“LibriLiberi”. Un mare viola scuro
di Alessandra Montesanto
Un esordio nella letteratura per la giornalista Ayanta Barilli, membro di una nota famiglia di artisti e persone della Cultura italiana. Ma non sono le vicende professionali quelle raccontate nel romanzo Un mare viola scuro (edito da Dea Planeta), bensì quelle personalissime di quattro generazioni di donne: la bisnonna Elvira, la nonna Angela, la madre Caterina e, in parte, la stessa Ayanta.
L’autrice vive a Madrid, ma le sue radici affondano nel territorio di Padova, Roma e Tellaro, in Liguria. Un luogo avvia la narrazione e gli eventi – specifici, dolorosi, straordinari – che hanno segnato le esistenze delle protagoniste: si tratta di Colorno, un paese della bassa parmense in cui, alla fine dell’ 800 e per i primi decenni del ‘900, era ancora attivo un manicomio. Qui viene rinchiusa Elvira, colpita dal “morbo” dell’eccentricità e dalla solitudine, come molte donne, oggi come ieri. E poi Angela, generata dalla disperazione, che cresce segnata ancora dalla morte prematura del marito e della figlia, nella turbolenza di anni difficili per la guerra, per la miseria, per la necessità che distruggono i corpi e le anime, ma che scrive un diario in cui raccoglie la storia della famiglia, filtrata dalla lente dei propri ricordi, veri o falsi che siano. Caterina, educata all’odio verso gli uomini, ammalata di ansia di approvazione e successivamente ammalata di cancro. E Ayanta…L’ultima delle figure femminili, capace di ricostruire il mosaico delle proprie antenate, come un’abile detective, facendo appello agli scritti di mani antiche, alle fotografie ingiallite, alle testimonianze fumose, alle ricerche sepolte negli archivi. In grado, infine, di svelare la parte più ardua, quella sua stessa infanzia, marchiata – ancora una volta – dalle violenze e dai sensi di colpa, sempre perpetuati da uomini aggressivi, ignoranti e prepotenti e taciute da donne sottomesse, impaurite e ricattate anche da una società retrograda e patriarcale.
Una narrazione tutta al femminile, in cui le parole sulla carta intrecciano Passato e Presente, dove i corpi parlano, prima sussurrando, poi sempre più chiaramente per far emergere quelle memorie tenute celate dal velo (im)pietoso dell’ipocrisia borghese, con il risultato di indurirsi nei cuori di chi le ha vissute.
Ma la scrittrice compie un atto di coraggio, per se stessa e per le generazioni future, in particolare per sua figlia: libera le verità,anche durissime, per capirle e elaborarle, dissolvendo, finalmente, la sofferenza nel cielo aperto di un Futuro diverso.