27 gennaio. Giornata internazionale della Memoria: l’importanza della solidarietà e dei ricordi
di Alessandra Montesanto
Quest’anno Associazione per i Diritti umani ha chiesto a due gentili signore di raccontare la vicenda che hanno vissuto da piccole quando i loro genitori decisero di accogliere una famiglia di ebrei, i Barda, e le ringrazia tantissimo per questi preziosi ricordi che hanno voluto condividere con i nostri lettori.
Si trattava di una famiglia di ebrei originari della Libia, abitanti però da tantissimo a Parigi (da qualche ricevuta rimasta risulta che abitassero del XIX Arrondissement); probabilmente la loro attività era il commercio di profumi.
Dalla Francia (come è noto occupata nel 1940 dalla Germania) riuscirono a venire in Italia, nella primavera o nell’autunno del 1942. Consigliati dai loro cugini (Jules e Michel) giunsero ad Asso, in provincia di Como, dove ancora oggi è ubicata la villa della famiglia accogliente. Prima dell’8 settembre 1943 l’Italia poteva rappresentare la salvezza. E così fu fino a quando le cose cambiarono.
La famiglia Barda era composta da cinque persone: i genitori Salomon e Marie, entrambi avanti negli anni, e dai tre figli, tutti nel pieno della gioventù, Roger, Lionel e Jacqueline. Vivevano in cinque ammassati in una unica stanza!
Tra difficoltà e stenti vari, che più o meno tutti gli italiani hanno sopportato negli anni della guerra, si arrivò forse alla fine del 1943 quando la Germania, divenuta paese occupante, intensificò arresti e deportazioni: a un certo punto il maresciallo dei carabinieri del paese venne in soccorso e decise di mettere in allerta la famiglia Barda e la famiglia accogliente del pericolo incombente per la famiglia ebrea, aggiungendo di avere notizia che sarebbe quanto prima arrivata una “spedizione” e che era ormai urgente raccomandare a questi signori di mettersi al riparo in Svizzera. Si trattava di un percorso ben collaudato: si attraversavano le montagne vicine, poi il lago di Como in un punto stretto, poi si risaliva al Bisbino e lì si giungeva al confine e alla salvezza. A guidare di volta in volta i vari gruppi c’era il parroco di Sormano, Don Confalonieri , persona di grande generosità e di grande coraggio.
I Barda furono veramente sfortunati: qualcuno, infatti, informò i tedeschi e il gruppetto venne fermato e arrestato ormai vicino al lago. Non è mai stato accertato il nome della spia. In paese si pensava a una certa persona, un’ausiliaria della R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana).
Insieme ai Barda fu arrestato anche Don Confalonieri. Il parroco di Asso, Monsignor Don Primo Discacciati, accorse a San Vittore e riuscì a riportare a casa il sacerdote.
Alla fine della guerra arrivarono le tremende notizie, i filmati, le testimonianze.
Nel 1946, all’incirca, una giovane signora dichiarò di essere un’infermiera dell’ospedale di Modena e ci chiese notizie di Lionel, che era stato in ospedale perché ferito durante un tentativo di fuga dal campo di raccolta di Fossoli da dove partivano i convogli verso i campi di concentramento di Germania e Polonia.
Più tardi, ad Asso, si venne a sapere che uno dei due cosiddetti “cugini”, Jules o Michel, si era salvato stando nascosto e che non aveva nessuna notizia della famiglia Barda. Passava il tempo, ma non si è mai avuto dubbio che per loro fosse finita tragicamente, altrimenti si sarebbero fatti vivi. Infatti: molto tempo dopo Simon Wiesenthal cominciò a fare ricerche, una delle due signore di Asso gli scrisse e rispose che tutti e cinque erano deceduti ad Auschwitz.
Nel 1991 uscì un testo definitivo: “Il libro della memoria” una grandiosa raccolta di dati ad opera di Liliana Picciotto Fargion, editore Mursia: a pagina 125 si trovano i dati relativi a Roger, Jacqueline, Lionel. Sulla stessa pagina: Salomone, il padre, e a pag. 321 Renata Hannuna, nome da ragazza della madre Marie. Manca la data di morte dei tre figli; c’è invece quella dei genitori che, essendo anziani, furono soppressi all’arrivo al campo.