Lavorare per vivere o lavorare per sopravvivere
di Emanuela Piscitelli
1° Maggio, Festa dei lavoratori ai tempi del Covid-19 – Paradosso o realtà?
Decreto “Cura Italia”, una commedia all’italiana.
Lo Stato sembra essere riuscito solo in una cosa: aver reso uguali la maggioranza delle diverse classi lavoratrici perché, in nessun caso, le promesse fatte sono state rispettate.
In due mesi si è passati dal concetto di vivere al concetto di sopravvivere.
Approfondendo la tematica con la testimonianza di esponenti di diverse categorie lavorative, si evince che la situazione è debilitante.
Chi beneficerà dal punto di vista economico con il ritorno ad una quasi normalità? Le categorie più protette saranno, sicuramente, i lavoratori del settore pubblico, affiancati da tutte quelle che non si sono arrestate neanche in tempo di lockdown.
“Un’illusione”, come definiti da Fabiana – giovane imprenditrice – gli aiuti predisposti dal Governo, sentimento che, d’altronde, accomuna un preponderante numero di lavoratori autonomi.
Il Governo, con il decreto Cura Italia, ha stabilito la misura di un sostegno di 600 euro per i lavoratori autonomi, partite Iva senza cassa e professionisti iscritti alle casse private.
Erogazione idealmente prevista entro il 17 Aprile ma, non confermata da un’ampia gamma di lavoratori che, ancora oggi, ne restano in attesa.
Il problema, risiede non tanto nella preoccupazione del se arriverà, quanto piuttosto del “quando” il bonus arriverà.
Se, nel frattempo, le entrate si considerano azzerate, mutui, tasse e canoni di locazione permangono. Sarà, dunque, difficile ripristinare una situazione, ormai compromessa, dal ritardo con cui lo Stato si è mosso e, nello specifico, con le modalità con cui ha operato.
Discorso similare, ma con conseguenze peggiori, per tutte le nuove attività, avviate nel 2020, che risultano impossibilitate nel richiedere un incentivo, non rispettando i requisiti previsti dalle tante domande di agevolazione.
Dunque, saranno numerose le attività produttive costrette alla chiusura.
Contenuti analoghi, caratterizzati da una sostanziale amarezza di fondo, sono quelli appartenenti ai lavoratori dipendenti – coloro che si impegnano, per effetto di un contratto, in cambio di una retribuzione (stipendio), a prestare il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione di un soggetto detto “datore di lavoro”.
I fondi stanziati riusciranno a garantirgli la Cassa Integrazione?
Sono 7,3milioni i lavoratori per i quali le aziende ne hanno richiesto l’erogazione, senza poi considerare i lavoratori interessati alla cassa in deroga.
Allo stato attuale, sembrerebbe una visione utopistica, considerato che l’istituto competente (l’INPS) risulta “non pervenuto”.
Il 1° Aprile l’ISTAT ha pubblicato i dati provvisori relativi agli occupati e disoccupati di Febbraio 2020, mese precedente l’inizio del lockdown, sottolineando una crescita delle persone in cerca di occupazione tra gli uomini e i giovani della fascia 15-24.
Sarebbe curioso osservare i dati aggiornati, non solo in riferimento alla situazione attuale ma, soprattutto, successiva all’emergenza.
L’economia non deve prevalere sulla salute ma bisognerebbe fare in modo che non si arrivi a fatturare zero. A tal proposito, il Governo non sembra sapere dove, quando, a che tasso e come agire per finanziare, in primis, le piccole aziende – messe in ginocchio dall’emergenza – e, chiaramente, le grandi imprese. L’intero sistema necessita, pertanto, di dover essere ridisegnato.
Quando si parla di 1° Maggio, si ricorda un’iniziativa simbolo delle rivendicazioni operaie, di lavoratori che hanno lottato per conquistare diritti e condizioni di lavoro migliori.
Allo stato attuale, è opportuno ponderare un ragionevole bilancio delle diverse esigenze – tra le misure economiche e quelle dettate dalla comunità scientifica – altrimenti ci si imbatterà in un fenomeno surreale: si finirà per non morire di coronavirus ma morire di fame.