“Stay human. Africa”. Colpo di Stato in Mali
di Veronica Tedeschi
Mali 2019, uno Stato sofferente in cui i civili non sono al sicuro in nessuna parte del paese. A partire dai machete utilizzati dai Peul, nomadi senza meta, che, come racconta un sopravvissuto, si sono scagliati su uomini al lavoro nei campi come delle furie indiavolate, per poi dirigersi alle abitazioni dove non hanno risparmiato nessuno. Donne, bambini e anziani sono stati falcidiati senza pietà.
Con queste parole inizia un mio articolo di novembre 2019 che descrive un paese ormai in crisi, oggetto di corruzione, lotte intestine e attacchi jhadisti.
Agosto 2020, neanche un anno dopo il Mali vede il suo presidente Ibrahim Boubacar Keita arrestato da militari ammutinati. Il presidente 75enne in questi giorni ha ufficialmente lasciato la cara poltrona attraverso un video diffuso dalla TV di Stato ORTM. L’annuncio arriva alla fine di una giornata di proteste in cui un numero imprecisato di soldati è sceso in piazza, determinato a ribaltare e conquistare il potere. Cinque gli ufficiali a capo del Golpe, tra i quali i colonnelli Sadio Camara e Malick Diaw che hanno marciato con lo scopo di “ripristinare l’ordine e la sicurezza”.
Dal 2013, difatti, il Mali ha visto grandi disagi economici e sociali che hanno costretto l’intervento di diverse missioni ONU con lo scopo di stabilizzare il potere. Nonostante questo e nonostante la voglia di pace dei civili, nel 2019 centinaia di maliani innocenti sono stati uccisi dai così detti gruppi etnici di autodifesa. Sovente si sente parlare di questi gruppi che nascono per lo più nelle situazioni di totale assenza di Stato e che vedono singoli o gruppi etnici armarsi per contrastare da soli i terroristi.
Il pericolo più ovvio di tutto questo ovviamente sta nel fatto che gruppi di persone di etnie differenti che si armano per il contrasto al terrorismo, finisce inevitabilmente per creare guerra e disagi tra gli stessi raggruppamenti.
Tornando alla situazione del Mali, considerato anche quanto appena detto, la popolazione civile non ha potuto che apprezzare e lodare i 5 golpisti: scene di giubilo e festeggiamenti si sono susseguite per ore nelle strade di Bamako.
La Commissione dell’Unione Africana ha però da subito condannato le proteste e la presa di potere, mirando ad una veloce soluzione della crisi sociale e politica in atto. Ovviamente anche le forze americane si sono subito dichiarate contrarie alle dimissioni del presidente Keita, non appoggiando i manifestanti e osteggiando i cambiamenti di potere.
Difficile dire se gli americani e le forze internazionali interverranno effettivamente in questa situazione, considerando soprattutto l’appoggio della maggior parte dei civili ai golpisti e alla caduta dell’attuale governo.