Donne che hanno trasformato il diritto del lavoro europeo: i casi Defrenne e Enderby
di Alicia Brull Valle
Quando si parla di genere, dobbiamo considerare non solo i quadri giuridici e i meccanismi esistenti in materia, ma anche i casi concreti che hanno portato al quadro giuridico che esiste oggi. In particolare, all’interno dell’Unione Europea, sono state sviluppate numerose Direttive che sono sempre più vicine a un approccio globale di genere.
È chiaro che l’uguaglianza di genere de jure sul posto di lavoro è lontana dall’essere raggiunta, il che può essere visto in dati come la disoccupazione in termine di genere, la distribuzione delle posizioni di responsabilità, solitamente assegnate al genere maschile, o il gran numero di donne relegate alle faccende domestiche e alla cura della famiglia, anche quando lavorano fuori da casa. Tuttavia, è importante essere consapevoli di alcuni casi che hanno permesso, gradualmente, al diritto europeo di sviluppare una legislazione riguardante la discriminazione di genere. I casi di Gabrielle Defrenne e Pamela Enderby sono quindi estremamente significativi e meritano di essere conosciuti.
Gabrielle Defrenne era una hostess della Société Anonyme Belge de Navigation Aérienne (SABENA), e negli anni ’70 il suo caso fu portato davanti alla Corte di giustizia europea dalla Corte Belga, alla quale la donna si era rivolta in prima istanza. In particolare, Defrenne chiedeva un risarcimento per la discriminazione nell’azienda, dato che la sua posizione, quella di hostess, era significativamente meno pagata di quella di assistente di volo, una posizione per lo più ricoperta da uomini. In questo modo, l’azienda stava istituzionalizzando la discriminazione attraverso la denominazione differenziata di posizioni che erano, in sostanza, le stesse.
La Corte di Giustizia Europea ha poi chiarito il contenuto dell’articolo 119 del Trattato della Comunità Economica Europea, in cui era stata stabilita la parità di retribuzione per lo stesso lavoro per uomini e donne. Tuttavia, questo principio non era stato applicato prima, poiché non era nelle agende degli stati dell’unione prendere misure concrete per implementarlo. Così, è stato grazie a Gabrielle Defrenne che la Corte di Giustizia Europea ha espresso come un obbligo chiaro e diretto agli Stati lo sviluppo di misure concrete verso la realizzazione della parità di retribuzione tra uomini e donne.
Il caso di Gabrielle Defrenne fu accompagnato da uno successivo, quello di Pamela Enderby, che nel 1993 ha intentato una causa nel sistema giudiziario britannico sulla stessa base: la distinzione tra la sua posizione e quella dei suoi colleghi maschi, puramente in termini di nome e con conseguente discriminazione economica. In particolare, lavorava nel Servizio Sanitario Nazionale, dove era una terapista della parola e del linguaggio.
In questo caso, la Corte di Giustizia Europea ha concluso che quando due lavori comportano funzioni identiche, ma uno è svolto principalmente da donne e uno da uomini, e questa distinzione è una causa della loro disparità di retribuzione, c’è una chiara discriminazione.
Questi due casi sono enormemente significativi, in quanto hanno portato allo sviluppo delle prime Direttive Europee sulla parità di genere sul posto di lavoro. Grazie a donne come Gabrielle Defrenne e Pamela Enderby, le istituzioni europee hanno iniziato a creare il quadro in cui oggi siamo governati, quindi, nel contesto dell’arrivo della Giornata della Donna, le loro storie meritavano di essere raccontate.