“America latina. Diritti negati”. In Messico vige l’irrazionalità
di Tini Codazzi
Mischiata con un po’ di ignoranza e disinformazione è quello che succede in Messico a causa delle diverse aggressioni subite dal personale sanitario in questo periodo di Covid-19. Già a marzo c’erano stati i primi casi: un’infermiera era stata obbligata a scendere giù da un pullman perché pericolosa. Altri sono stati spruzzati con candeggina o altri detergenti e addirittura minacciati di morte. Non c’era mai stato un atteggiamento così pesante contro medici e infermieri in Messico, ricordano gli operatori sanitari. È una loro abitudine camminare per strada con la divisa di lavoro, per cui sono riconoscibili e allora, all’interno di questo vortice micidiale in cui siamo stati risucchiati, loro sono diventati mirino di minacce, battute di cattivo gusto, sassate, lanci di caffè bollente, botte, insulti… fino ad arrivare ad attacchi ancora più pesanti. Adesso indossano la divisa soltanto in ospedale, per paura di essere riconosciuti. Ci si chiede il perché? Irrazionalità, paura, disinformazione e io aggiungo un po’ di ignoranza. In sostanza, il popolo ha paura di essere contagiato, il semplice fatto di lavorare in un ospedale fa dei lavoratori della salute potenziali focolai di virus e la risposta è subito completamente irrazionale, come abbiamo raccontato. I medici e gli infermieri messicani, così come tutti gli altri in giro per il mondo, passano ore interminabili lavorando completamente coperti con i sistemi di sicurezza, in mezzo alla paura di essere contagiati, facendo turni estenuanti e in alcuni casi ricevendo poco appoggio logistico ed economico da parte dei governi e in Messico la tristezza e la paura di essere nel mirino della violenza, si aggiunge a tutto questo, è una profonda tristezza nel vedere e nel subire nella propria pelle questa sorta di segregazionismo. Le denunce di aggressione provengono da Città del Messico, Yucatán, San Luis Potosí, Sinaloa, Jalisco, Puebla, Morelos, Coahuila, Guerrero, Quintana Roo e Durango. In largo e in lungo. È incredibile, queste persone lavorano per salvarci la vita ed è sorprendente che le autorità dello Stato messicano, l’IMSS-l’Instituto Mexicano de Seguridad Social, il Foro Consultivo Científico y Tecnológico e la Red Prociencia MX, fra altri enti, abbiano ultimamente chiesto solidarietà e denunciato la situazione. Anche la Croce Rossa Internazionale ha dichiarato: “La vulnerabilità del personale medico in questa situazione di pandemia si incrementa quando devono fornire servizi in zone dove già esiste un altro tipo di violenza e dove ci sono già problemi di salute pubblica. Medici e infermieri, autisti di ambulanze, paramedici, ospedali e ambulatori, feriti e malati, tutti devono essere rispettati in tutte le circostanze.”
Il governo, che si era comportato all’inizio della pandemia in modo un po’ irresponsabile, ha dovuto tornare nei suoi passi e denunciare questo fenomeno. Durante marzo e aprile si sono riempiti di denunce i Social Network: dall’infermiera che faceva vedere la schiena piena di caffè, alla mano di un’altra infermiera con due dita rotte, alla divisa piena di candeggina che ha girato il mondo come prova dell’aggressione subita da Luis Gerardo Ramos, infermiere. I più colpiti sono stati i lavoratori dei diversi ospedali e centri di salute pubblici legati all’IMSS (l’INPS del Messico).
Il Consejo Nacional para Prevenir la Discriminación (Conapred) alla data del 30 marzo aveva ricevuto 140 denuncie per discriminazione inerenti all’emergenza sanitaria, una media di 5 denunce al giorno, delle quali il 25% sono state fatte da personale sanitario, cioè 35 casi. In una conferenza stampa realizzata ad aprile dalla responsabile del settore di Infermieristica dell’IMSS sono uscite queste parole tra le lacrime: “Fa male parlare di quello che succede, fa male parlare dei lavoratori della salute, che sono anche persone, che hanno anche delle famiglie”. Il giornale El Economista, il 28 aprile denunciava 47 casi di aggressione.
Un altro caso che ha dell’incredibile: giorni fa, il 14 maggio, un gruppo di 14 medici proveniente da Nuevo León è arrivato a Città del Messico con l’intenzione di aiutare nella lotta contro il virus. Alloggiavano in un hotel della capitale e sono stati vittime di un “sequestro virtuale” poche ore dopo il check in. Hanno ricevuto una telefonata minacciosa, gli hanno detto che erano monitorati da telecamere nascoste, hanno chiesto un riscatto ai familiari, alcuni familiari hanno pagato… di fatto sono stati sequestrati tutti insieme e chiusi in una camera, un incubo durato quasi 20 ore. Dall’indagine della Procura sembra che la telefonata sia partita da un centro penale e che il personale dell’albergo sia coinvolto.
Come risultato di tutto ciò la polizia ha dovuto presidiare l’entrata ai principali ospedali della capitale, una compagnia di assicurazione locale ha offerto trasporto gratuito al personale sanitario per poter arrivare al posto di lavoro sani e salvi.
Si moltiplicano i messaggi di solidarietà, non solo di semplici cittadini, ma anche di associazioni, dello Stato, di partiti politici, si chiede di mettere in atto misure per la protezione di tutti i cittadini coinvolti in qualche modo con il virus. Diversi stati del paese hanno approvato o fatto delle proposte per inasprire le sanzioni contro chi commette aggressioni: aumento dell’ammontare delle multe, degli anni di reclusione, risarcimento alle vittime, ecc. Le misure cercano di frenare le aggressioni.
Ieri, 30 maggio, in Messico i contagiati erano 87.512 e più di 9 mila decessi secondo la mappa interattiva del Governo del Messico, Segreteria di Salute e Direzione Generale di Epidemiologia e speriamo però che la violenza contro il personale si fermi.
Recentemente ho letto le parole di Eduardo Backhoff Escudero, Preside del Consiglio Direttivo di Metrica Educativa, in un pezzo pubblicato nel giornale El Universal e intitolato “Covid-19 e psicologia delle masse in Messico”, mi hanno fatto riflettere, chiudeva il suo articolo così: “L’obbligo del presidente davanti all’emergenza sanitaria attuale è cercare appoggio nell’informazione scientifica a disposizione e ascoltare l’opinione degli esperti. Si deve evitare l’invio di messaggi contradittori e superstizioni che favoriscano i malintesi e le voci in una comunità spaventata e suscettibile al fenomeno della psicologia delle masse, dove le voci e le indiscrezioni giocano un ruolo molto importante”.
La mancanza d’informazione è la base di questo fenomeno delle aggressioni in Messico. Un’informazione coerente, vera, obiettiva e imparziale, basata nella scienza e che combatta l’ignoranza riguardo a questo tema nuovo per tutti, potrebbe aiutare la popolazione a capire che i lavoratori sanitari sono l’amico e non il nemico.