“Stay human. Africa”. Il giorno in cui cadde il leone, la fine della dittatura in Zimbabwe
di Veronica Tedeschi
I
“C’è un vecchio africano sul marciapiede opposto, la bocca sdentata, i crespi capelli pennellati di grigio, ha lo sguardo quasi smarrito nell’incredulità del momento ed io sono sicuro che quegli occhi annebbiati hanno visto i più terribili momenti della storia del paese, conosciuto la discriminazione, il sangue, l’odio, la riconciliazione, la repressione, la miseria e la speranza, ma oggi egli ride felice come un bambino e il suo volto sembra dire “Adesso posso morire sereno”.
L’inizio di un nuovo capitolo, di una rinascita dopo anni di miseria e oppressione. Così il colpo di Stato in Zimbabwe viene raccontato da Luigi Bada, un italiano che vive in Africa da anni e che ha vissuto esattamente come un africano questo importante momento storico.
Novembre 2017, una rivoluzione perfetta, pacifica ed unanime alla quale partecipa un paese intero per fronteggiare un tiranno che ostinatamente resiste negli anni.
Robert Mugabe, dittatore 95enne, riesce a governare il paese per ben 37 anni, prima di cedere lo scettro. Fin da giovane entra nella vita politica grazie alle sue doti oratorie e grazie alla sua bravura nel parlare più lingue. Nel 1980 diviene il primo ministro nero del paese, che fino a quel momento aveva visto solo governi bianchi, a causa del colonialismo britannico. Alla fine del suo mandato viene eletto Presidente della Repubblica e da qui la sua ascesa verso il potere assoluto.
Diviene un Leader senza antagonisti (o quasi) e attua in tutto il paese politiche di riforme sociali ed economiche per potenziare e responsabilizzare la maggioranza nera, con lo scopo di ridurre e annullare il divario economico e culturale con la minoranza bianca. Viene accusato di crimini contro l’umanità e arriva a modificare la costituzione per ricandidarsi negli anni.
La frattura con la Gran Bretagna resta indelebile ed è causata da un decreto in cui Mugabe accusa la colonia europea di sottrazione delle terre ai nativi durante il periodo coloniale e chiede agli inglesi il risarcimento pecuniario per questo abuso minacciando l’esproprio.
Anni di sottomissione, di limitazione dello stato di diritto e di violazioni dei diritti umani. Tutto questo grazie anche al braccio destro, Grace Marufu, moglie di 41 anni più giovane del Presidente. Una donna ambiziosa e arrivista che sfrutta il potere del marito arrivando quasi a volerlo sovrastare.
Una rivoluzione era necessaria e il paese, ormai insofferente, la reclamava. Il 14 novembre 2017 l’Esercito entra in Harare: direzione casa presidenziale.
Davanti i militari i due uomini che sono riusciti a macchinare ed azionare il colpo di stato più pacifico avvenuto in tutta l’Africa: Mnangagwa (detto il coccodrillo) e Costantino Chiwenga.
Due personaggi chiave nel governo Mugabe e due cari amici dei Presidente. Mnangagwa, vice presidente del partito ZANU-PF (di cui era presidente Mugabe), un uomo di cultura che non ha mai sfociato in commenti oltraggiosi o razzisti.
Nonostante egli abbia sempre descritto Mugabe come un mentore ed un padre, inasprì le critiche verso il presidente e la consorte, arrivando ad accusarli di aver privatizzato lo ZANU – PF e di tenere in ostaggio tutta la Nazione.
“Combatterò con le unghie e con i denti contro coloro che stanno violando i principi ed i valori fondamentali del nostro partito”
Costantino Chiwenga, personaggio chiave del regime, anche lui inserito nel patito ZANU-PF, inizia a manifestare insofferenza verso le beghe di palazzo che fratturano e indeboliscono il partito.
Due personaggi, quindi, che hanno vissuto la dittatura come parte attiva ma che non sono voluti rimanere dalla parte sbagliata. Hanno deciso di lottare per il benessere dei cittadini, cosa che un buon politico dovrebbe sempre fare.
14 novembre 2017: il coraggio di un esercito e la forza di un popolo che manifestando pacificamente è riuscito a dire Basta e a riprendersi la propria libertà.
Il soldato fulmina il ragazzo con uno sguardo da leopardo, potrebbe distruggerlo con una sola mano. La tensione è altissima e percepisco quasi in modo palpabile l’orgoglio del militare e il suo conflitto interiore.
D’un tratto, con uno scatto improvviso, il militare si volta e si allontana. La folla esplode in un applauso, il ragazzo torna diligentemente a sedersi e tutti traiamo un gran respiro di sollievo. Non so a chi applauda la folla ma applaudo anche io a quel soldato. (Dal libro “Il giorno in cui cadde il leone” di Luigi Bada. 17 novembre, giorno di proteste contro il regime Mugabe).