unità d’Italia: la mafia del feudo che è poi diventata quella dell’edilizia e poi ancora quella degli stupefacenti. In realtà non esiste una mafia specializzata perchè si tratta di un Potere determinato da un fine di profitto, ottenuto tramite la paura, l’intimidazione, la violenza in modo da creare assoggettamento, sudditanza, omertà.
La mafia si infiltra nell’economia, controlla i territori, si procura i voti per ottenere privilegi e creare una sua base; produce, quindi, disuguaglianze, negazione dei diritti e delle libertà. In un contesto in cui l’economia è in recessione le mafie possono agire più facilmente perchè rappresentano un Potere, si inseriscono anche nella vulnerabilità istituzionale, soprattutto quando la società non garantisce i diritti fondamentali ed è lì che le mafie instaurano il proprio sistema.
Il Giudice Falcone affermava che se la mafia fosse solo un fenomeno criminale, la si sarebbe già debellata, ma è un fenomeno economico-sociale-politico come ha dimostrato il processo in Emilia, ad esempio, in cui la ‘ndrangheta aveva rapporti con gli imprenditori. Questo non significa che la politica abbia perso importanza, perchè senza la politica la mafia non potrebbe entrare nei pubblici appalti, nelle forniture , e ancora, nell’economia.
Per debellare le mafie è importante ottenere una prova penale e questo costituisce un problema: ci sono comportamenti censurabili che la politica dovrebbe mettere all’angolo, ma questo non accade. Sempre nel processo Emilia si sono trovate le tracce dei rapporti con gli imprenditori, ma di solito si lavora nell’invisibilità dell’operato mafioso e, laddove le mafie non hanno scontri interni, significa che stanno operando in collaborazione e questo rende più arduo trovare le prove penali.
Nel nord Italia abbiamo la presenza di mafie sommerse, con la caratteristica della corruzione; se una mafia del sud si sposta al centro o al nord, si costituiscono le stesse condizioni del territorio di origine. Ci sono, inoltre, situazioni che obbediscono a strategie centralizzate con propaggini in altri luoghi, attraverso intermediari. Spesso i mafiosi entrano nel mondo delle imprese tramite la violenza e il denaro sporco, ma anche perchè riescono a infiltrarsi nelle attività legali.
La lotta alla mafia da parte dello Stato dovrebbe essere al primo posto, tra le priorità di qualsiasi governo, invece le leggi antimafia NON sono state il prodotto spontaneo della politica (ricordiamo la Legge La Torre che non fu redatta dopo la sua morte, ma si dovette attendere l’uccisione del generale Dalla Chiesa). Il 41bis, il carcere duro che serve ad evitare le comunicazioni con l’esterno, è stato attuato solo dopo la strage di Capaci. La politica si muove sempre DOPO una forte emozione, e c’è da sottolineare che anche buona parte della magistratura è stata contraria alla riforma dell’Antimafia. C’è una politica per cui non bisogna portare fino in fondo la lotta alla mafia perchè collusa: finanziamenti e consensi sono importanti per alcuni soggetti politici.
A livello globale: da anni si parla di una Procura europea per l’Antimafia, ma come si fa a combattere le mafie se ogni Paese ha le proprie leggi? Le mafie, ormai sono transnazionali e si alleano tra loro (Europa + Colombia + Turchia…). I fattori geopolitici sono determinanti tanto che alcune mafie influiscono sulle istituzioni stesse di alcuni Paesi (e si vengono, così, a creare gli Stati-Mafia) e i governi non trovano gli accordi utili a contrastare il malaffare con intese tra magistratura e Polizia, almeno per condurre insieme le indagini. Gli Stati arrancano in problemi giuridici e ne sono un esempio i paradisi fiscali: era stata inserita la pratica di segnalazione di operazioni sospette da parte delle banche, ma ora tali operazioni sono talmente numerose che questo strumento non è più efficace.
Per quanto riguarda il rapporto mafia-migrazioni (in particolare dalla Libia): dove c’è un forte guadagno, è probabile che ci siano infiltrazioni mafiose.
La mafia va combattuta anche a livello CULTURALE, gridando NO alla concussione, alle estorsioni, alla corruzione, allo sfregio ambientale. Nel nostro Paese manca la cultura della Legalità, a partire dalle scuole. Manca l’Etica, ma è anche vero che molti ragazzi hanno convinto i genitori a collaborare con la Giustizia e questo dà speranza. Non bisogna delegare la lotta alle mafie agli “eroi”, ognuno di noi deve fare la propria parte.