Hong Kong al voto dopo le proteste
di Alessandra Montesanto
Hong Kong protesta. La miccia è stato un emendamento sulle estradizioni, quella pratica per cui uno Stato consegna a un altro Stato un individuo che si trova nel suo territorio, ma che è oggetto di azione penale nell’altro e Hong Kong ha accordi on circa 20 Paesi, ma non con la Cina e questo ha significato una serie di violazioni dei diritti umani in quanto la regione avrebbe obbligato la consegna, alla Cina appunto, di persone indagate da Pechino per alcuni reati. Molti hanno visto in questo la volontà, da parte del governo cinese, di colpire ancora una volta i dissidenti politici rifugiatisi a Hong Kong.
I manifestanti sono scesi in piazza lo scorso 9 giugno al grido dello slogan “Cinque richieste, non una di meno” che sono: il ritiro della legge sulle estradizioni (avvenuto il 24 ottobre 2019); l’istituzione di una Commissione indipendente di inchiesta sulle violenze della Polizia; il suffragio universale; il rilascio e l’amnistia per i manifestanti agli arresti e la cancellazione per loro dell’appellativo di “rivoltosi”.
I manifestanti, inoltre, accusano l’ex colonia britannica di aver provocato l’ultima escalation di violenze per annullare la chiamata al voto amministrativo del prossimo 24 novembre con cui si scelgono i rappresentanti dei 18 consigli distrettuali della regione: tali consiglieri hanno responsabilità a livello locale e costituiscono la parte democraticamente eletta dal comitato che nomina il governatore, l’altra metà è indicata da Pechino. Il Presidente cinese, Xi Jinping, vorrebbe far dimettere anticipatamente la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, mentre la stessa cercherà in extremis, di far posticipare l’appuntamento elettorale. Le elezioni saranno, comunque, un test per saggiare l’opinione pubblica di Hong Kong in tema di autonomia.
Sul 7, l’allegato del Corriere della Sera del 22 novembre, l’artista, dissidente e attivista Ai WeiWei ha dichiarato che le proteste sono l’inizio di una rivoluzione: “…Questa rivoluzione chiede una nuova libertà. Una libertà dalla struttura globale della globalizzazione che ha reso il mondo così diviso e che risulta da così tante disgrazie che hanno colpito un grandissimo numero di persone a causa dell’avidità delle multinazionali mosse solo dal desiderio di fare profitto, connesse a regimi brutali e fuorilegge. La lotta a Hong Kong non finirà finché il desiderio di libertà della gente non sarà soddisfatto. Pechino, come sempre, sta sbagliando i calcoli. Con questo modo di pensare, la Cina – ma anche l’Occidente – dovranno fronteggiare ostacoli terribili nello sviluppo della società. La Storia ricorderà coloro che stanno combattendo per questa rivoluzione, e ricorderà anche coloro che hanno tradito i valori comuni e sacrificato la vita di questi giovani”.